Benedetto Lupo, l’intensità di un virtuoso

Benedetto Lupo, l’intensità di un virtuoso

giovanni francio

Benedetto Lupo, l’intensità di un virtuoso

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mercoledì 07 Dicembre 2016 - 23:05

Schumann e Chopin nell'interpretazione di un perfetto virtuoso del pianoforte. Il concerto conferma le felici scelti in tema di pianisti solisti nell'ambito della stagione allestita dall'Accademia Filarmonica con l'Associazione Bellini

Dopo Jiyeong Mun, Paolo Restani, il doppio concerto di Christian Leotta, ecco un altro eccellente pianista per la stagione concertistica dell’Accademia Filarmonica, in unione con l’Associazione V. Bellini, quest’anno particolarmente felice nella scelta dei pianisti solisti: domenica 4 dicembre, si è esibito al Palacultura Benedetto Lupo, nell’ambito dei concerti dedicati al Romanticismo musicale: Progetto Chopin. Lupo ha eseguito brani di due compositori fondamentali per l’evoluzione espressiva e tecnica della letteratura pianistica, Robert Schumann e Fryderyk Chopin, ai quali il pianista ha dedicato rispettivamente la prima e la seconda parte del concerto.

Nonostante sia uno specialista nell’interpretazione di Schumann – di cui ha inciso l’integrale per pianoforte – o proprio per questo motivo, Lupo ha eseguito brani del compositore tedesco sicuramente non fra i più belli o conosciuti. I cinque brani op. 19 denominati Blumenstuck (da blumen, fiore e stuck, brano), piccoli gioielli con i quali si è aperto il concerto, non sono certo fra le cose migliori composte da Schumann e non presentano particolari problemi esecutivi e interpretativi. Anche le Tre Romanze op. 28 non presentano elementi originali e innovativi rispetto ai prodigiosi capolavori composti qualche anno prima, come “Carnaval, gli Studi sinfonici, la Fantasia, Kreisleriana solo per citarne alcuni. Altro discorso va fatto per la Sonata in sol minore op. 22 (So rasch wie moglich (Il più presto possibile); Andantino; Scherzo; Rondò. Presto), una sonata che segue la forma tradizionale beethoveniana, riuscita in questo senso, anche se priva di momenti indimenticabili, ma per la quale potremmo affermare che Schumann tradisce se stesso. Infatti non si riconosce nella Sonata il musicista poeta, grandissimo compositore di raccolte unitarie di toccanti e fantastici frammenti sonori, il nuovo modo di comporre che contraddistingue, proprio nel superamento della “forma-sonata”, i pianisti romantici post-beethoveniani. Nondimeno l’esecuzione dei brani schumaniani è stata straordinaria, e in particolare nella sonata op. 22 Lupo ha potuto sfoggiare una tecnica e un virtuosismo fuori dal comune, specie nell’ultimo movimento, che ha entusiasmato il numeroso pubblico presente. La seconda parte della serata si è aperta con la Polonaise-Fantasie op. 61 di Chopin. È l’ultima polacca, l’ultimo monumento eretto alla propria patria dal grande musicista polacco. Si tratta di una composizione al di fuori di ogni schema, di una tale libertà formale che lo stesso Chopin fu a lungo indeciso sul titolo da assegnarle. Nella Polacca Fantasia, ricca di temi, alcuni fra i più belli e toccanti di Chopin, rispetto alle precedenti polacche prevale nettamente l’elemento lirico su quello eroico, e anche lo splendido finale, in cui uno dei temi fondamentali del brano si fa finalmente eroico e liberatorio, alla fine ripiega sommessamente decrescendo, salvo il fortissimo dell’ultimo accordo. L’interpretazione di Lupo, se pur di buon livello, non è stata convincente come quella dei brani di Schumann, è apparsa infatti un po’ nervosa e disunita, con qualche imprecisione nel finale. Splendida invece l’esecuzione della Sonata n. 3 op. 58 (Allegro maestoso; Scherzo: Molto vivace; Largo; Finale: Presto, non tanto. Agitato). Chopin, come Schumann, prediligeva forme diverse dalla sonata per esprimersi, ed infatti compose solo tre sonate, delle quali la prima, op. 4, non va oltre un semplice esperimento mal riuscito. L’op. 58 è l’ultima sonata, appartiene alla maturità compositiva del polacco e contiene fra le pagine più belle da lui composte. Ciò vale in particolare per il secondo tema del primo movimento, un dolcissimo cantabile inconfondibilmente chopiniano, e per il movimento finale, un agitato impetuoso in cui prevale l’elemento virtuosistico. E proprio il virtuosismo tecnico di cui è capace Benedetto Lupo ha reso l’interpretazione di quest’ultimo celeberrimo brano entusiasmante e molto apprezzata dal pubblico.

Il maestro ha eseguito come bis, e c’era da aspettarselo, ancora Schumann, ma questa volta un brano tratto da uno dei suoi più riusciti capolavori, gli otto Fantasiestucke (Pezzi fantastici) op. 12, dei quali ha suonato il primo Des Abends (La sera), un meraviglioso brano crepuscolare, ove non c’è traccia di virtuosismo e la malinconica melodia si fonde in simbiosi con l’accompagnamento.

Giovanni Franciò

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