Stabat Mater. Le vie del sacro

Stabat Mater. Le vie del sacro

giovanni francio

Stabat Mater. Le vie del sacro

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martedì 11 Aprile 2017 - 06:33

Il capolavoro di Boccherini in una rivisitazione arricchita da danza e poesia

Una sorta di contaminazione fra più arti, musica, danza e poesia, è andata in scena al Palacultura per la stagione concertistica dalla Filarmonica Laudamo. La compagnia sperimentale Koros-GiovanEnsamble, per la regia e le coreografie di Rita Colosi, ha messo in scena un balletto tratto da una versione rivisitata dello Stabat Mater di Luigi Boccherini.

In un’ambientazione scarna ed essenziale, appena una grande croce di legno distesa sullo sfondo, e danzatrici vestite di nero, a parte un velo da sposa, ed una bambina che talora faceva la sua apparizione vestita di rosso, la compagnia ha rappresentato il capolavoro, nell’ambito della musica sacra, di Boccherini, utilizzando una registrazione su vinile tratta da un’edizione diretta da Monsignor Biella, con accompagnamento a tre voci, che non risponde però all’originale, che il musicista italiano scrisse per soprano e archi. I passi di danza sono stati intervallati da brani letti dagli attori Sara Quartarone e Federico Pappalardo, tratti da opere di Shakespeare, Trilussa, Euripide, Virgilio, Primo Levi, Erika Yong e altri. Molti compositori si sono cimentati nel musicare lo Stabat Mater, una preghiera le cui origini risalgono probabilmente al 1200. La narrazione del dolore più grande, la perdita del figlio da parte della madre, nello Stabat Mater diviene il dolore universale per la morte del “Figlio” sacrificato per la salvezza dell’uomo, e Maria assurge a simbolo universale del dolore materno. Non sorprende pertanto che il sentimento più doloroso e profondo sia stato fonte continua di ispirazione, e sarebbero innumerevoli gli esempi da citare in ogni campo artistico. Mi piace ricordare il commovente sguardo di Maria dipinto da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova – come sarebbe bello osservarlo ascoltando l’incipit dello Stabat Mater di Pergolesi, di Vivaldi, o di Luigi Boccherini! Quest’ultimo riesce a connotare di quella grazia che contraddistingue tutte le sue composizioni anche il momento così drammatico della madre che piange il figlio crocifisso, e il dolore, che pure trasuda da ogni nota nel suo Stabat Mater, è sempre addolcito da una sorta di tenerezza, di pudore di fronte a cotanta tragedia, non per niente Della Croce lo definì un genio “timido”. L’intento di Rita Colosi è stato quello di rendere cosmica questa tragedia, di farle abbracciare tutte le sventure umane, il rifiuto per il diverso, il dolore della madre per le nefandezze compiute da figli non integrati, ed il tentativo di contemplare ogni genere di dramma attuale, sociale oltre che intimo, è stato realizzato soprattutto attraverso le letture di vari testi degli autori sopra citati. E così, mentre le nove danzatrici interpretavano la musica di Boccherini con lente movenze accorate, mimando spesso la disperazione del lutto, e sovente danzando adagiate per terra, gli attori leggevano testi che dipingono i mali attuali, financo la guerra e l’ipocrita potere politico, su versi di Trilussa che sembrano scritti oggi. L’originalità dello spettacolo, una commistione di arti per “raccontare” lo Stabat Mater, forse però ne ha costituito anche il limite: è sufficiente l’ascolto della sublime musica di Luigi Boccherini, in particolare l’incipit “Stabat mater dolorosa” per far sì che tutto il dolore del mondo ci colpisca e ci commuova, così come avviene dinanzi all’affresco di Giotto.

Prima della conclusione, il vinile viene volutamente interrotto bruscamente, per evitare l’Amen assolutorio, in polemica con la realtà ipocrita e respingente che viviamo, stigmatizzata da uno sdegnato Federico Pappalardo, che alla fine, insieme all’attrice Sara Quartarone, reciterà i versi dal "X Agosto" di Pascoli: “E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male!”. Uscito dalla sala con un po’ di sgomento e di amaro in bocca, tornato a casa non ho potuto fare a meno di ascoltare la conclusione del capolavoro di Luigi Boccherini, violentemente interrotto, e cercare rassicurazione in quella preghiera, lo Stabat Mater, così dolorosa, ma anche così ricca di speranza “Quando corpus morietur, fa cut animae donetur paradisi gloria. Amen” (Quando morirà il mio corpo, fa’ che l’anima abbia in dono la gloria del paradiso. Amen).

Giovanni Franciò

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