Imprese siciliane in affanno coi pagamenti. Messina è la peggiore

Imprese siciliane in affanno coi pagamenti. Messina è la peggiore

Sara Faraci

Imprese siciliane in affanno coi pagamenti. Messina è la peggiore

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martedì 09 Luglio 2013 - 11:39

Da uno studio condotto dalla società di business information Cribis D&B, risulta che nel primo trimestre del 2013 solo il 34,5% delle imprese ha pagato le fatture ai propri fornitori alla data di scadenza. Messina detiene il triste primato con una puntualità delle aziende che tocca appena il 31,8%

Scoraggianti i dati dello studio Cribis D&B sui pagamenti commerciali delle imprese ai loro fornitori. Se l’intera nazione segue un trend negativo che – a fronte di un tenue incremento dei “buoni pagatori” – registra preoccupanti picchi di saldi che sforano i termini pattuiti di oltre trenta giorni, la Sicilia peggiora il record con punte che mettono in evidenza le difficoltà delle aziende a tenersi a galla in un mercato con sempre più evidenti segni di collasso.

Portabandiera degli allarmanti standard su cui si attestano le province siciliane, la città di Messina, dove la puntualità è un optional riportato solo nel 31,8% dei casi, ben 14,1 punti al di sotto della soglia di media italiana, con un infelice passaggio dal 10,1% al 20,3% dei ritardi definiti “gravi” dal 2010 ad oggi.

Numeri che ricalcano in peggio quelli censiti – nel primo semestre dell’anno in corso – con l’analisi dell’intera isola e che hanno dimostrato come solo il 34,5% delle imprese, in Sicilia, riesca ad attenersi alle scadenze prefissate laddove, invece, il 46,8% si appresti al saldo degli impegni contratti con un ritardo fino a 30 giorni e il 18,7% superi addirittura i 30 giorni stessi nell’assolvere ai propri impegni economici.

Scenario poco edificante che – tanto per intenderci – si traduce nel 78% dell’aumento dei ritardi superiori a un mese all’interno della nostra regione. Subissate anche la media italiana, già di suo poco rosea (45,9% di imprese puntuali, 11,1% di ritardi oltre i 30 giorni) e quella di Sud e isole (34,7% di imprese puntuali e 17,5% di ritardi oltre i 30 giorni).

Ma se Messina diviene il triste emblema di un tracollo finanziario che non manca di aggredire ogni angolo del paese, poco meglio fanno le altre città siciliane. Nella graduatoria dei più ritardatari seguono Caltanissetta (che si attesta al 33% di aziende puntuali nei saldi) insieme a Catania con la medesima percentuale, quindi Agrigento (33,1%), Palermo (33,6%) Ragusa e Siracusa (37,9%), Trapani (38,6%) e, infine, Enna che strappa alle altre il titolo di provincia “più virtuosa” con il suo 41,7% di imprese precise nei pagamenti.

La società di business information non risparmia lucidità al proprio resoconto. Così apprendiamo che a migliorare la media nazionale, in tema di pagamenti regolari, sono le microimprese (che nel 36,6% dei casi saldano la somma dovuta ai fornitori entro la scadenza prevista), vengono, dunque, le piccole imprese (26,4%), le medie (16,6%) e le grandi imprese (10,6%). Sono inoltre il commercio all’ingrosso e l’industria i settori che si dimostrano maggiormente claudicanti nell’ottemperare alle obbligazioni contratte mentre più fluida appare la rete dei pagamenti messa in piedi dai servizi finanziari che al 55,1% dei casi si dimostrano rispettosi delle scadenze, conquistando il titolo di fautori della migliore performance nel campo in questione.

Ma il resoconto fornito dalla Cribis D&B non è altro che la meticolosa lettura numerica di un andamento economico ormai ben percepito in Italia. Tant’è che – fa notare Marco Preti, amministratore delegato della srl – considerato il diffuso affanno che non fa salvo nessun ramo produttivo, pur di non perdere clienti e fatturato, i creditori preferiscono sempre più spesso abbozzare agli indugi dei loro obbligati, compiendo un’operazione di “istituzionalizzazione del ritardo”. In altri termini – spiega Preti – si tende a traslare i ritardi all’interno dei termini contrattuali anche per ovviare al dilagante fenomeno dei fallimenti che, rispetto al primo trimestre del 2009, ha mietuto uno spropositato numero di vittime, facendo aumentare le chiusure di battenti del 65% con una media di 40 imprese al giorno costrette all’abbandono della propria attività.

Al contempo, tuttavia, i creditori innalzano la soglia di prudenza – prosegue l’amministratore delegato di Cribis – avvalendosi di servizi di business information e investendo sugli strumenti offerti da società specializzate nel campo per vagliare l’eventuale deterioramento dell’affidabilità dei clienti, tenere sotto stretto monitoraggio la capacità del proprio portafoglio clienti di produrre ricavi, prevenire e limitare i rischi, condurre, infine, previsioni quanto più attendibili sul proprio flusso di cassa. (Sara Faraci)

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