Antonino Marino: "Il festival della canzone italiana e Santo... Remo"

Antonino Marino: “Il festival della canzone italiana e Santo… Remo”

Antonino Marino: “Il festival della canzone italiana e Santo… Remo”

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domenica 04 Marzo 2018 - 05:35

L'affezionato lettore di Tempostretto questa volta interviene in merito al Festival di Sanremo

Quest’anno sono convinto tutti (o quasi tutti) gli appassionati della manifestazione canora, abbiano immaginato che una qualche relazione tra “Santo Remo” e le canzonette possa sicuramente esserci. E invece, cari appassionati: nisba, e fatevene una ragione, perché le canzonette, con “Santo Remo”, non c’entrano. E se qualcuno dei contendenti ha pensato di invocarlo per non arrivare ultimo nella graduatoria finale, ha innalzato l’implorazione a nessuno. Ma non perché il “povero” santo abbia deciso di iscriversi a quel gruppo di Patroni che non fanno grazie o miracoli, ma più semplicemente a motivo del fatto che nel Regno dei Cieli, un Santo che di nome fa ”Remo” non c’è e non è mai esistito. Certo, non è chiaro – ma credo non lo fosse già in occasione della prima edizione nel lontano 1951 quando con la canzone “Grazie dei fiori”Nilla Pizzi si aggiudicò la vittoria. Dicevo che non v’è certezza se con la definizione “Festival di S. Remo”, ai primordi se intendesse indicare la località in cui si svolge la manifestazione, piuttosto che intitolarla a un Santo che non esiste e dunque per dirla papale papale: il “Santo Remo” di cui si è impossessato senza pagare pegno il “Festival della canzone italiana”, non esiste neanche come leggenda, cioè proprio sconosciuto a tutte le latitudini. Qualche specialista della materia, ha adombrato l’ipotesi potersi trattare della “contrazione” dialettale di Romolo, Santo questo, presente nel Calendario Gregoriano e anche come località situata proprio nella stessa zona di “Sanremo” (tutta una parola) che, accostandoli, vengono in mente i due famosi gemelli allattati dalla lupa capitolina. Ma questa è un’altra storia. Vabbè, lasciamo stare altrimenti andiamo fuori dal seminato, senza dimenticare che di nomi strani e mai sentiti, nei nostri calendari ce ne sono a iosa. Resta il fatto che questo “Benedetto” Santo, sconosciuto anche nel campo della teologia, ha dato il nome ad un rinomato Comune della nostra bella Italia i cui abitanti, si godono dal 1951 questa popolare manifestazione canzonettistica, e che certamente avrebbero preferito essere conosciuti nel mondo, solo per il “Festival della canzonee non anche per i 195 Impiegati del Comune che dopo aver timbrato l’ingresso se ne andavano chi ad allenarsi in canoa, chi in banca oppure a sbrigare i “cavoli “propri, magari fischiettando il motivo della canzone vincitrice. Comunque, diciamola come passa, e cioè che ove mai questo Santo Remo fosse esistito veramente, e dunque si trovasse nel “Regno dei Cieli” sicuramente, avrebbe gradito poco o nulla essere intestatario di una gara canzonettistica piuttosto che di un importante evento culturale o religioso. Ecco, ero partito con l’intenzione di scrivere quattro fesserie sulle canzonette, ma quando le dita si sintonizzano col cervello e scorrono sulla tastiera senza controllo, si finisce per seguire l’istinto temporale che ti fa scivolare sul tema secondario rispetto al principale. Però, sono ancora in tempo e voglio dire la mia anche sulla bontà delle Manifestazione che a mio parere sarebbe anche ora di seppellire. Dice: “Ma non è così, il programma ha fatto ascolti stellari in tutte le serate”. Sì, ho capito, ma l’audience in TV è determinata da una serie di fattori che hanno solo parzialmente a che fare con la bontà dei programmi. Se – ad esempio – il Festival fosse stato trasmesso da una rete televisiva privata e non in chiaro, ci sarebbero stati ugualmente gli undici o dodici milioni di ascoltatori sbandierati in tutti i telegiornali RAI? Punto secondo: se i direttori delle altre reti televisive o conduttori di programmi di successo, non se la fossero “fatta addosso”andandosi a nascondere dietro film da quattro soldi o programmi del nulla, le canzonette, avrebbero avuto lo stesso numero di ascoltatori? Io molto sinceramente penso di no. Personalmente, data la mia età ormai quasi veneranda, già batterista dilettante, sono convinto che per “musica” si'intenda quella fusione di suoni, dalla quale si sprigiona quella cosa che si può chiamare in tanti modi e che molto semplicemente viene definita “melodia”. E allora – premesso che solo per curiosità mi sono sintonizzato su RAI1 al momento della proclamazione dei vincitori, dico che ho molto apprezzato il testo della canzone interpretata al duo Ermal Meta-Fabrizio Moro e mi riconosco nei tanti che ne hanno condiviso senso e significato delle frementi parole piene di rabbia. Quanto invece alla “melodia” resto del parere che un testo di quel genere andasse solo recitato e non necessariamente miscelato con una “rabbiorumorosa” miscellanea di note che di melodico hanno meno del nulla. E se qualcuno sostiene che nel caso della canzone vincitrice, la musica sia strettamente adattata al testo, scusatemi ma non condivido. Sono convinto che anche ai fatti tragici si possa adattare una melodia dolce e struggente come ad esempio nel film “La vita è bella” il cui tema è la “la shoa” e la colonna sonora composta dal Maestro Nicola Piovani ha incantato mezzo mondo. Certo – chiedo scusa per l’ironia – è facile e comodo gridare in due (forse ne bastava uno): “Non ci avete fatto niente” “Non ci avete tolto niente” “Non avete avuto niente”.Ma provate a immaginare come la pensa qualcuno che ha perso moglie, marito, figlio, o amico, e che tipo di reazione potrebbero avere se invitato a cantare la canzone vincitrice del Festival. Ho idea che respingerebbe, aggiungendo che se qualcuno di quei maledetti terroristi gli capitasse a tiro, gli metterebbe le mani al collo con rabbia, magari piangendo, singhiozzando e pronunciando il nome della persona cara uccisa, gridando: “Brutto bastardo, perché l’hai fatto” piuttosto che “Non mi avete fatto niente-Non mi avete tolto niente”. Capisco che non sia bello e comodo parlare o scrivere di una manifestazione canzonettistica facendo riferimento a fatti tragici, perché alla fin fine, la canzone dovrebbe rappresentare un momento distensivo, allegro a volte con sussulti di melodia struggente, o fischiettabile come quell’allegro motivo presentato dal Gruppo “Lo stato sociale”. Bene. Chiudo dicendo che anche le canzoni, come tutte le mode, hanno purtroppo la loro epoca e i loro momenti. Cambiano i tempi e le generazioni, cambiano gli artisti e le preferenze musicali; ma non drammatizziamo, perché: “Sono ss..sono ss.. sono solo canzonette”. E così sia.

Antonino Marino

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