Operazione "Murazzo": undici indagati per complicità con il boss Nino Trovato

Operazione “Murazzo”: undici indagati per complicità con il boss Nino Trovato

Operazione “Murazzo”: undici indagati per complicità con il boss Nino Trovato

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giovedì 15 Dicembre 2011 - 13:40

La Procura ha chiuso le indagini dell'operazione Murazzo che ad aprile portò all'arresto di otto persone ritenute vicino al boss di Mangialupi, Nino Trovato. Fra gli indagati l'intera famiglia Campagna che, secondo l'accusa, custodiva armi e droga per conto del clan di Mangialupi.

Sono undici gli indagati dell’operazione “Murazzo” che il 20 aprile scorso portò all’arresto di otto persone fra affiliati e fiancheggiatori del boss di Mangialupi, Nino Trovato.
Fra questi anche un’intera famiglia, marito, moglie e tre figli, coinvolti in un imponente traffico di droga e nella custodia di armi e munizioni per conto del temuto boss. Il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Verzera e della Procura ordinaria Fabrizio Monaco, hanno inviato gli avvisi di chiusura indagini, con l’accusa di associazione mafiosa finalizzata al traffico di droga, a Letterio Campagna, alla moglie Maria Passari, ai figli Giovanni, Roberto e Consolato, ad Antonio Campagna, al boss di Mangialupi Antonino Trovato, al catanese Sebastiano Minutola, che deve rispondere dell’acquisto di alcune partite di cocaina dai Campagna, ed a Rocco Rao ed ai fratelli Maria e Giuseppe Sturniolo che avevano il compito di recuperare i crediti per conto del clan, cioè i soldi delle partite di droga che non erano state pagate. Le indagini della Squadra Mobile accertarono gli stretti rapporti che intercorrevano fra la famiglia Campagna ed il clan Trovato. Il 23 gennaio dell’anno scorso in un casolare di proprietà dei Campagna, in contrada Murazzo a S.Filippo Superiore, gli uomini della Mobile effettuarono un blitz sequestrando un vero e proprio arsenale composto da kalashnikov, mitragliatori, fucili, detonatori, munizioni da guerra e sei chili di cocaina. In manette finì Letterio Campagna che si accollò tutte le responsabilità per la presenza di armi e munizioni nel casolare, scagionando i due figli. Gli investigatori, grazie ad una cimice piazzata nel parlatoio del carcere, seguirono tutti i movimenti della famiglia e scoprirono che a gestire il clan, dopo l’arresto di Letterio Campagna, era stata la moglie Maria Passari. La donna si recava in carcere ai colloqui con il marito e prendeva ordini. Grazie alle intercettazioni ambientali gli agenti della Mobile sequestrarono nell’aprile dell’anno scorso oltre due chili di cocaina nascosti, nel casolare di S.Filippo il giorno del lunedì di Pasqua durante una tradizionale festa familiare.

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