“La Traviata”, riflessione popolare sui sentimenti

“La Traviata”, riflessione popolare sui sentimenti

giovanni francio

“La Traviata”, riflessione popolare sui sentimenti

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mercoledì 20 Luglio 2016 - 13:55

Il melodramma più noto e commovente di Verdi al Teatro Antico di Taormina nell'ambito del cartellone Anfiteatro Sicilia. Lo spettacolo nasce in collaborazione tra il Teatro Massimo di Palermo, il Bellini di Catania e Taormina Arte

Nell’ambito del cartellone Anfiteatro Sicilia, la collaborazione tra il Teatro Massimo di Palermo, il Bellini di Catania e Taormina Arte, sotto l’egida della Regione siciliana, ci ha regalato, nel superbo scenario del Teatro Antico di Taormina, una sempre graditissima rappresentazione de “La traviata” di Giuseppe Verdi, per la regia di Massimo Gasparon, e la direzione dell’Orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania da parte di Jordi Bernacer.

Si tratta forse del melodramma più popolare, e uno dei più amati, della storia dell’opera e chiude la c.d. trilogia popolare, dopo Trovatore e Rigoletto. In tre atti, su libretto di F.M. Piave, rappresentato per la prima volta al teatro La Fenice di Venezia (ove, a differenza delle successive rappresentazioni in Italia, fu un clamoroso insuccesso), rispetta abbastanza fedelmente il dramma di A. Dumas figlio da cui è tratto, “La signora delle camelie”. Verdi cambiò tuttavia i nomi, probabilmente per prudenza, essendo l’opera – notevole novità per l’epoca – ambientata in un contesto temporale contemporaneo (XIX secolo) e la protagonista – Marguerite Gautier, divenuta nell’opera Violetta Valery – realmente esistita. Violetta (Desirée Rancatore) è una donna bella e mondana, ma di salute assai cagionevole (affetta da tisi) che, durante un fastoso ricevimento, confida all’amica Flora Bervoix (Loredana Rita Megna), come cerchi di annegare nell’ebrezza il suo dolore causato dalla malattia. Conosce qui Alfredo Germont (Stefan Pop), presentatole da Gastone (Roberto Covatta), che invita Violetta a ballare il valzer del celeberrimo brindisi, – “Libiam ne’ lieti calici” – che immancabilmente ascoltiamo ogni capodanno. Alfredo, dopo averle dichiarato il suo amore, riceve da Violetta una camelia, con la promessa di rivedersi quando il fiore sarebbe appassito. Rimasta sola, Violetta si rende conto di essersi innamorata. Il secondo atto vede Violetta e Alfredo vivere insieme felici in una dimora fuori Parigi, tuttavia Alfredo scopre, dalla domestica Annina (Piera Bivona), che Violetta è stata costretta a vendere i gioielli per pagare le loro spese, e così parte per Parigi in cerca di denaro. A quel punto Violetta riceve la visita del padre di Alfredo, Giorgio Germont (Giuseppe Altomare), rappresentante della mentalità borghese ed ipocrita del tempo, che prima con le minacce, poi, – colpito e commosso dal gesto di Violetta di aver venduto i gioielli senza chiedere nulla ad Alfredo – con le suppliche, chiede alla donna di rinunciare a suo figlio, per non rovinare la felicità dell’altra figlia di Giorgio, sorella di Alfredo, il cui fidanzamento sarebbe compromesso a causa del loro legame scandaloso. Violetta acconsente per il bene del suo amato Alfredo, e parte per Parigi. Durante una festa a casa di Flora i due si incontrano nuovamente, e Violetta gli rivela di aver giurato al barone, Douphol (Giuseppe Esposito), antico amante, di non vederlo mai più; a quel punto Alfredo le getta ai piedi, con disprezzo, i soldi vinti al gioco, e subisce il rimprovero del padre, che però non gli svela ancora la verità. Gliela svelerà nel terzo atto, quando apprende che Violetta è in fin di vita per la terribile malattia. Alfredo corre al capezzale dell’amata, insieme al padre, e i due amanti intonano un duetto – “Parigi o cara” – tra i più commoventi che la musica abbia mai rappresentato, cantando di una nuova vita, ma illudendosi, come sa lo spettatore, che ha appena udito dal medico Dottor Grenvil (Maurizio Muscolino) che la tisi non concederà che poche ore di vita alla povera Violetta. In un commovente e desolante crescendo della malattia, Violetta infine muore tra le braccia di Alfredo.

