Una questione di equilibrio: eccellente prova del Trio Roma Classica

Una questione di equilibrio: eccellente prova del Trio Roma Classica

giovanni francio

Una questione di equilibrio: eccellente prova del Trio Roma Classica

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martedì 31 Gennaio 2017 - 23:07

Dal classicismo di Haydn al romanticismo di Chopin e Mendelssohn felice interpretazione del Trio Roma Classica all'auditorium del Palacultura

I musicisti del Trio Roma Classica, nel pomeriggio di domenica, hanno offerto al pubblico del Palacultura, per la stagione concertistica Accademia Filarmonica-Associazione Bellini, l’esecuzione di tre brani, appartenenti al particolare repertorio dedicato a questo organico cameristico (violino, violoncello e pianoforte) assai diversi fra loro.

Il concerto è iniziato con l’esecuzione del Trio in sol maggiore “Ongarese” Hob XV:25 nei movimenti Andante; Poco Adagio. Cantabile; Rondò all’Ongarese di Joseph Haydn. Haydn scrisse complessivamente ben quarantacinque trii, e l’importanza degli stessi è capitale nella storia della musica da camera, in quanto, il musicista austriaco anche in questo genere, come per quanto riguarda la sinfonia ed il quartetto d’archi, è stato un precursore, un capostipite. Con i trii di Haydn infatti viene superato il modello della sonata da camera barocca, fondato sul basso continuo, e si afferma invece il modello della forma sonata, che costituirà il fondamento di tutta la musica successiva fino al novecento. Tuttavia di questi trii, alcuni dei quali di elevata fattura e che meriterebbero maggior frequentazione nelle sale da concerto, l’unico che mantiene a tutt’oggi grande successo e popolarità è proprio il trio n. 25 in sol maggiore, che curiosamente, a differenza degli altri, non è affatto improntato sulla forma sonata. Infatti il primo movimento – Andante – è sostanzialmente un tema con delle amabili variazioni, il secondo riveste la forma di una malinconica canzone, mentre il terzo è un vivace rondò. A quest’ultimo movimento si deve la popolarità dell’intero trio; il rondò all’Ongarese costituisce infatti un brano dal ritmo zigano irresistibile, di sicuro effetto, e anche in quest’occasione la sua esecuzione, brillante e precisa da parte del Trio Roma Classica, non ha mancato di entusiasmare il pubblico, abbastanza numeroso, nonostante la musica da camera per trio in genere non sia solita riempire le sale. Al trio di Haydn ha fatto seguito l’esecuzione del Trio op. 8 di Fryderyk Chopin. Si tratta di una delle poche composizioni del musicista polacco per musica da camera. Nonostante il brano ebbe notevole successo ai tempi in cui fu scritto, ed era un pezzo prediletto dallo stesso Chopin, oggi non gode di grande favore, ed è considerato un pezzo minore del grande polacco, che ha dato il meglio di sé sicuramente nelle composizioni per piano solista (a parte la splendida sonata per violoncello e pianoforte). Il brano non è certo di frequente ascolto, ed è apprezzabile che,nell’ambito del Progetto Chopin portato avanti dall’Accademia Filarmonica, si possano ascoltare brani di così rara esecuzione. I quattro movimenti che compongono il Trio – Allegro con fuoco; Scherzo; Adagio sostenuto; Finale – vedono quasi sempre il pianoforte in una posizione dominante, analogamente a quanto avviene per i due concerti per pianoforte e orchestra di Chopin. Si possono comunque apprezzare alcuni temi, soprattutto nel primo e secondo movimento, tipici della poetica musicale chopiniana, ora dolci e struggenti, ora impetuosi e appassionati. Entrambi i trii eseguiti nella prima parte del concerto hanno visto come principale protagonista il pianoforte – tutti i trii di Haydn in realtà possono considerarsi sonate per pianoforte accompagnate da violino e violoncello – e per questo motivo è risultata notevole la performance del pianista, Antonello Maio, la cui interpretazione è apparsa sicura e appassionata, anche se un po’ troppo preponderante rispetto all’organico strumentale. Per arrivare ad un perfetto equilibrio fra i ruoli dei tre strumenti bisogna attendere i celeberrimi trii di Beethoven e di Schubert, i musicisti che hanno dettola parola più alta relativamente a questa forma musicale. Nel solco di questi grandissimi tuttavia si collocano, senza sfigurare (tutt’altro) i due splendidi trii di Felix Mendelsshonn-Bartholdy, entrambi in minore. Nella seconda parte del concerto abbiamo ascoltato il primo di questi, in re minore, op. 49, di gran lunga il più eseguito fra i due, anche se il secondo, op. 66, meriterebbe altrettanta attenzione. Si è trattato ovviamente del piatto forte della serata, essendo una composizione fra le più riuscite (forse la più bella) dell’intera produzione da camera di Mendelssohn. Racchiude in sé tutti gli aspetti della poetica musicale del musicista tedesco: il primo movimento – Molto Allegro e agitato – di sapore romantico ed inquieto, con quel magnifico primo tema che ci introduce immediatamente nella drammatica tensione del brano, similmente al concerto per violino (probabilmente il suo massimo capolavoro) di cui si respira la stessa atmosfera; il secondo movimento – Andante con moto tranquillo – una dolce e nobile romanza senza parole – il terzo, uno Scherzo dalla vivacità irrefrenabile di certi brani di Sogno di una notte di mezza estate, e infine il Finale, di nuovo agitato e drammatico.

Il trio raggiunge un perfetto equilibrio nel ruolo dei tre strumenti, ed esige massimo impegno dai tre musicisti, che hanno dimostrato ottimo affiatamento e una certa sensibilità, dando vita ad una performance molto gradita. Oltre al pianista Maio, di cui si è già detto, abbiamo pertanto apprezzato il valore del violinista Santi Interdonato, e della violoncellista, Alessandra Leardini. Santi Interdonato, prima di eseguire l’annunciato bis, l’ultimo movimento dal trio in do minore op. 1 n. 3 di Ludwig Van Beethoven, un brano giovanile nel quale però già si afferma la straordinaria personalità del musicista di Bonn, ha voluto comunicare al pubblico la sua emozione nel suonare nella sua città natale, ove ha studiato i primi anni di conservatorio, e ove si è esibito molti anni or sono presso la Sala Laudamo, ed il pubblico ovviamente ha mostrato di gradire con un caloroso applauso.

Giovanni Franciò

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