A Torregrotta la vicenda di un piccolo imprenditore ostaggio della burocrazia

A Torregrotta la vicenda di un piccolo imprenditore ostaggio della burocrazia

Giovanni Passalacqua

A Torregrotta la vicenda di un piccolo imprenditore ostaggio della burocrazia

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lunedì 22 Settembre 2014 - 11:34

Giuseppe Barrilà ha rilevato una licenza di rivendita giornali, ma il SUAP del suo comune si rifiuta di trasferire l'edicola nella nuova ubicazione a causa di una norma abrogata dal governo Monti, ma non dalla Regione Sicilia.

“A cosa serve parlare di riforme per la crescita se una norma abrogata nel 2012 può paralizzare un imprenditore?” L’amarezza di Giuseppe Barrilà, 26enne commerciante di Torregrotta, è l’amarezza di un giovane ragazzo costretto a confrontarsi con una burocrazia soffocante e una politica inefficiente.

La vicenda inizia l’inverno scorso, quando Barrilà decide di avviare una cartolibreria, acquistando da un’anziana signora anche una licenza per la rivendita di giornali. L’anziana, tuttavia, non può sostenere i costi di adeguamento del vecchio locale in cui l’edicola era ubicata; così, il giovane imprenditore decide di spostare la sua attività in via Nazionale. E proprio questo spostamento diventerà causa delle tribolazioni di Barrilà. Il SUAP – Sportello Unico per le Attività Produttive – di Torregrotta inibisce infatti la vendita di giornali all’attività, rifacendosi alla circolare regionale n. 3 del 18/12/2012 che invita i comuni al rispetto dei piani di localizzazione per la vendita dei giornali. Il cavillo è la distanza, che dev’essere di 350 metri tra un rivenditore autorizzato e l’altro. Se non fosse che questa norma è stata abrogata, a livello nazionale, dal Decreto Legislativo 1/2012, approvato dal governo Monti per recepire le direttive comunitarie in materia di liberalizzazioni.

“La risposta del SUAP mi ha spiazzato” – commenta Barrilà, – “così ho deciso di analizzare il Piano di localizzazione del comune. A parte la presenza di due attività in più rispetto al limite di legge, ho segnalato la non attualità del piano stesso e la sua difformità rispetto alla nuova situazione esistente”. La risposta della responsabile dell’area tecnica, Vincenza Crisà, ha confermato che il piano comunale non ha più applicazione, ma ha anche evidenziato l’incertezza del quadro giuridico regionale e la conseguente impossibilità di rilasciare l’autorizzazione. “E le sentenze del TAR? O la sentenza n. 01945 del Consiglio di Stato? Ho persino chiesto un parere al Ministero dello Sviluppo Economico, che mi ha risposto il 27 aprile scorso, e anche in questo caso il suggerimento è di adeguarsi alle “molteplici disposizioni di liberalizzazione introdotte con gli ultimi interventi normativi (…), vista la non applicabilità di limiti e restrizioni”. La comunicazione conclude che ”non risulta condivisibile il presupposto in base al quale il Comune ha inibito il trasferimento dell’attività, visto che un divieto fondato sul richiamo a un vecchio piano di localizzazione non può comportare una programmazione non più rispondente ai principi e criteri introdotti”. Anche l’Agcom ha rilevato che l’incertezza interpretativa generata dalla norma “ha portato taluni enti locali a ritenere l’attuale persistenza dei vincoli suddetti nel settore specifico”, ma non da indicazioni sulle possibili interpretazioni, limitandosi a segnalare il caso agli organi di governo.

A questo punto, la situazione si complica ulteriormente. Il 21 luglio, il comune manda a Barrilà una richiesta di integrazione della documentazione, chiedendo una dichiarazione di responsabilità sul rispetto della distanza fra due punti di vendita. “In pratica, mi hanno chiesto di autocertificare il falso! Non ci sono i 350 m previsti tra la mia attività e le altre, né devono esserci: perché mai allora avrei dovuto presentare quest’integrazione?” Il giovane espone le sue perplessità al SUAP con una comunicazione scritta; la risposta, pervenutagli il 12 agosto, è lapidaria: “Considerato che non è pervenuto nei termini il documento richiesto circa il rispetto dei limiti imposti dalla legislazione vigente e alla luce dell’autorevole parere espresso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, si archivia la pratica in quanto non conforme”.

“In questi mesi ho scritto a quasi tutte le istituzioni esistenti, cercando di risolvere la situazione con il buonsenso. A distanza di quasi un anno, non c’è più nemmeno la pratica che dovrebbe garantirmi la possibilità di rivendere giornali. Se a breve la Regione non si adeguerà alle norme comunitarie e nazionali, non mi resterà altra strada che il ricorso diretto alla giustizia, e probabilmente non soltanto quella amministrativa. La mia speranza è che il DDL di riforma del settore del commercio, approvata dalla giunta regionale nel novembre scorso, passi finalmente in Parlamento. E’ assurdo che lo Statuto Speciale sia per la nostra regione una penalizzazione piuttosto che un incentivo. Il comportamento del Comune, poi, mi lascia a bocca aperta. Non mi resta che aspettare”.

Giovanni Passalacqua

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