In 16 in aula per evitare il fallimento: 30 milioni da pagare fino al 2023

In 16 in aula per evitare il fallimento: 30 milioni da pagare fino al 2023

Francesca Stornante

In 16 in aula per evitare il fallimento: 30 milioni da pagare fino al 2023

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martedì 03 Ottobre 2017 - 19:12

Su 16 presenti sono stati 9 i voti che hanno fatto approvare la delibera con cui il Comune si impegna a pagare 30 milioni per i prossimi anni per evitare il fallimento di Messinambiente. Domani il Tribunale deciderà se il piano concordatario regge o se la società sarà dichiarata fallita.

Una chance per Messinambiente. Il consiglio comunale ha deciso di lanciare la ciambella di salvataggio, fondamentale, per provare a evitare il fallimento. Domani il Tribunale deciderà sull’inammissibilità del piano concordatario presentato dalla società di via Dogali contro l’istanza di fallimento avanzata dal giudice. Servivano gli atti approvati dal consiglio comunale per garantire copertura finanziaria al piano concordatario: un impegno di 30 milioni di euro per provare a estinguere tutti i debiti che Messinambiente si trascina sulle spalle e che sono prepotentemente esplosi con la cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate. Serviva che l’aula desse il via libera all’amministrazione comunale che ha scelto la strada del concordato in continuità per evitare il fallimento impegnando sui bilanci 30 milioni di euro di risorse comunali che Palazzo Zanca, quindi i messinesi, dovranno pagare fino al 2023. Serviva dare concretezza a un piano che altrimenti sarebbe stato solo virtuale. In realtà, con la delibera votata dall’aula, il giudice avrà in mano un atto che impegnerà in futuro le somme, visto che ad oggi non c’è ancora il bilancio di previsione 2017 che è il primo pilastro su cui si fonda tutta la procedura, non c’è il triennale 2017-2019 e non è stata ancora approvata neanche la seconda delibera che fa parte di questo “pacchetto”, quella della transazione con Ato3 che rappresenta una fetta di 9 milioni di euro su 30. Insomma, in fretta e furia e sempre sul filo del rasoio, è stato aggiunto un tassello che, si spera, possa bastare a rendere solido il piano concordatario su cui il giudice si esprimerà domani.

Di questa seduta, fondamentale in ottica futura perché un impegno di 30 milioni di euro fino al 2023 non è certo una bazzecola per la città, resta il dato disarmante dei numeri in aula: a votare questa delibera sono stati solo in 16. Sedici consiglieri su 40. Durante la seduta qualcuno è andato via perché altrimenti c’era il rischio di una bocciatura, ma come ormai accade in aula a decidere le sorti della città sono stati in pochi e sempre gli stessi. Per la precisione i sì all’impegno finanziario per evitare il fallimento di Messinambiente sono stati 9: Carlo Abbate, gli accorintiani Cecilia Caccamo, Lucy Fenech, Maurizio Rella e Ivana Risitano, i due Pd Claudio Cardile e Gaetano Gennaro, i consiglieri del Gruppo Misto Carlo Abbate, Alessandro La Cava e Rita La Paglia. Si sono opposti Antonella Russo e Daniela Faranda, hanno scelto l’astensione Emilia Barrile, Simona Contestabile, Giovanna Crifò e Santi Sorrenti. Era accaduto con il Piano Aro, che disegnava il futuro della gestione rifiuti per i prossimi 9 anni con un giro di risorse che sfiora i 300 milioni di euro. Era successo con la costituzione della MessinaServizi e con il contratto di servizio. E’ successo in ogni tappa saliente di questa consiliatura. Irresponsabilità, come ha detto la consigliera Lucy Fenech, problema politico, come invece hanno dichiarato Libero Gioveni e Claudio Cardile che ha rimproverato all’amministrazione l’atteggiamento perpetrato in questi anni con gli atti portati in aula sempre all’ultimo momento.

