“La foresta dei sogni”, in fuga dal proprio destino

“La foresta dei sogni”, in fuga dal proprio destino

Tosi Siragusa

“La foresta dei sogni”, in fuga dal proprio destino

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giovedì 28 Aprile 2016 - 22:07

Sulla rotta della decima musa: morte e strane coincidenze nel nuovo film di Gus Van Sant. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Nella foresta di Aokigahara, ai piedi del monte Fuji, sovente la vita di molti giapponesi trova temine con l’estremo gesto del suicidio. All’ultimo festival di Cannes il pubblico ha accolto con favore “La foresta dei sogni”, la critica è stata invece, divisa, positiva nei paesi orientali e negativa soprattutto in quelli anglosassoni, attaccando in modo particolare il regista Gus Van Sant (già autore di “Elephant e Milk”) e definendolo “un talento smarrito”.

La sceneggiatura di Chris Sparling è ben dispiegata, pur se il filmaker la maneggia con valente immaginazione. Certo, la tematica è di difficile ricezione, impostata come è sullo scontro fra scienza e spiritualità, ma si può anche parlare di una intensa storia d’amore e di una sorta di puzzle, giocato tra punti di vista opposti su vita e morte. Un’importante sequenza è quella in cui il protagonista, Arthur, monologa sui lievi segnali, che arrivano a determinare la fine di un sentimento, tante piccole cose non dette. Anche la morte è tematica ricorrente nelle opere filmiche di Van Sant: ed è normale, impastato, come è di essa il nostro presente, quando invece la nostra epoca ha di fatto svilito i grandi temi (amore e morte) rendendoli, l’uno, come inutili peripezie, e l’altro, come morte addomesticata. Il rapporto fine-vita peraltro in Giappone è rituale, imprescindibile dall’esistenza stessa.

Arthur è reso da Matthew McConaughey, e con l’aspetto stravolto e lo sguardo smarrito, con il suo biglietto di sola andata, è chiaro da subito come stia cercando nella magnificenza della foresta un posto per la propria morte. Quando ha già ingoiato alcune pillole letali incontra un essere umano che vaga smarrito, con i polsi tagliati. È Takumi Nakamura (interpretato da Ken Watanabe) che venuto meno al proposito di darsi la morte, cerca di fuggire dalla foresta e far ritorno alla propria vita. Arthur lo soccorre e avrà così inizio un dialogo fra esseri di opposta formazione che, durante dei flashback, disvelano le ragioni delle rispettive disperazioni: per Arthur una devastante crisi con la moglie (Naomi Watts), per Takumi un fallimento professionale. Il montatore italiano è Pietro Scala. In conclusione, un lungometraggio controverso, di non facile definizione.

Tosi Siragusa

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