Il pentito D'Amico sentito sulla Trattativa: "Di Matteo doveva morire"

Il pentito D’Amico sentito sulla Trattativa: “Di Matteo doveva morire”

Alessandra Serio

Il pentito D’Amico sentito sulla Trattativa: “Di Matteo doveva morire”

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sabato 28 Febbraio 2015 - 10:31

Il pentito barcellonese ha raccontato dei colloqui in carcere con Nino Rotolo e delle confidenze arrivate da Vito Galatoto sulla ferma volontà della mafia siciliana di eliminare il magistrato palermitano. Lo stesso DI Matteo ha già interrogato D'AMico.

La mafia barcellonese continua a entrare, a più riprese, nella storiaccia nera della Trattativa Stato-Mafia, al centro di molti processi in corso. Dopo Saro Cattafi, anche l'ex capo militare di Cosa Nostra del Longano, Carmelo D'Amico, ascoltato dai magistrati della procura nissena che indagano sul progetto di attentato a Di Matteo, D'Amico è stato ascoltato dai pm di Palermo Vittorio Teresi e Roberta Tartaglia. Con loro, lo stesso Nino Di Matteo.

Al centro del colloquio, le confidenze scambiate nel carcere duro di Opera col mafioso Nino Rotolo che a sua volta discorreva con Vito Galatoto, tra marzo e maggio 2013. In quei colloqui, ha detto D'Amico ai pm della Dda Vito Di Giorgio ed Angelo Cavallo, Rotolo gli avrebbe confidato dei progetti per colpire il magistrato Nino Di Matteo. Lo stralcio dei verbali, ancora top secret, è stato trasmesso per competenza alla Procura di Caltanissetta, che poco tempo fa ha voluto interrogare direttamente il pentito barcellonese.

Dei colloqui con Rotolo al 41 bis D'Amico ne ha accennato anche in aula, il 26 febbraio scorso, rispondendo alle domande dell'avvocato Ugo Colonna, al processo Gotha 3 in corso in Corte d'Appello. L'avvocato gli chiedeva conto di alcune sue affermazioni relative a quelli che l'ex boss ha indicato come i colletti bianchi del clan del Longano, Saro Cattafi e Maurizio Marchetta, la loro appartenenza a logge e i contatti tra Cattafi e gli esponenti di altre famiglie siciliane. "E' stato Rotolo a dirle queste cose, spontaneamente, o è stato lei a domandare, e di cosa parlavate?", ha chiesto Colonna. "Sono stato io a domandare ha precisato D'Amico – perché si parlava di massoneria".

L'attenzione intorno a Di Matteo è ancora altissima e le dichiarazioni di D'Amico potrebbero confermare quelle rilasciate da Vito Galatoto a novembre scorso, quando rivelò del progetto di attentato: "Quando fui arrestato, nel giugno 2014 l’ordine arrivato due anni fa da Matteo Messina Denaro tramite Girolamo Biondino era del tutto operativo. Nella lettera Messina Denaro disse che bisognava fare un attentato al dottor Di Matteo perché, stava andando oltre e ciò non era possibile anche per rispetto ai vecchi capi che erano detenuti. L’esplosivo lo conservava Vincenzo Graziano".

Galatolo parlò di oltre centocinquanta chili di tritolo fatti arrivare dalla Calabria che erano già a Palermo. Ci sono poi alcune segnalazioni ancora top secret, al vaglio degli investigatori palermitane, che sono recentissime, che fanno molto preoccupare i magistrati. E in corso c'è un'altra attività, in mano al procuratore capo Francesco Lo Voi ed al sostituto Enrico Bologna, che mira a chiarire la segnalazione, fatta da alcuni ragazzini di una scuola, che dicono di aver visto alcuni uomini armati di fucile vicino al circolo del tennis di via San Lorenzo, proprio mentre al circolo c'era Di Matteo.

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