"Dissolvenze", la personale di Mimma Oteri tra richiami onirici e sperimentazione creativa

“Dissolvenze”, la personale di Mimma Oteri tra richiami onirici e sperimentazione creativa

Laura Giacobbe

“Dissolvenze”, la personale di Mimma Oteri tra richiami onirici e sperimentazione creativa

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giovedì 12 Maggio 2016 - 22:07

L'autrice punta ad una forma di creatività fortemente materica, che cerca ispirazione nell'Astrattismo e nell'Informale di Mark Rothko e Alberto Burri

In esposizione presso Unipegaso la personale della messinese Mimma Oteri dal titolo “Dissolvenze – …un luogo m-isterioso”: la mostra raccoglie una serie di opere la cui natura si situa a metà strada tra la pittura e la scultura. L’autrice parte, infatti, dalla sperimentazione creativa effettuata su resina epossidica, un materiale generalmente utilizzato per la pavimentazione, la cui duttilità fa si che, esposto a determinate temperature, possa essere lavorato a piacimento.

Scevre da ogni mimetico riferimento al reale, le creazioni della Oteri intendono indurre nello spettatore la ricerca di una propria interpretazione, una semplice suggestione, o piuttosto il coinvolgimento in un altrove intimo e personale. La sperimentazione su cui l’autrice lavora non riguarda soltanto la scelta del materiale primario, ma coinvolge anche quelli di supporto. Sostitutive della classica tela sono infatti le lamine di metallo, di dimensioni variabili, sulle quali il colore ricade in forma fluida, per poi solidificarvisi. Queste lamine sono poi, a loro volta, fissate su basi in legno, rimandando allo spettatore l’effetto straniante dell’incontro tra materiali totalmente dissimili, quali appunto il legno e il metallo. Le tinte decise, che vanno dal blu, al rosso, al verde, al giallo, senza passare per intermezzi più tenui, si mescolano e si accavallano l’uno sull’altro, generando casuali visioni oniriche ed atmosfere mutevoli, ora gradevoli, ora inquietanti. Talune ricordano paesaggi marini, altre minacciose waste lands di eliotiana memoria.
L’ispirazione creativa, che l’autrice riconduce ai due importanti nomi di Alberto Burri e Mark Rothko, si esplica, nel primo caso, nella produzione di opere fortemente materiche, giocate sull’utilizzo di materiali comuni; nel secondo, nel concepire la creazione come “universo che esiste in funzione dell’osservatore”, affinché questi la viva e la interpreti secondo il proprio sentire.
La corrente informale, della quale Burri fu considerato uno dei principali esponenti, è fortemente legata alla materialità, non solo visiva ma anche tattile, dell’opera. Gli artisti appartenenti a questo filone puntano a stimolare la fisicità del fruitore rispetto all’opera, affinché anche la semplice vista di questa richiami la palpabilità dell’oggetto, suggerendo sensazioni di freddo o di caldo, di levigatura o di ruvidità a seconda dei casi. Al contrario, l’astrattismo di Rothko è molto più sublimato, totalmente lontano dal mondo fisico, sospeso in un ultraterreno fatto di colori sfumati e opalescenti, che rimandano alla sfera meditativa dell’anima. Rispetto ad esso, di natura più invadente sono, in realtà, le creazioni della Oteri, che impattano senza cerimonie l’occhio dell’osservatore, e riempiono la visuale con immediata irruenza più che scivolare timidamente in essa.

Le opere rimarranno in esposizione fino a venerdì 13 maggio, dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 18:00

Laura Giacobbe

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