Frantz. La guerra non finisce mai

Frantz. La guerra non finisce mai

Lavinia Consolato

Frantz. La guerra non finisce mai

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martedì 18 Ottobre 2016 - 06:13

L’ultimo film del registra francese Francois Ozon racconta tra il bianco e nero e il colore le tristi tinte di un amore impossibile, ambientato nel 1919, quando le ferite di guerra tra Germania e Francia non sono ancora sanate

La Grande Guerra ha lasciato ferite troppo profonde, che non si possono sanare. Specialmente dalla parte del perdente: nel 1919, un anno dopo la fine della guerra, in una piccola città tedesca essa è motivo di lutto quanto motivo di vendetta. Davanti ad una tomba vuota una giovane donna, Anna (Paula Beer), piange Frantz, il ragazzo che avrebbe dovuto sposare, e ogni giorno si reca al cimitero, incapace di rimettersi vestiti colorati, incapace di lasciare la casa di quelli che sarebbero stati i suoceri, ormai come genitori per lei.

Un giorno arriva uno straniero, Adrien (Pierre Niney), un francese, “lo sporco nemico francese”, con il lutto nel cuore anch’egli per Frantz. Inizialmente respinto dal padre del ragazzo in quanto francese, viene accolto dalla madre e da Anna. Afferma di essere un amico che Frantz avrebbe conosciuto prima della guerra durante i suoi frequenti viaggi a Parigi, della quale era innamorato. Giorno dopo giorno Adrien frequenta la casa di Frantz, prendendo un posto nel cuore della famiglia, persino nel duro cuore del padre, che alla fine così duro non è. Adrien vuole sostituire Frantz. Prende un posto soprattutto nel cuore di Anna, ed è in questo momento, in un momento di poesia e leggerezza che dal bianco e nero si passa al colore, ma solo finché Frantz non viene riportato alla memoria.

Frantz potrebbe quasi essere sostituito, se non fosse che dietro alla devozione di questo giovane straniero c’è un’altra versione dei fatti, una versione drammatica, una versione di guerra, della quale solo Anna verrà a conoscenza.

Frantz è una drammatica storia d’amore, ma è soprattutto la descrizione di un animo belligerante che chiede ancora sangue dopo i tanti morti versati. La guerra non finisce mai, il desiderio di vendetta tedesco dopo la Grande Guerra è diventato il nazismo. Il regista, Francois Ozon, cerca di concentrarsi sulla ricerca di pace di due anime tormentate vittime della storia.

Il film, tratto dal testo teatrale L’homme que j’ai tué di Rostand, è stato presentato al Festival di Venezia, con la candidatura per il Leone d’oro ed ha fruttato alla protagonista femminile il Premio Marcello Mastroianni.

Voto: 8/10.

Lavinia Consolato

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