La Cantarina e il Maestro, pasticcio musicale in un atto

La Cantarina e il Maestro, pasticcio musicale in un atto

giovanni francio

La Cantarina e il Maestro, pasticcio musicale in un atto

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mercoledì 31 Gennaio 2018 - 08:47

Una divertente lezione di canto con Luca Dordolo e Debora Troìa

“La musica non si fermerà”; con queste parole dell’avv. Manlio Nicosia, riportate a margine del programma generale della stagione della Filarmonica Laudamo, si è voluto ricordare il da oltre venti anni presidente di questa associazione musicale, purtroppo scomparso la sera prima del concerto tenutosi al Palacultura. A detta dei familiari di questo importantissimo musicologo della nostra città, sarebbe stata sua volontà che il concerto si fosse tenuto ugualmente, e così e stato, non senza aver doverosamente osservato un minuto di silenzio.

La Cantarina e il Maestro è un pasticcio musicale – genere in voga soprattutto nel 700, che consisteva in una rappresentazione composta da brani musicali di precedenti autori – ideato da Luca Dordolo, e si basa su un intermezzo musicale intitolato Cantarina e Maestro, risalente al 1698, di Giovanni Antonio Costa, autore napoletano poco conosciuto, il cui manoscritto (unica copia) è custodito nella biblioteca di Dresda. Si tratta di una rappresentazione di una lezione di canto che il Maestro impartisce all’allieva, signora Betta, cantante dotata ma bisognevole di imparare le necessarie regole. Troppo breve per costituire una rappresentazione a se stante, Luca Dordolo ha arricchito la composizione di altri brani di autori dell’epoca o precedenti, pezzi canori che hanno la funzione di fare esercitare la volenterosa allieva. E così oltre i pochi brani di Giovanni Antonio Costa contenuti nell’Intermezzo, composto per la verità prevalentemente da recitativi, il Maestro – lo stesso Luca Dordolo, tenore – ha esortato la sua allieva – Debora Troìa mezzosoprano – a cantare brani di Giovanni Felice Sances “Usurpator tiranno”; Benedetto Ferrari “Amanti, io vi so dire”; Claudio Monteverdi “Valletto e Damigella” da “L’Incoronazione di Poppea” e “Bel pastor dal cui bel sguardo” dal nono libro dei Madrigali; infine Giovanni Girolamo Kapsperger “Quattro villanelle”, in una rappresentazione che è durata circa un’ora. Tranne il primo brano di Sances, autore romano del seicento che meriterebbe una riscoperta, un canto dal carattere triste, quasi una siciliana, ottimamente reso da Debora Troia, gli altri brani sono pezzi composti all’insegna della leggerezza, spensierati e ricchi di vis comica, ma di modesto valore artistico musicale. Anche le due canzoni di Monteverdi non appartengono certo alla migliore produzione del grande musicista cremonese, vero innovatore all’epoca nel campo musicale.

Bravi comunque i due cantanti, istrionico Luca Dordolo, simpatica e perfettamente in parte Debora Troia. Molto bene anche i due musicisti esibitisi su strumenti antichi, Basilio Timpanaro al cembalo e Silvio Natoli alla tiorba, questa sorta di liuto con le corde molto più lunghe, che è sempre così affascinante da ascoltare. Spettacolo tutto sommato interessante, ben confezionato con i cantanti che hanno indossato abiti d’epoca, ma basato su una composizione troppo debole dal punto di vista del valore musicale (a volte c’è una ragione se alcuni autori cadano nel dimenticatoio). È comunque sempre interessante e meritorio riesumare antichi autori e brani dimenticati, documenti di un’epoca perduta, anche perché… “la musica non si fermerà”.

Giovanni Franciò

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