La politica ed il Paleolitico delle quote rosa a Messina

La politica ed il Paleolitico delle quote rosa a Messina

Rosaria Brancato

La politica ed il Paleolitico delle quote rosa a Messina

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sabato 09 Marzo 2013 - 06:29

Il panorama della presenza femminile nei Palazzi è a dir poco sconfortante, figlio di una interpretazione delle quote rosa da parte dei partiti tradizionali più vicina al Paleolitico che all'era moderna. Solo all'Ars in autunno e solo con l'ingresso dei grillini le cose son cambiate. E per le amministrative?

Diciamolo onestamente, la classe dirigente maschile di questa città quando pensa alle donne in politica ha un’idea molto vicina a quella dei panda, una specie rara che loro sperano sia in via d’estinzione per stanchezza o disinteresse. Per i partiti tradizionali messinesi le quote rosa semplicemente non esistono, sono una graziosa cornice, o dei simpatici tappabuchi che dove le metti stanno. E ridono persino alle battute sceme dei colleghi. I numeri sono chiari e la dicono lunga sulla considerazione che i partiti hanno delle donne, mutata solo in apparenza quando sono stati costretti dalla normativa a metterle in lista. Dopo le quote rosa infatti non è cambiata la sostanza del loro pensiero nei nostri confronti, ma solo la forma. L’ex giunta Buzzanca ha chiuso con un solo assessore donna, Elvira Amata. Dopo le dimissioni di Pinella Aliberti la quota rosa della stagione buzzanchiana è stata dimezzata. In consiglio comunale su 45 uomini le donne sono 3, una percentuale a dir poco ridicola. Emilia Barrile, Pd, e Giovanna Crifò, Pdl, sono lì perché per anni hanno sudato quella poltrona, nessuno gliel’ha regalata, hanno lavorato sul territorio e con la gente, usando anche le stesse armi dei colleghi maschi ed hanno passato le ultime legislature ad evitare trappole e trabocchetti. Non usano vezzeggiativi,vanno al sodo ed hanno un bacino di voti personale da far invidia a qualche collega. La terza in consiglio è Simona Contestabile, Pd. Passiamo alla Provincia. Gli assessori donne nell’ormai nota giunta record a 15 sono solo due: Maria Perrone, Udc, ha avuto per anni l’indispensabile poltrona alle pari opportunità, delega senza la quale, secondo chi ci governa, noi donne non sapremmo come vivere. Senza le pari opportunità i sindaci, i presidenti non saprebbero che ruolo assegnare ad una donna in giunta. Solo di recente la Perrone ha avuto quella al Turismo. L’altro assessore è Maria Rosaria Cusmano, area Nania, ha avuto la delega l’agricoltura, ingaggiando, tra le altre cose, una durissima lotta contro il punteruolo rosso, ma con esiti a volte non felici, tanto che la palma di Palazzo dei leoni alla fine è stata abbattuta. Ancora più infima rispetto al Comune la percentuale di donne tra i consiglieri provinciali, scende a 2 su 45. Sono Rosy Danzino, Mpa che ha battuto i pugni per attivare il dipartimento della protezione civile, ma Ricevuto ha risposto picche e Lalla Parisi, Pdl, anche lei impegnata sul fronte difesa dei territori alluvionati.

Alla Regione le cose son cambiate solo grazie al M5S che ha portato all’Ars dopo quasi mezzo secolo una deputata messinese, Valentina Zafarana. Se avessimo aspettato Pd, Pdl, Udc, Mpa, avremmo dovuto attendere il prossimo secolo. La Zafarana, è stata eletta con le preferenze, così come Bernadette Grasso, seconda messinese deputata, esponente del Grande Sud e sindaco di Caprileone.

Per il Parlamento abbiamo perso un’occasione. L’ha persa Sel, scippandoci il seggio conquistato da Sofia Martino con i voti veri delle primarie e messa in lista alla Camera dopo la capolista Laura Boldrini, blindata dal partito in tre collegi, uno dei quali a casa sua. Sel, partito di sinistra, grazie al porcellum ha fatto eleggere in Sicilia una marchigiana lasciando fuori la Martino che sarebbe stata la prima donna di sinistra in parlamento dopo 20 anni. L’ultima donna messinese di sinistra è stata Angela Bottari, nel ’76. Sua è stata la prima proposta di legge contro la violenza sulle donne. Ma la cosa singolare della vicenda Martino è stato il silenzio della dirigenza locale di Sel, non una parola si è levata in sua difesa, mentre solo la base ha inviato mail e lettere di protesta. Evidentemente questa è la concezione che si ha delle donne in politica a Messina. Anche a sinistra. Passiamo al Pd che una donna alla Camera l’ha portata. E’ Maria Tindara Gullo. Nel regno incontrastato di Francantonio Genovese la Gullo, che non ha mai fatto un giorno di politica attiva, alle primarie di dicembre ha sbaragliato con 11.356 voti gli ex assessori Liliana Modica, Luciana Intelisano e Lucia Tarro Celi che fanno politica da una vita. Pare che dietro le quinte ci sia stato un “incidente di percorso”, un intoppo nel “dosaggio” dei consensi e alla fine Mariella Gullo che ha alle spalle una famiglia di politici a Patti, ha superato tutti. Effetti collaterali delle primarie si dirà. La Gullo è finita dritta dritta alla Camera grazie al premio di maggioranza. Non si è ancora insediata e giovedì è stata raggiunta da avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sui brogli elettorali a Patti che ha travolto sia la sua famiglia che il circolo Pd. I voti in questione erano quelli delle Comunali del 2011.

Le quote rosa a Messina non hanno cambiato il volto della Politica perché sono state solo “applicate” e non utilizzate. Le donne sono state messe in lista perché è un obbligo previsto dalla norma e non una risorsa. Il meccanismo perverso del doppio voto di genere, se gestito con le armi della vecchia politica crea mostri perché consente al padrone del vapore di far eleggere chi vuole, con lo stesso bacino di voti. Come al supermercato: prendi tre paghi due. Le amministrative sono alle porte e si ripeterà lo stesso meccanismo delle riempilista. Tra i nomi papabili a sindaco non ci sono donne, se non Aurora Notarianni, finita nel taccuino di Crocetta. Reset ha una donna candidata vice-sindaco, Adriana Russo. Per il resto c’è non solo il deserto ma la specifica volontà di non puntare sulle donne se non come tappabuchi o parenti di, da inserire ma MAI nei ruoli chiave. Se ci fosse l’assessorato al ricamo o alla cucina della nonna state certi che ci metterebbero una donna. Il M5S alla Regione ha portato quasi tutte donne e solo grazie a loro e qualche sporadica Pd, l’Ars è passata dal Medioevo all’era moderna. Per infinite legislature non si è vista donna in Aula, per non dire in giunta dove la “pausa di riflessione” è durata 50 anni. Chissà quanto dovremo aspettare perché anche in riva allo Stretto finisca il Paleolitico.

Rosaria Brancato

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