Il lago dei cigni, l'incanto della tradizione

Il lago dei cigni, l’incanto della tradizione

giovanni francio

Il lago dei cigni, l’incanto della tradizione

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domenica 11 Dicembre 2016 - 23:07

Pregevole performance del Balletto di Mosca nel famoso capolavoro di Cajkovskij

Venerdì 9 dicembre è andato in scena al Teatro Mandanici di Barcellona Pozzo di Gotto il famosissimo balletto di P.I. Cajkovskij, Il lago dei cigni, con le tradizionali coreografie di Petipa. Una doverosa premessa: se ho potuto scrivere questa modesta recensione è solo grazie ad un posto di fortuna trovato libero all’inizio della seconda parte dello spettacolo, durante l’intervallo, dopo aver assistito a gran parte dello spettacolo in piedi. Infatti, la postazione riservata dalla direzione del Teatro Mandanici alla stampa è particolarmente infelice, collocata in un palco estremamente laterale, che non permette in alcun modo la vista del palcoscenico e che mi ha costretto ad abbandonare dopo pochi minuti la mia postazione, resomi conto che altrimenti non avrei potuto scrivere alcunché.

Primo dei grandi balletti (seguiranno La bella addormentata e lo Schiaccianoci), di P.I. Cajkovskij, fu eseguito la prima volta al teatro Bolsoj di Mosca nel 1877 con esito quasi fallimentare, anche a causa della scarsa qualità dei ballerini e della modestia della coreografia. Successivamente, nel febbraio 1894, grazie a Marius Petipa, il balletto fu riproposto nel solo secondo atto al teatro Marijnskij dell’odierna San Pietroburgo, e fu un enorme successo, ma purtroppo Cajkovskij non potè assistervi, morto precocemente qualche mese prima. Con Il lago dei cigni si porta al massimo livello l’evoluzione del balletto che aveva avuto come precursore Giselle del musicista francese Adam – balletto a cui il musicista russo assistette a soli dodici anni e ne fu enormemente colpito. I passi di danza non sono più episodi staccati e fine a se stessi ma fanno parte di uno sviluppo unitario, un elemento del dramma musicale. In Cajkovskij la musica non si limita ad essere mero accompagnamento dei passi di danza ideati dal coreografo, ma assurge a principale protagonista, raggiungendo una intensità di espressione ed una raffinatezza nell’orchestrazione mai udite prima nei balletti romantici francesi, ed infatti dal Lago dei cigni, come del resto dagli altri due grandi balletti di Cajkovskij, è stata tratta una suite per orchestra, che comprende i brani più belli (il tema del cigno, l’elegantissimo valzer iniziale, la famosa danza dei piccoli cigni, ecc.) ancora oggi molto eseguita, anche se non fu realizzata da Cajkovskij. Il lago dei cigni è il simbolo della vittoria del bene sul male, della purezza dell’amore assoluto sull’inganno. La favola, resa immortale dalla musica del grande compositore russo, narra la vicenda del principe Sigfried per il compleanno del quale la regina dà una festa al castello, per permettere al figlio di scegliere la sua futura sposa. Il principe però non ha voglia di conoscere le fanciulle invitate al ballo, e preferisce andare a caccia. A questo punto fa la sua prima apparizione il meraviglioso tema, lunare e romantico, motivo celeberrimo e indimenticabile, vero leitmotiv di tutta l’opera, che rappresenta i cigni, ovvero le fanciulle trasformate in cigno da un incantesimo del mago Rothbart, che riprendono le loro vere sembianze solo di notte. Fra queste c’è Odette, che racconta a Sigfried del suo triste destino, ed è amore a prima vista. Solo chi amerà la fanciulla di un amore assoluto e fedele potrà rompere l’incantesimo. Il principe allora invita al ballo la fanciulla, ma al suo posto si presenta Odile (il cigno nero) accompagnata dal padre, (il mago), identica a Odette. Sigfried cade nell’inganno e la sceglie come sposa, ma proprio in quel momento da una finestra del castello si vede Odette trasformata in cigno, Sigfried la riconosce e si precipita a cercarla. L’ultimo atto raffigura la lotta fra il principe Sigfried ed il mago (le forze del bene contro quelle del male) e naturalmente la forza dell’amore assoluto trionferà sul maligno. Fra i balletti più celebri ed eseguiti di tutti i tempi, vi troviamo fra le musiche più ispirate del musicista russo. L’elemento fantastico e fiabesco dà modo a Cajkovskij di esprimere tutta la sua migliore vena malinconica e crepuscolare.

Il Balletto di Mosca ha portato in scena una versione secondo i canoni della tradizione, rispettando i passi di danza, ormai celebri in tutto il mondo, di Petipa. Ottima la resa del balletto da arte di un corpo di ballo di tutto rispetto, sia nelle scene d’insieme, eseguite con eccellente coordinazione, sia numerosi passi di danza (danza ungherese, spagnola ecc.) con ballerini comprimari di ottimo livello. Molto bene i solisti, Sergh Kliachin nel ruolo del principe Sigfried, e la splendida Natalia Lazebnikova, nel doppio ruolo di Odette e di Odile, che ha differenziato in maniera efficace i due ruoli, energica e travolgente nel ruolo di Odile, aggraziatissima e leggiadra in quello del cigno bianco. Molto bella la coreografia e le scene di Anton Maltsev, un interno del castello con eleganti vetrate colorate nello sfondo nel primo e terzo atto, un meraviglioso paesaggio notturno con il lago incastonato fra i monti ed il castello sullo sfondo.

Uno spettacolo superbo, graditissimo da parte del pubblico che ha gremito il Mandanici, teatro fortunato per aver potuto ospitare simile evento, fortuna che quest’anno si è invece mostrata avara nei confronti del povero Teatro di Messina, (ma non è certo colpa della fortuna!) la cui stagione musicale è stata pressoché azzerata, nella quasi totale indifferenza della città.

Giovanni Franciò

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