“Quanto vale una vita”, progresso e dubbi etici

“Quanto vale una vita”, progresso e dubbi etici

Tosi Siragusa

“Quanto vale una vita”, progresso e dubbi etici

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lunedì 01 Febbraio 2016 - 23:03

La recensione di Tosi Siragusa al mediometraggio firmato da Giuseppe Romeo Pisano incentrato sul tema del trattamento delle cellule staminali

Venerdì 29 gennaio, presso il Palacultura Antonello, alla presenza di un pubblico numeroso, il mediometraggio "Quanto vale una vita" ha avuto l'incipit del suo percorso, nell' ambito di una distribuzione "dedicata", che proseguirà, sempre ad inviti, presso altre location del nostro Paese. La proiezione è stata preceduta dal trailer, dalla presentazione di chi scrive e da una sorta di "intervista" all' artefice del progetto Giuseppe Romeo Pisano, per meglio sviscerare le ragioni dell'opera, e dalla presentazione dello staff e del cast. Dopo la visione sono stati mandati due contributi, integrativi per cosi' dire: un' intervista all'atleta messinese Silvia Bosurgi e uno spaccato di una puntata del tg di Rai3 Leonardo, scientificamente esplicativo rispetto alla tematica del prodotto filmico. Poco si è scritto sulle cellule staminali e in Italia non si conoscono opere cinematografiche in tal senso. Una curiosità: un’altra opera cinematografica risulta avere intitolazione similare “Quanto vale una vita umana”, del 2015, di Davide Carnemolla e Anna Clementi, ma tratta tematica diversa, di un ragazzo afghano che si suicida a Patrasso vittima di quella “fortezza” inconsistente che è l’Europa dei nostri tempi. All'estero, un film sulle cellule staminali (2006) si è aggiudicato un festival del cinema scientifico di Tromso (Norvegia), “A Stem Cell Story”, vita di una cellula staminale, del regista Cameron Duguid, realizzato da alcuni scienziati in collaborazione con cineasti di Edimburgo, una collaborazione paneuropea, dunque, per sviluppare la terapia cellulare, comunicare le idee scientifiche e le prospettive cliniche attuali ai pazienti di oggi e agli scienziati di domani. Il film vede collaborazione di scienziati e registi ed è stato prodotto da Euro Stem Cell, è stato finanziato con 11,9 milioni di euro e ad esso collaborano 27 partner di otto paesi per trasferire la tecnologia delle cellule staminali alla pratica clinica. Il film è un conosciuto strumento didattico nelle scuole. Euro Stem Cell ricomprende 5 brevi video, di scienza ed etica su coltura e clonazione. La rivoluzione delle cellule staminali, del 2011, è stato presentato da Mauro Capocci e attraverso la collaborazione fra scienziati e documentaristi, tratta di applicazioni nelle ustioni, cecità, etc. Prodotto in Gran Bretagna, è un documentario sulla storia scientifica delle cellule staminali. “La custode di mia sorella”, del 2009, diretto da Nick Cassavetes, su romanzo di Jodi Picoult, ha affrontato da un punto di vista diverso la problematica. Anna è una bambina su misura, concepita “in vitru”, per poter essere compatibile con le donazioni alla sorella Kate, malata di leucemia promielocitica ed è sottoposta ad interventi, prelievi ed esami invasivi, finché le viene richiesto di donarle un rene, allora si oppone e chiede assistenza legale, per avere emancipazione medica. Si scoprirà al processo che la stessa Kate ha chiesto ad Anna di opporsi, non accettando quelle condizioni di vita e rendendosi conto dei danni alla sorella ed al fratello, ai quali, in misura diversa, è stata sottratta la propria esistenza. Solo alla fine, la madre, accanita sulla sopravvivenza della figlia, cede e la accompagnerà fino al termine di un’esistenza ancora dignitosa. "Alabama Monroe", un film belga su cellule staminali del 2012, è stato candidato a Premio Oscar come miglior film straniero nel 2014. Tratta di trapianto di cellule staminali e della connessa sconfitta e della reazione del padre della bambina malata contro gli attivisti sedicenti “pro life”, che si battono per i divieti contro la ricerca sulle cellule staminali embrionali, bloccata nei finanziamenti pubblici dall’allora Presidente Bush. La tematica "cellule staminali" è comunque sterminata e se ne potrebbe discutere sotto vari profili: secondo una classificazione in base alla capacità differenziativa, si parla di cellule staminali totipotenti, pluripotenti multipotenti e unipotenti…. e ancora di cellule staminali embrionali, fetali e del cordone ombelicale, cd adulte immature, e il film in commento affronta l' uso possibile del cordone ombelicale, il tubicino che lega il feto alla placenta, contenente sangue prezioso. In Italia è possibile, dopo il cd trattamento, la donazione gratuita in centri pubblici e la Sicilia in tal senso è stata all' avanguardia, mentre non è consentito, se non in presenza di patologie geneticamente accertate, procedere alla conservazione autologa in banca pubblica, e il film si sofferma su questa incongruenza.

