Trio Johannes, il caldo suono del clarinetto

Trio Johannes, il caldo suono del clarinetto

giovanni francio

Trio Johannes, il caldo suono del clarinetto

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sabato 20 Gennaio 2018 - 09:00

Applaudito concerto alla Sala Sinopoli del Teatro Vittorio Emanuele

La stagione “secondaria” delle Associazioni musicali riunite Accademia Filarmonica e Bellini, i cui concerti si tengono il giovedì presso la Sala Sinopoli del Teatro Vittorio Emanuele, è spesso trascurata dal pubblico (e anche dalla stampa, sottoscritto compreso) eppure talora presenta dei programmi di assoluto interesse, piccoli gioielli che spesso meriterebbero di figurare nel cartellone principale.

È il caso del concerto tenutosi giovedì scorso alle ore 18, dal Trio Johannes, composto da Vanessa Grasso al clarinetto, Chiara D’Aparo al violoncello e Gianluca Messina al pianoforte, giovani artisti siciliani che hanno proposto tre trii scritti appositamente per questa composizione strumentale. Il Trio in la minore op. 114 per clarinetto, violoncello e pianoforte di Johannes Brahms, che ha aperto il concerto, costituisce uno degli ultimi capolavori in assoluto scritti dal compositore tedesco, nato, come il successivo celeberrimo quintetto con clarinetto op. 115 e le due sonate per clarinetto e pianoforte op. 120, grazie all’incontro proficuo che Brahms ebbe con l’allora famoso clarinettista Richard Von Muhlfeld. Si tratta di un meraviglioso brano che esalta il caldo suono del clarinetto. Suddiviso in quattro movimenti, due “Allegro” che iniziano e concludono il Trio, entrambi nella forma-sonata, vede i movimenti più felici probabilmente nei tempi centrali, l’espressivo “Adagio”, secondo movimento, ove lo strumento intesse un dolcissimo dialogo con il violoncello – “è come se i due strumenti facessero l’amore” scrisse il musicologo Mandyczewski – e l’“Andantino grazioso. Trio” leggero e tenero, che contiene diversi spunti melodici di grande ispirazione, pur nell’ambito di una serrata struttura formale. Il Trio in si bemolle maggiore op. 11 per clarinetto, violoncello e pianoforte di Ludwig Van Beethoven, secondo brano eseguito – in occasione del ciclo “Aspettando il 2020”, anno in cui verrà celebrato il 250° anniversario della nascita del grande musicista, di cui abbiamo già parlato e ne parleremo spesso – desta particolare interesse in quanto di solito viene eseguito con il violino al posto del clarinetto, nonostante sia stato scritto proprio per questo strumento a fiato. Questa volta abbiamo avuto l’occasione di ascoltarlo nella sua versione originale. Detto “Gassenhauer” (canzone da strada) per via dell’ultimo movimento, un “Allegretto: Tema con variazioni” sul tema “Pria ch’io l’impegno” tratto dall’opera “L’amor marinaro ossia il corsaro” di Joseph Weigl, musicista austriaco, anche se non raggiunge le grandezze degli ultimi trii del grande musicista tedesco, tuttavia l’autore fa già intravedere più volte l’unghia del leone. Ciò vale per il primo movimento “Allegro con brio”, con un tema dominante tipicamente beethoveniano, e soprattutto per l’intenso “Adagio”, un nobile e riflessivo canto monotematico. Il Trio Johannes ha concluso la serata con l’esecuzione del Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte di Nino Rota. Incastonato fra due irruenti e ritmati movimenti veloci, “Allegro”, pezzo inquieto, dal carattere quasi di marcia, e “Allegrissimo”, più solare e frenetico, sta l’”Andante”, un canto serio e riflessivo, che avrebbe potuto tranquillamente essere una delle splendide colonne sonore che hanno reso celebre il compositore italiano. Anche se è difficile dare un giudizio sulla prova degli artisti, a causa di una infelice acustica di una sala non adatta ai concerti – con il soffitto bassissimo, quasi opprimente, lunga e stretta, per cui gli spettatori seduti agli ultimi posti hanno difficoltà di vista e di ascolto, (chissà perché non si utilizza la bellissima Sala Laudamo!) – la prova del Trio è sembrata più che dignitosa, in particolare nell’esecuzione del Trio di Rota, splendidamente eseguito, anche nella turbinosa stretta finale, ma in generale ogni brano è stato interpretato correttamente e con la giusta scelta di tempi, e tra l’altro i musicisti sono apparsi ben amalgamati.

Molto applauditi dallo sparuto pubblico (una trentina, anche meno), i simpatici artisti hanno concesso un bis molto gradito, una danza popolare ebraica, nella trascrizione curata dalla clarinettista Vanessa Grasso.

Giovanni Franciò

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