La discussione sulla delibera è stata soprattutto nel botta e risposta che è scaturito dall’intervento della consigliera Antonella Russo che in pochi minuti ha impallinato l’atto presentato dall’amministrazione mettendo in luce tutte le perplessità che l’hanno spinta a votare no. «Abbiamo un bilancio votato solo dalla giunta e che vale praticamente zero. Vi presenterete in Tribunale senza che il bilancio sia stato approvato. Si è pensato che di 100 milioni di debiti certificati ne bastassero 30 ma non si è mai parlato di transazioni con i creditori. La transazione con Ato inoltre andava votava prima di questa delibera. Non sono neanche convinta che questa procedura del soccorso finanziario si possa fare perché la Legge Madia fissa il divieto di soccorso finanziario e anche la Corte dei Conti non ammette trasferimenti straordinari a partecipate in perdite protratte e in stato di liquidazione, quindi Messinambiente. E’ vero che c’è il decreto legislativo di giugno che ha aperto le maglie prevedendo la possibilità di optare per il soccorso finanziario in caso di accantonamenti già previsti, ma non mi pare sia questo il caso visto che stiamo andando ad impegnare adesso delle somme. Il Comune di Messina in questi anni non è riuscito a salvare Messinambiente, adesso che siamo in una situazione molto più grave cosa dovrebbe fare? Mantenere in vita Messinambiente, non sappiamo come, garantire 6 milioni di Tfr dei lavoratori che non sappiamo dove saranno presi, garantire la nascita di Messinaservizi. Si salva Messinambiente per spostare i servizi a un’altra società, è una scelta illogica e farraginosa».

A rispondere ci ha pensato anche stavolta l’avvocato Marcello Parrinello che, insieme ai legali dello studio Vermiglio, ha costruito il piano concordatario. «Il debito certificato di Messinambiente è di 101 milioni. Il Comune è esposto per circa 34 milioni. Nel 2015 però lo stesso Comune fissa in 32 milioni il costo del servizio, mentre negli anni precedenti le somme riconosciute alla società erano state nettamente inferiori. Dunque se io domani fossi il curatore fallimentare la prima cosa che farei sarebbe un’azione nei confronti del Comune per farmi pagare tutto quello che non è stato erogato negli anni precedenti. Il Comune potrebbe trovarsi a dover sborsare anche 80 milioni di euro. Ecco perché abbiamo costruito questo piano con un apporto finanziario che è nettamente inferiore rispetto a quanto il Comune rischia di dover pagare in caso di fallimento. Il concordato preventivo ha la capacità di liberare dai debiti pagando solo il 30% dell’ammontare globale».

L’avvocato ha poi puntualizzato che il Tribunale ha un controllo preventivo di carattere formale sulla fattibilità giuridica ed economica del piano. I veri giocatori saranno i creditori quando saranno chiamati a esprimere la loro posizione: «Inps e Agenzia delle Entrate, che sono gli attori principali di questa pièce teatrale, sono in linea con noi».

Anche l’assessore Guido Signorino ha puntato tutto sull’economicità di questa scelta e sul rischio che provocherebbe il fallimento. Senza dimenticare che se Messinambiente fallisse il Comune non potrebbe gestire il servizio rifiuti per i prossimi 5 anni, quindi potrebbe anche naufragare tutta l’operazione MessinaServizi.

Alla fine le motivazioni dell’assessore e dell’avvocato Parrinello hanno convinto i 9 che hanno votato sì. E’ passata anche stavolta la linea dell’amministrazione Accorinti. La partita adesso si sposta in Tribunale.

Francesca Stornante

3 commenti

  1. Ma come si può considerare concreta una garanzia di pagamento fatta da un Ente in stato di pre-dissesto, dichiarato dalla Corte dei Conti, in favore di una società in liquidazione? Per di più con un atto senza una copertura finanziaria certa? (manca l’approvazione del piano di riequilibrio del Comune, del conto consuntivo 2016, del bilancio di previsione 2017 e del triennale nel quale dovrebbero essere inserite queste somme da riconoscere. Non si capisce come la magistratura, che deve decidere sul possibile fallimento di Messinambiente, non possa non considerare questa concreta situazione ?). L’unico obiettivo è differire i pagamenti, purtroppo ciò genera ulteriori costi e non vi è certezza che tali differimenti siano sostenibili…

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  2. osservatore esperto 4 Ottobre 2017 08:10

    Chiacchiere. Un atto, anche se di indirizzo, ammesso che lo sia, che comporti comunque oneri a carico del bilancio, specie in assenza della sua approvazione, e che non indichi quindi la relativa copertura finanziaria con la conseguente registrazione dell’impegno contabile di spesa, è privo di efficacia e in ogni caso nullo di diritto. Chiedete a Le Donne.

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  3. 16 su 40…vergogna

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