Lettere da Berlino. Storia di una resistenza

Lettere da Berlino. Storia di una resistenza

Tosi Siragusa

Lettere da Berlino. Storia di una resistenza

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sabato 22 Ottobre 2016 - 22:05

Sulla rotta della decima musa: due esistenze marginali si oppongono al nazismo con caparbia pervicacia. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Presentato all’ultima Berlinale, Lettere da Berlino pone l’accento su due umili personaggi immersi in una quotidianità dal basso profilo: la storia di Otto e Anna Quangel, non iscritti al partito nazista, ma comunque conniventi con esso, la cui esistenza è sconvolta dalla morte in guerra del loro unico figlio. La fidata postina Kluge vestirà i panni di funesta ambasciatrice e da lì in poi avranno origine prima annichilimento e sconforto e poi rabbia, successivamente superata con rassegnazione per avere comunque, pur nella propria marginalità, posto in essere un modo di rivolta particolare, caparbia e pervicace.

È un film che vorrebbe essere “ordinario” su un periodo storico spesso indagato della seconda guerra mondiale, ma qui trattato sotto il peculiare aspetto della resistenza, di una lotta contro l’abominio della guerra scatenata dal nazismo, condotta con ordinarietà senza precedenti. L’opera è basata su una storia vera e sul romanzo Ognuno muore da solo di Hans Fallada, del 1947, è sceneggiato dal regista Perez con Achim Von Borries e proprio lo script è già un punto di forza. Le circa trecento anonime cartoline di Otto e Anna, disseminate per Berlino, la maggior parte delle quali consegnate alla polizia, si propongono di screditare il Fuhrer e il suo Reich, colpevoli per le morti in una guerra che non appartiene alle vittime e che di lì a poco ucciderà anche i figli di tanti altri: si darà così vita al primo movimento anti nazista. Il figlio morto da eroe per persone che di eroico non hanno mai avuto nulla dà origine ad una ribellione sul regime, visto nella sua vera natura.

Emma Thompson e Brendan Gleeson impersonano magistralmente i due coniugi e Daniel Bruhl, altro coprotagonista, è Escherich, l’ispettore di polizia dalla complessa personalità, che, nel finale, si riscatta dalle SS e da un mondo che non riconosce più nella sua essenza, rendendo giustizia all’operato dei Quangel. Splendide la fotografia, le musiche e la messa in scena di una Berlino a tratti spettrale.

Tosi Siragusa

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