L’opera è una auto-produzione di “Bioika production”, un film indipendente, non per protesta, ma perché tratta una tematica che non ha trovato, purtroppo, fin qui spazio nel filone dei block busters, e non certo per la scelta elitaria del soggetto (come alcune volte può accadere) o perché sarebbe limitata ad un circuito, che non permette larga distribuzione: infatti nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un lungometraggio, avere il supporto di una produzione in senso stretto ed in tal modo sarebbe stata più strutturata artisticamente e tecnicamente, e probabilmente con partecipazione di attori professionisti. Ciò non è stato possibile e la risposta la lasciamo a chi leggerà … si potrebbe supporre che interessi sottostanti non avrebbero gradito una divulgazione delle potenzialità in ambito sanitario, che porterebbero a contrastare mercimoni che oggi potrebbero non tenere nel giusto conto “il valore di una vita”. I produttori, poi, solitamente, optano per opere commerciali. L’autore e regista è Giuseppe Romeo Pisano, al quale va un plauso per questo tentativo di infrangere muri, di agire e far leva sulla necessità di dare visibilità all’opportunità di scelte in ambito sanitario, che possano essere un potente antidoto alle ipocrisie e mezze verità, che ancora impediscono la caduta del velo. E così quest’opera coraggiosa è stata portata avanti per la passione che anima questo team, ove lo staff ruota attorno a figure familiari (basti pensare ai figli, Simonetta e Luca, rispettivamente aiuto regista e direttore della fotografia, e a Fabio Garrotta, il nipote, al montaggio ) o amicali (come il musicista Giuseppe Rando). Il tema di fondo è, dunque, scientifico, ma assume importanza socio-culturale e etica, laddove si affrontano problematiche inerenti incoraggianti risultati iniziali nell’ambito della ricerca, che potrebbero utilmente curare importanti patologie. Conforta la circostanza che gli interni delle location sono spesso quelli di studi medici o case di cura cittadine, con ciò significando che comunque in ambito sanitario messinese è stata percepita l’importanza del messaggio che è stato, dunque, sostenuto. Altri interni sono quelli di abitazioni private e sono stati messi a disposizione da sostenitori di questa iniziativa, che ha visto la recente adesione della scrivente proprio per la volontà di dare un piccolo contributo, recependone la giustezza, e catturata dallo spirito che anima il progetto. Belli gli esterni, ove Messina appare bella, grazie ad immagini sapienti che evidenziano la benevola attenzione di Giuseppe Pisano verso la sua città.

Quale la finalità di questo mediometraggio? È evidente la volontà di divulgare la possibilità di operare sul fronte della prevenzione di importanti patologie, con apporti qualificanti sulle possibili modalità. È, certo, un incipit, ma fondamentale, nel vuoto di iniziative in tal senso. E così anche la storia, che ruota intorno ad alcune coppie, è al servizio della valenza informativa e "serve" ad approntare utili suggerimenti; importante dunque, in tal senso, il valore del film. E si attesta l’imponenza del messaggio divulgativo a carattere scientifico, unitamente all’apprezzabile contributo recitativo gratuito di soggetti per lo più non inseriti nel mondo professionale attoriale,o facenti parte del mondo teatrale, e la valida opera registica, di fotografia e di montaggio, oltreché in ambito musicale. Gli interrogativi di fondo rimangono i seguenti: questo che, ad avviso di chi scrive, si pone quale un completo “spot di sensibilizzazione”, che avrebbe potuto e dovuto essere realizzato dal Ministero della Salute, magari fornendo informazioni scentifiche più approfondite, è lasciato invece all’iniziativa privata, peraltro non opportunamente sostenuta in ambito scientifico, quali le motivazioni? Laddove l’opera cinematografica fa riferimento a G.U.R.I. contenenti dati sanitari, dimostrativi di risultati già acclarati, perché non sono stati divulgati opportunamente, prevedendo utili modalità e campagne, attraverso cui la sanità pubblica, in primis, faccia veicolare il messaggio e proponga e suggerisca come completare il percorso, al di là di problematiche geneticamente accertate, fornendo ogni informazione a riguardo? Perché di cellule staminali si parla ancora troppo poco e non si consolidano le risultanze già certe in ordine ai vantaggi e gli elementi conoscitivi necessari al prosieguo della ricerca? Quali problematiche si frappongono a tale percorso, che dovrebbe essere logico sul piano delle scelte strategiche nell’ambito della ricerca e delle sue applicazioni? Si ipotizza che potrebbe anche esserci un problema di carenze organizzative a livello sanitario. Sembra comunque che il mondo scientifico sia diviso e quest’opera, che tenterebbe un approccio quasi documentaristico è, invece, permeata di passione ed è a tesi, come è giusto che sia, senza porsi come film-inchiesta, denuncia, ma quale opera di impegno etico-sociale.

Tosi Siragusa

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