“Dionysus – Il dio nato due volte”, il trionfo dell’istinto

“Dionysus – Il dio nato due volte”, il trionfo dell’istinto

Tosi Siragusa

“Dionysus – Il dio nato due volte”, il trionfo dell’istinto

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martedì 27 Settembre 2016 - 06:50

Nello spettacolo di Daniele Salvo tratto dalle Baccanti di Euripide la tremenda vendetta del dio dell’irrazionalità

Daniele Salvo ha realizzato questo spettacolo di arte teatrale performativa, traendo il testo da “Le Baccanti” di Euripide e così il teatro antico di Taormina, consistentemente affollato nella serata del 24 settembre, è stato ideale palcoscenico di questa rivisitazione intitolata“Dionysus – Il dio nato due volte”.

Che lo spettacolo si sia basato su un’ottimale produzione (Tieffe Teatro Milano, Teatro di Constanta, Michele Di Dio Management con l'Associazione Culturale DIDE) è stato da subito ben chiaro, perché dalla regia alle interpretazioni e al coro delle Menadi urlanti, dalle scene alle musiche, dal trucco al parrucco, tutto ha ben funzionato. In particolare, splendide sono apparse le scenografie, nel loro accecante bianco minimalismo accentuato dalle bianche luci e dai candidi indumenti delle Baccanti. Ben noto il soggetto classico: Dioniso, figlio di Zeus e Semele, una mortale, pur se di natura divina, era stato però disconosciuto dalle zie, sorelle della genitrice defunta per vendetta di Era (ebbe quale levatrice la folgore), ed in particolare dal figlio di Agave (una di esse), Penteo, re di Tebe. Nel prologo Bacco afferma di essere sceso sulla terra per riuscire a persuadere i tebani sul suo essere dio; la prima mossa, fondamentale, è stata istillare nelle donne di Tebe il seme della follia e farle ritirare, scalmanate, sulle pendici del monte Citerone, per celebrare, ebbre del prodotto della vite, i riti orgiastici, in onore del dio. Il gran rifiuto di Penteo di accettare che Dioniso non sia solo un gran seduttore che ha creato una sorta di diavoleria solo per adescare le donne, sarà per lui inizio di immane sofferenza, e invano Cadmo, il nonno, unitamente al canuto indovino Tiresia, tenteranno di dissuaderlo e fargli riconoscere la divinità di Bacco. Tremenda sarà la vendetta dionisiaca contro i miscredenti, fino a generare l’efferata uccisione di Penteo sul monte ad opera della madre Agave (che ne esibirà il capo come trofeo) e delle scalmanate sorelle. Il capo cornuto, bandendo il tirso, le Baccanti, vestite di pelle di cerbiatto e in preda al delirio, continuano ad intonare danze e canti con urla, inneggiando a Dioniso, fino al terribile risveglio ed al ritorno alle proprie coscienze.

Perfetta la resa di Manuela Kustermann, prima fra le baccanti e poi quale dolente madre rinsavita e esterrefatta dall’avere generato quel massacro; convincente anche Cadmo, reso da Paolo Bessegato, e con piglio autorevole il Tiresia di Paolo Lorimer. Penteo, interpretato da Ivan Alovisio, è apparso forse un po’ troppo sbeffeggiante, urlante e sopra le righe. Infine, Dioniso è stato sapientemente reso dallo stesso Daniele Salvo. In conclusione, lo spettacolo è apparso di particolare interesse anche per quella metafora, più che sottesa, quell’interazione cioè fra Dioniso e il teatro stesso, laddove il dio del vino e della follia viene universalmente ascritto quale nume tutelare dell’arte teatrale, intesa come libertà degli istinti, quale espressione primordiale cioè del proprio sé, della naturalità e della componente irrazionale che si può liberare nei riti bacchici. Dioniso è dio dell’invasamento profetico, dunque, dell’ispirazione. E’ antichissima divinità della vegetazione e simbolo di fertilità, in origine dio del vino, non tanto per raggiungere l’ebbrezza, quanto per l’oblio del dolore e l’esperienza mistica: Nietzsche, intuendo la dialettica fra apollineo e dionisiaco, recupererà il senso del dionisismo rispetto ai fraintendimenti generati in età ellenistica e nel mondo romano. Luogo di provenienza del culto secondo Euripide è, infine, la Lidia.

Tosi Siragusa

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