Messinesi in trasferta: le storie degli insegnanti che ieri hanno manifestato a Catania contro Renzi

Messinesi in trasferta: le storie degli insegnanti che ieri hanno manifestato a Catania contro Renzi

Eleonora Corace

Messinesi in trasferta: le storie degli insegnanti che ieri hanno manifestato a Catania contro Renzi

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mercoledì 06 Maggio 2015 - 06:46

Il pullman della Cgil partito da Messina per la manifestazione contro la scuola di Renzi indetta a Catania, era costituito da insegnanti, precari e personale Ata – molti anche dalla provincia di Messina – tutti uniti per dire “No” al disegno di legge preparato dal Governo Renzi sulla scuola

Partenza da Tremestieri, puntualissimi. E’ pieno il pullman organizzato dalla Cgil che da Messina ha raggiunto Catania per la manifestazione indetta da tutte le sigle sindacali contro il disegno di legge sulla scuola al vaglio del Governo Renzi. Tanta gente si è svegliata all’alba, partendo dalla Provincia. Otto insegnanti salgono a Capo D’Orlando. Unita e agguerrita come non capitava da tempi immemorabili, forse nemmeno la riforma Gelmini e l’onda di dissenso che ha generato nel 2008 aveva portato tanti lavoratori della scuola a scendere in piazza. Una nota positiva che è stata più volte sottolineata anche sul pullman: “Almeno Renzi ci ha unito tutti”. E ad essere uniti non sono solo gli insegnanti, ma anche tutto il personale della scuola. Il dissenso al nuovo disegno di legge è trasversale e compatto.

Le storie dei messinesi che sono partiti per la manifestazione a Catania illustrano bene il disagio trasversale che attraversa il mondo dell’istruzione pubblica. La professoressa Celesti insegna a Lentini, un’ora e mezza di viaggio tutti i giorni dal lunedì al venerdì. “Se passa la riforma così com’è – spiega – bloccheranno i trasferimenti, perché si parla di istituire degli elenchi regionali”.

Grazia Maria Pistorino, segretario generale della Flc Cgil Messina, ci racconta la sua storia per mostrare una fotografia della scuola italiana e dei suoi problemi: “Ho cominciato nel 2008, l’anno dei tagli e della Gelmini, da allora ho assistito ad una progressiva diminuzione della qualità della scuola pubblica. Ho visto, anche a Messina, istituti con 17 plessi e 14 collaboratori scolastici, istituti di quartieri a rischio senza personale. Le scuole sono private delle compresenze, che nei quartieri disagiati rappresentano una risorsa fondamentale. Il discorso del 2 X 1000, racchiuso nel ddl è di per sé un discorso classista. Da una scuola costituzionale di pari opportunità passiamo ad una scuola che si finanzia con i soldi dei più ricchi. Qualcuno ha pensato alle conseguenze che questo comporterà nei quartieri più disagiati? E alle ricadute sul dislivello Nord-Sud? Il modello che si ha in mente è quello di una scuola di tipo anglosassone-americano, cancellando la nostra scuola che vanta una tradizione di grandi pedagogisti. Vista la situazione che la scuola pubblica vive da anni io sono stata spinta dai miei stessi colleghi ad intraprendere la strada del sindacato. Allora ero alla scuola Trimarchi del Rione Taormina, un posto difficile dove c’era però un gruppo molto motivato di colleghi che non chiedevano mai il trasferimento perché credevano nel loro lavoro”.

Il dott. Sinagria fa parte del personale Ata e dichiara di essere andato a Catania per il piacere di poter esercitare un diritto, quello di scioperare. “Non ne possiamo più – racconta – da sei anni abbiamo il contratto scaduto. Nel frattempo è aumentato il prezzo della vita ma lo stipendio è rimasto sempre uguale. Nel contratto di lavoro ci sono doveri ma anche diritti. Questa riforma tenta di cancellarli. Io sono qui oggi per questo, per il diritto di manifestare”.

Il prof. Cicero è un giovane insegnante di musica in una scuola media di Cosenza, precario già da 5 anni. Con la nuova riforma, rischia di non poter tornare ad insegnare nel nuovo ano scolastico che inizierà in autunno. “Faccio parte di un carteggio in seconda fascia di istituto – spiega – corso abilitante Pass, a cui poteva accedere chi aveva già tre anni di servizio. Questa forma di abilitazione, infatti, è stata suggerita dall’Unione Europea per chi aveva già un minimo di tre anni di servizio. Adesso ci dicono che per insegnare dobbiamo fare direttamente il concorso. Abbiamo speso migliaia di euro per abilitarci, ma ora non passeremo di ruolo e a settembre rischiamo di non poter tornare ad insegnare. Pure chi ha trentasei mesi di contratto a settembre non può andare a lavorare”.

Per le vie del centro di Catania, oltre 10mila persone hanno sfilato tra docenti, personale scolastico, studenti e tutte le sigle sindacali contro la riforma della “buona scuola” di Renzi dietro lo striscione di apertura del corteo che metteva in chiaro: “La buona scuola siamo noi”. Sindacati e manifestanti da Messina – presente anche la Cisl – hanno scelto di partecipare alla manifestazione della città etnea poiché si prestava ad essere – insieme a Palermo – la piattaforma più importante della protesta. Il cordone che si snodava per le vie di Catania ha riunito nei suoi vari spezzoni tantissime provincie e realtà di movimento regionali. Tutti uniti per difendere la scuola pubblica, ossia il futuro dei bambini di oggi che domani guideranno il nostro Paese. Uno striscione in mezzo ai tanti del corteo recitava – accanto ad un fotomontaggio di Renzi bambino che gioca con una scuola di lego e la scritta “La grande Sola” – una frase di Nelson Mandela: “C’è un solo modo per svelare l’anima di chi governa una comunità: osservate come tratta i bambini e gli insegnanti”.

(Eleonora Corace)

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