Alessandro Marino, dialogo con il trascendente

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giovanni francio

Alessandro Marino, dialogo con il trascendente

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sabato 13 Gennaio 2018 - 06:24

Nel concerto del Palacultura brani poco noti caratterizzati da una prodigiosa difficoltà tecnica

Il programma presentato dal pianista Alessandro Marino al Palacultura, per la stagione musicale della Filarmonica Laudamo, è stato caratterizzato dall’eccezionale virtuosismo tecnico richiesto per eseguire i brani proposti. ù

A parte le Variazioni e fuga in mi bem. maggiore op. 35 “Variazioni Eroica” di Ludwig Van Beethoven, che meritano un discorso a parte, e la celebre Rapsodia in blu di George Gershwin, eseguita però, ovviamente, in una versione per pianoforte solo, perdendo così gran parte del suo fascino, gli altri brani interpretati da questo virtuoso, quasi ginnasta della tastiera, non presentano particolare pregio musicale, ma risultano assai rilevanti per quanto riguarda le difficoltà tecniche di agilità nell’esecuzione. Dopo la Siciliana da “I Vespri Siciliani” di Verdi di Joachim Raff – compositore svizzero contemporaneo e amico di Franz Liszt, la cui produzione musicale è ormai pressoché caduta nel dimenticatoio – una fantasia basata sull’aria di Helene “Merci, jeunes amies” tratta dalla celebre opera lirica, il pianista ha eseguito le “Variazioni e fuga in mi bem. maggiore” op. 35 “Variazioni Eroica” di Ludwig Van Beethoven. Si tratta in realtà di variazioni su un tema tratto dal balletto “Le Creature di Prometeo”, poi trasfuso come tema principale dell’ultimo movimento della celeberrima sinfonia n. 3 “Eroica”. È un brano interessante perché sono in esso presenti in nuce alcune delle peculiarità che contraddistingueranno la musica dell’ultimo Beethoven: la forma del tema con variazioni e la fuga. La prima parte del concerto si è conclusa con l’esecuzione delle ultime tre Rapsodie Ungheresi (le n. 17, 18 e 19) di Franz Liszt. A dispetto delle precipue caratteristiche di Marino, si tratta di tre composizioni fra le meno virtuosistiche del musicista ungherese, più essenziali, molto brevi le prime due, mentre l’ultima presenta un tipico tema ungherese zigano. La seconda parte del concerto si è aperta con l’esecuzione di “Le Festin d’Esope” op. 39 n. 12 di Valentin Alkan. Alkan è stato un compositore francese anch’egli contemporaneo e amico di Liszt, che ne ammirava la sua prodigiosa tecnica. Ha composto quasi esclusivamente per pianoforte e fra le sue opere più note vi sono i due libri di Studi in tutte le tonalità maggiori e minori (op. 35 maggiori e op. 39 minori), composizioni interessanti non tanto per il loro valore artistico (piuttosto modesto) quanto per la loro difficoltà tecnica, una vera sfida per i virtuosi dello strumento. “Le Festin d’Esope” è l’ultimo studio dell’op. 39, e consiste in una serie di venticinque variazioni su un tema gradevole e orecchiabile, ove ogni variazione simboleggia un animale, ispirandosi alle favole di Esopo. L’ultimo brano eseguito da Alessandro Marino è stato la “Grande tarantella” op. 67, nella versione per pianoforte solo (l’originale è per pianoforte e orchestra) di Louis Moreau Gottschalk, compositore americano dell’ottocento, anch’egli eccezionale virtuoso del pianoforte, le cui composizioni sono ormai di rarissima esecuzione. Molti compositori si sono ispirati alla celebre danza italiana, la Tarantella, da Rossini, a Liszt, a Chopin. Il brano di Gottschalk, di notevole difficoltà tecnica, è risultato gradevole all’ascolto.

Ottima la prova del giovane pianista Alessandro Marino, che ha spesso interloquito con il pubblico per commentare i brani eseguiti; una prova che ha messo in risalto le sue eccellenti qualità tecniche al pianoforte. Notevole e intenso anche l’esecuzione dell’ultimo bis proposto, uno dei “sei momenti musicali” op. 16 di Serghej Rachmaninov, che ha concluso la serata fra i convinti applausi del pubblico.

Giovanni Franciò

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