Genius. Un viaggio letterario sull’orlo dell’abisso

Genius. Un viaggio letterario sull’orlo dell’abisso

Tosi Siragusa

Genius. Un viaggio letterario sull’orlo dell’abisso

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sabato 19 Novembre 2016 - 23:07

Sulla rotta della decima musa: il celeberrimo editor W. M. Perkins fu il pigmalione di Fitzgerald ed Hemingway, ma il genio del titolo è il ribelle Thomas Wolfe. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Presentato al festival di Berlino 2016 con la regia di Michael Grandage, alla sua opera prima cinematografica dopo anni di lavoro in ambito teatrale, questo originale biopic è basato su una biografia di A. Scott Berg Max Perkins. L’editor dei geni, sceneggiato da John Logan e incentrato sulla figura dell’editore, nello specifico William Maxwel Perkins, brillante scopritore di talenti. Il film è stato presentato alla Scuola Holden e tratta dello speciale rapporto fra quell’editor e alcuni scrittori americani, suoi autori prediletti e pietre miliari del ‘900: Thomas Wolfe è, fra questi, il genio dell’intitolazione, lo scrittore fuori dagli schemi, il narratore torrenziale e tormentato, precocemente deceduto (in Italia rimasto quasi ignorato diversamente dai contemporanei autori Fitzgerald e Hemingway).

L’opera cinematografica tratta della storia di Perkins, leggendaria figura della casa editrice Charles Scribner’s Sons: senza di lui probabilmente i due romanzi di Wolfe Angelo, guarda il passato e Il fiume e il tempo, come anche Il Grande Gatsby, Fiesta, Il sole sorgerà ancora e Addio alle armi, non sarebbero mai divenute le opere iconiche che sono e i loro autori capisaldi di una generazione letteraria. Il lungometraggio mette in luce il rapporto complesso, che generò grandi successi editoriali, ma anche grandi dissapori, in particolare fra l’editore e il ribelle Wolfe. Il talento di Perkins fu scovare dei capolavori fra i copiosi manoscritti del giovane e allora sconosciuto Wolfe, e fra loro si generò una speciale collaborazione, pur se particolarmente problematica. È questo il simbolico ritratto di un’epoca che precede il tracollo finanziario alla fine degli anni ’20 del ‘900, ancora per noi attraente per la resa di alcune figure chiave della letteratura americana di quel periodo, ma irrimediabilmente perduta.

L’opera non è del tutto convincente per il suo ritmo lento e la trama a tratti un po’ inconcludente, e, pur se si presenta carica di metafore, con spunti interessanti di riflessione, i personaggi descritti non risultano molto approfonditi. I costumi appaiono invece ineccepibili, come le scenografie di sapore nostalgico; le accattivanti musiche sono di Adam Cork. Validi tutti gli interpreti: da Jude Law, lo scrittore protagonista, recentemente in auge per la sua ottima resa della figura di un giovane pontefice americano nella controversia miniserie tv The Young Pope di Sorrentino, a Colin Firth, l’editor, attore inglese perfetta incarnazione della scuola british – premio Oscar nel 2009 per Il discorso del re, per molti famoso per esser stato Mark Darcy nei film ispirati a Bridget Jones e da ultimo frequentemente in produzione, alla ricerca di vicende intriganti da portare sul grande schermo -; e ancora, Nicole Kidman, nel ruolo di Aline Bernstein, artista e tormentata amante del genio, che sembra volersi annullare per quell’amore incontrollabile e per lei umiliante (l’attrice ha presenziato al Museum of Modern Art di New York in occasione della premiere di Genius, in compagnia di Jude Law e sarà prossimamente a Broadway nel ruolo di Rosalind Franklin, scienziata che scoprì il DNA, in Photograph 51), Guy Pearce è poi Francis Scott Fitzgerald, Dominic West Ernest Hemingway e Laura Linney è Louise Saunders, moglie comprensiva dell’editore. Già in programmazione presso l’UCI Cinemas, è ancora in visione presso la saletta Fasola del Multisala Apollo. Giudizio: più che discreto, 7 e ½.

Tosi Siragusa

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