“Il figlio di Saul”, in lotta contro la barbarie

“Il figlio di Saul”, in lotta contro la barbarie

Tosi Siragusa

“Il figlio di Saul”, in lotta contro la barbarie

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lunedì 21 Marzo 2016 - 23:07

Sulla rotta della decima musa: il debutto del regista ungherese Làszlò Nemes vincitore dell'Oscar come Miglior film straniero. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Proveniente dal Festival di Cannes, dove è stata acclamata e vincitrice meritoriamente del Grand Prix e, successivamente, dell’Oscar quale Miglior film straniero, nel solco della rassegna “Giovedì d’autore”, si è tenuta la visione di “Il figlio di Saul”, opera prima dell’ungherese Làszlò Nemes, cineasta di grande valore.

Pur se inserito nel filone dei film sulla Shoah, il lungometraggio se ne discosta, mettendo il focus sul protagonista, denominato Saul e lasciando fuori campo i mucchi di morti e i massacri, facendoci però udire i latrati dei cani, gli ordini urlati, le preghiere a fior di labbra…. Insomma l’immane orrore di Auschwitz nel 1944. L’ebreo ungherese Saul ha l’ingrato ruolo nel campo di concentramento ove è rinchiuso, di rimuovere i corpi dalle camere a gas e cremarli: fa parte infatti dei Sonderkommando, fin quando non sarà lui ad andare incontro al medesimo destino. L’atrocità della corale condizione dei prigionieri appartenenti alle diverse tipologie ad uso e consumo degli aguzzini tedeschi, fa da contraltare alla vicenda del “padre” Saul che, avendo ravvisato in uno dei cadaveri il proprio figlio, giunge all’ardita giusta decisione di rischiare il tutto per tutto pur di conferirgli una degna sepoltura, al cospetto di un rabbino che reciti il Kaddish, e far sì che il suo corpo venga preservato e non bruciato, come tutti gli altri, estratti per questo dalle camere a gas. Ciò peraltro potrà consentire a Saul di recuperare un qualche frammento di umanità e espiazione al cospetto di quel male assoluto.

L’opera, sul piano registico, è, in uno, superba e devastante, e l’interpretazione, magnifica, del poeta Gèza Rohrig (nella sua caparbia sfida a quella nera barbarie che vorrebbe sottrarre per sempre i morti al ricordo dei viventi) unitamente a quella di Levente Molnar, Sàndor Zsòtèr, Todd Charmont, Urs Rechn, la rendono indimenticabile. La sceneggiatura, le scenografie, la fotografia, tutto è magicamente riuscito in questo capolavoro, certo di non facile visione e radicale, dove la muta paura regna indisturbata, fin quando non si riesce a concepire il barlume di un riscatto.

Tosi Siragusa

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