A dispetto della sua enorme popolarità, la Traviata si distingue per la raffinatezza psicologica con la quale il testo e la musica delineano i personaggi; alle passioni dai forti contrasti si sostituiscono raffinate espressioni di sentimento dolorosi, di tenerezza, di un amore consapevole della propria impossibilità di realizzarsi. In particolare l’aria cantata da Violetta nel primo atto “È strano… follie” delinea con stupefacente ricercatezza psicologica i contrasti interni del personaggio, il dubbio fra cedere al primo vero amore o invece continuare nella vita mondana e festaiola, ma solo per dimenticare la malattia che la opprime. Anche i due preludi (al primo e al terzo atto) costituiscono una meravigliosa rappresentazione di questa raffinata psicologia in musica, infatti, pur basati sullo stesso tema, il primo raffigura l’intensità dell’amore dei due protagonisti, mentre il secondo ne simboleggia il tramonto. Poche opere vantano un numero così cospicuo di arie e brani famosi, a cominciare dal bellissimo preludio di cui si è detto, vibrante nella sua struggente melodia, che racchiude un po’ tutto il dramma, con il tema che riascolteremo nel secondo atto, lo stupendo “Amami Alfredo”. Oltre il brindisi, ricordiamo, fra i brani più noti, “Un dì felice, eterea”, “È strano… follie”, “Addio del passato”, “Parigi o cara”, solo per citarne alcuni. La protagonista, Desirée Rancatore, ha saputo interpretare al meglio le complesse sottigliezze psicologiche che caratterizzano il personaggio di Violetta, ben simulando anche i sintomi della malattia, tuttavia la sua voce, in particolare nei prolungati acuti, a volte è risultata un po’ debole e poco ferma. Tuttavia la Rancatore è stata interprete straordinaria, nel finale, dell’aria “Addio del passato”, dimostrando una notevole sensibilità nel rendere gli accenti nostalgici e desolati dello splendido brano, e strappando un’autentica ovazione al numeroso pubblico. Stefan Pop è stato un Alfredo corretto, diligente, ma senza slanci, mentre assai convincente è apparsa la performance di Giuseppe Altomare nel ruolo del padre, anch’egli molto applaudito. Più che sufficienti gli altri interpreti, che svolgono in quest’opera un ruolo davvero marginale, e gradevoli i balletti del secondo atto. Particolarmente riuscita la coreografia di Massimo Gasparon, che ha saputo creare un efficace contrasto fra un ambiente di sfondo in cui domina il bianco, (l’alto palazzo con le vetrate, il tavolo, sedie e poltrone, mobilio in genere, il letto di Violetta nell’ultimo atto), e gli splendidi abiti dei protagonisti e del coro, coloratissimi. Il palazzo sullo sfondo, se pur elegante e coerente con l’azione, ha impedito però lo sguardo allo splendido scenario che lo spettatore è abituato ad ammirare al Teatro Antico. Buona infine la prova dell’orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania, diretta in maniera discreta e delicata, con un certo gusto e senza sbavature, dal maestro Jordi Bernacer, un’orchestra che ha dato l’impressione di consumata esperienza e notevole affiatamento. Uno spettacolo tutto sommato più che soddisfacente, iniziato (finalmente!) alle 21.30 esatte, e intervallato, dopo il secondo atto, da uno spettacolo di giochi d’artificio, che il pubblico ha mostrato di gradire, quasi una leggera distrazione prima di immergerci tutti, con la commozione di sempre, nel dramma della povera Violetta. In replica il 21 luglio ore 21.30.

Giovanni Franciò

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