Recuperare le periferie per vivere meglio tutti

Recuperare le periferie per vivere meglio tutti

Pippo Trimarchi

Recuperare le periferie per vivere meglio tutti

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lunedì 16 Aprile 2018 - 15:09

L'assurdo episodio di violenza accaduto sabato pomeriggio in pieno centro cittadino va punito secondo giustizia ma rimane comunque l'espressione di una condizione di degrado che va affrontata con un'efficace azione di recupero delle aree emarginate della città.

I problemi delle periferie cittadine salgono alla ribalta solo durante la campagna elettorale. All’improvviso candidati che magari non le hanno mai neanche viste, assurgono a paladini del loro destino, assumendo impegni solenni che puntualmente vengono smentiti nel momento in cui ci si siede sulle poltrone da cui veramente si potrebbe fare qualcosa e non si fa. Anche la mia potrebbe essere considerata l’ennesima giaculatoria contro il sistema, l’ennesimo appello buonista in favore dei deboli abbandonati al loro destino. Non lo è. Uso il mio pensiero solo per dire che, oggi più che mai, risolvere i problemi delle periferie assume una rilevanza di carattere generale e una svolta in questo campo significherebbe davvero creare le condizioni per migliorare la vita di tutti, anche dei più forti e privilegiati.

D’altra parte Messina è diventata un’unica grande periferia. Sulle vie di quello che consideriamo il centro, ogni sera scende il coprifuoco e la desolazione prende il sopravvento come in qualsiasi altra realtà emarginata. Gli episodi di violenza, come quello capitato sabato scorso e raccontato da un nostro lettore si ripetono, suscitando grande sgomento. Sono vicende che addolorano e che potrebbero accadere ad ognuno dei nostri figli. Simili episodi non sono affatto da sottovalutare e ai ragazzi che hanno subìto l’aggressione va la nostra solidarietà: loro e i loro genitori devono sentire che tutti noi cittadini siamo al loro fianco e che quello che è successo a loro è come se fosse successo a noi stessi.

Adesso è giusto e necessario che l’apparato repressivo intervenga e individui i responsabili. Ma quando questo accadrà e anche qualora le forze dell’ordine riuscissero ad assicurare un presidio costante del territorio a fini preventivi, il problema non sarebbe risolto. Perché limitarsi a questa pur fondamentale attività, sarebbe come curare la febbre e non già la malattia di cui è sintomo.

La malattia, in questo caso, è la sconfitta delle istituzioni nel loro complesso, incapaci di trasmettere i valori di civilltà e di rispetto verso l’altro anche nei quartieri più difficili. Da tempo enormi porzioni di territorio cittadino vengono lasciate al loro destino. Se, in questi contesti, i giovani crescono in famiglie che non considerano la violenza un disvalore, se la scuola non riesce a colmare le lacune educative delle famiglie, se il comune non sa sviluppare un’azione coordinata e organica che riesca a canalizzare in positivo le energie dei ragazzi, attratti dal vortice della prevaricazione come unico sistema per l’affermazione di sé stessi, se tutto questo accade, come in effetti accade, continueranno a ripetersi episodi spiacevoli. La città continuerà a sentirsi assediata, ma soprattutto le situazioni sociali rimarranno cristallizzate, non ci saranno quelle contaminazioni positive che nel confronto evoluto di aspirazioni, idee e sentimenti fanno crescere e migliorare un’intera comunità.

Non è utopia, è necessità. Non si esce dalla mediocrità che riguarda tutti se non si affrontano queste problematiche. E anche se ci si limitasse a considerare solo l’aspetto etico di questa esigenza, basterebbe a reclamare un’azione decisa da parte di chi si propone di amministrare la città e di tutte le realtà istituzionali chiamate a svolgere il loro dovere e a far sentire la loro presenza positiva.

Pippo Trimarchi

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