La campagna elettorale, il caso Genovese e il diritto all’informazione

La campagna elettorale, il caso Genovese e il diritto all’informazione

Pippo Trimarchi

La campagna elettorale, il caso Genovese e il diritto all’informazione

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venerdì 03 Novembre 2017 - 11:34

"Non è stato facile mantenere l'indipendenza in questi nostri primi dieci anni e non lo sarà nemmeno in futuro ma dalla nostra abbiamo il coraggio della follia: la sana follia di pensare che l’informazione onesta sia utile alla democrazia e alla crescita civile"

Nell'ultimo giorno di campagna elettorale anche per il nostro giornale è tempo di consuntivi. Abbiamo affrontato questo importante appuntamento con la passione di sempre. Ci siamo sforzati di dare spazio in maniera equanime a tutte le parti in campo. Abbiamo raccontato le miserie, gli insulti, i colpi bassi di un confronto che, vista la portata dei problemi, avrebbe dovuto mantenere toni alti e invece ha rappresentato in maniera plastica la decadenza della politica. Non ci siamo rassegnati però a quello che vedevamo e abbiamo cercato in tutti i modi di spostare il confronto sul piano dei contenuti e della progettualità dando spazio anche alle curiosità dei nostri lettori. Di tutto questo voglio ringraziare tutta la redazione e in particolare la direttrice Rosaria Brancato, la vice direttrice Danila La Torre e Silvia De Domenico che ha realizzato i servizi video.

Questa lunga cavalcata è cominciata con lo speciale dedicato alla convention di Luigi Genovese. Ritenevamo, e non avevamo torto, che questo fosse un appuntamento particolarmente significativo e volevamo che i nostri lettori potessero apprezzarne in presa diretta le diverse componenti. Dare il giusto risalto alla prova muscolare di Francantonio Genovese per il tramite di suo figlio era il modo per rendere chiara a tutti la vera natura dell'operazione che si stava mettendo in atto. Un giovane senza esperienza che aveva finora conosciuto la politica solo sui banchi di scuola veniva catapultato repentinamente in un contesto al quale prima o poi sarebbe comunque arrivato ma nei tempi giusti. Ma non si poteva aspettare, c'era l'esigenza di difendere il patrimonio elettorale di famiglia. Rispetto a questo sacro obiettivo, i genitori Francantonio Genovese e Chiara Schirò, non hanno esitato a sottoporre il loro giovane figlio ad una prova di fuoco. Sapevano il rischio che correva: l’odio, l'insofferenza di tanti cittadini messinesi verso il padre e i suoi metodi politici avrebbero potuto concentrarsi sul figlio e così in larga misura è stato.

Paradossalmente, soprattutto sul sempre più violento palcoscenico virtuale di Facebook, anche il nostro giornale è stato oggetto di critiche feroci da parte di qualcuno che ha interpretato in maniera esattamente opposta alle nostre intenzioni lo scopo che ci proponevamo raccontando con tutti i mezzi a nostra disposizione la discesa in campo del giovane erede. Hanno scritto con una certa superficialità che tutta l'attenzione da noi dedicata a Luigi Genovese era soltanto un'operazione propagandistica in suo favore. Addirittura qualcuno ha sostenuto che fossimo pagati dal padre e che comunque in virtù di questo lavoro i Genovese avrebbero gratificato il nostro giornale di una munifica propaganda elettorale. I fatti hanno dimostrato il contrario. L'unica somma spesa dalla famiglia Genovese su Tempo Stretto è stata quella davvero contenuta riservata alla promozione della convention del figlio. Non c'è stato altro. Eppure possiamo affermare con prove documentali che prima dell'iniziativa al Palacultura e dei nostri servizi su quella iniziativa erano state intrattenute trattative commerciali dalle quali non emergeva affatto l’impossibilità che una parte della campagna elettorale di Luigi Genovese si svolgesse sulle colonne del nostro giornale.

Lungi da noi affermare che la decisione di escludere Tempo Stretto dai mezzi sui quali svolgere la campagna elettorale di Luigi Genovese sia frutto di una reazione infastidita della sua famiglia al nostro lavoro giornalistico: essa sarà certamente conseguenza, come ci è stato spiegato, di una diversa e legittima strategia comunicativa che ha escluso noi come altre testate. Affermiamo questo, però, così come possiamo dire a voce alta che Tempo Stretto, a dispetto di quanti si sono precipitati a criticarlo, talvolta fermandosi ai titoli dei servizi e degli articoli, ha dimostrato anche in questa campagna elettorale la sua libertà. Lo diciamo da sempre e lo confermiamo ancora: il nostro unico padrone sono i nostri lettori. Non ci piegheremo mai a interessi di parte né arretreremo di un passo rispetto a coloro che pensassero di usare il ricatto economico per condizionare le nostre scelte. Non è stato facile mantenere l'indipendenza in questi nostri primi dieci anni e non lo sarà nemmeno in futuro ma dalla nostra abbiamo il coraggio della follia: la sana follia di pensare che l’informazione onesta sia utile alla democrazia e alla crescita civile.

Adesso la parola passa agli elettori. Francantonio Genovese ha sottratto il figlio alle luci della ribalta e, com’era scontato, ha mobilitato le sue truppe, diffuse sul territorio e sempre sensibili al richiamo del capo. Lui, al pari di molti altri politici nostrani, conosce bene gli strumenti di captazione del consenso che fanno breccia soprattutto sulle fasce più deboli, ma non solo, della popolazione e li utilizza con maestria e determinazione. Ci aspettiamo, però, da inguaribili ottimisti, che gli elettori sappiano decidere in piena libertà, valutando bene i trascorsi politici, la visione progettuale e la qualità di tutti candidati. Sarà difficile e forse anche impossibile ma se succedesse comincerebbe ad alzarsi una nuova alba per la nostra amata e martoriata Messina.

Pippo Trimarchi

2 commenti

  1. Carlo Cucinotta 3 Novembre 2017 14:56

    Concordo,come cittadino e come editore, con Trimarchi circa l’indipendenza e la vicenda “Luigi Genovese”. Il giornale che ho fondato è indipendente ma con un posizionamento “progressista” che esprime separando fatti (quasi sempre con video) dai commenti. Tempostretto è stato più bravo o fortunato perchè a noi questa indipendenza è costata “rifiuto” di aiuto (pubblicità) da destra a sinistra tanto da dover ridurre la Redazione e subire attacchi subdoli.
    Circa Luigi : io da padre non lo avrei sbattuto, senza esperienza, fra le belve a difesa del patrimonio finanziaio/politico di famiglia. La responsabilità non è di Luigi ma del padre portatore di una concezione padronale estranea a quel PD che lui ha contributo a snaturare e rovinare

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  2. MessineseAttento 3 Novembre 2017 16:09

    Ci è cresciuto tra le belve, quindi non credo sia questo il problema..

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