Chiesti undici rinvii a giudizio per le complicità con il boss Nino Trovato

Chiesti undici rinvii a giudizio per le complicità con il boss Nino Trovato

Chiesti undici rinvii a giudizio per le complicità con il boss Nino Trovato

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mercoledì 08 Febbraio 2012 - 13:20

Il sotituto procuratore della Dda Giuseppe Verzera ed il collega Fabrizio Monaco della Procura ordinaria hanno chiesto undici rinvii a giudizio nell'operazione "Murazzo" per le presunte complicità con il boss di Mangialupi Nino Trovato. Le richieste riguardano l'intera famiglia Campagna che avrebbe custodito droga ed armi per contro del clan di Mangialupi.

Sono undici le richieste di rinvio a giudizio dell’operazione “Murazzo” che il 20 aprile dell’anno scorso portò all’arresto di otto persone fra affiliati e fiancheggiatori del boss di Mangialupi, Nino Trovato.
Fra questi anche un’intera famiglia, marito, moglie e tre figli, coinvolti in un imponente traffico di droga e nella custodia di armi e munizioni per conto del temuto boss. Il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Verzera e della Procura ordinaria Fabrizio Monaco, hanno chiesto che vengano processati, con l’accusa di associazione mafiosa finalizzata al traffico di droga, Letterio Campagna, la moglie Maria Passari, i figli Giovanni, Roberto e Consolato, Antonio Campagna, il boss di Mangialupi Antonino Trovato, il catanese Sebastiano Minutola, che deve rispondere dell’acquisto di alcune partite di cocaina dai Campagna, Rocco Rao e i fratelli Maria e Giuseppe Sturniolo che avevano il compito di recuperare i crediti per conto del clan, cioè i soldi delle partite di droga che non erano state pagate. Le indagini della Squadra Mobile accertarono gli stretti rapporti che intercorrevano fra la famiglia Campagna ed il clan Trovato. Il 23 gennaio di due anni fa in un casolare di proprietà dei Campagna, in contrada Murazzo a S.Filippo Superiore, gli uomini della Mobile effettuarono un blitz sequestrando un vero e proprio arsenale composto da kalashnikov, mitragliatori, fucili, detonatori, munizioni da guerra e sei chili di cocaina. In manette finì Letterio Campagna che si accollò tutte le responsabilità per la presenza di armi e munizioni nel casolare, scagionando i due figli. Gli investigatori, grazie ad una cimice piazzata nel parlatoio del carcere, seguirono tutti i movimenti della famiglia e scoprirono che a gestire il clan, dopo l’arresto di Letterio Campagna, era stata la moglie Maria Passari. La donna si recava in carcere ai colloqui con il marito e prendeva ordini. Grazie alle intercettazioni ambientali gli agenti della Mobile sequestrarono nell’aprile di due anni fa oltre due chili di cocaina nascosti, nel casolare di S.Filippo il giorno del lunedì di Pasqua durante una tradizionale festa familiare.

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