Opera Corsara. Omaggio al maestro

Opera Corsara. Omaggio al maestro

Laura Giacobbe

Opera Corsara. Omaggio al maestro

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giovedì 22 Dicembre 2016 - 13:22

Per la regia di Roberto Bonaventura, una pièce che racconta la figura del compositore messinese Orazio Corsaro, scomparso lo scorso aprile.

Secondo appuntamento per la rassegna teatrale Atto Unico – Scene di vita. Vite di scena. Grande la commozione che ha accompagnato il debutto di Opera Corsara, lo spettacolo prodotto dall’associazione culturale Castello di Sancio, realizzato per ricordare e raccontare, con gli occhi di chi ne è stato fortunato ed intimo amico, la figura di Orazio Corsaro.

Compositore, docente di storia della musica ed etnomusicologia, esperto di strumenti antichi legati alla tradizione locale, come la fisarmonica e la zampogna, delle quali era abile suonatore al punto da superare i repertori tipicamente legati al singolo strumento, per sfociare nel blues, nel jazz o perfino nel rock. Genio misconsciuto. Così lo ricordano gli amici Roberto Bonaventura (alla regia), Monia Alfieri, Gianluca Cesale e Giovanni Boncoddo (in scena), attraverso una pièce che traccia un evocativo parallelismo tra la figura del maestro scomparso e quella del leggendario Settecani, personaggio immaginario protagonista dell’omonimo racconto di Cinzia Pierangelini.

Settecani è un clochard che vive ai margini di una piccola comunità, di quelle in cui il diverso equivale al diavolo in persona, specie se ha lunga barba incolta, piedi scalzi, occhi ambigui e sette grosse bestie che lo seguono ovunque vada. Per questo tutti lo tengono a distanza. Tutti eccetto due bambini, che al contrario da quella figura misteriosa sono attratti ed affascinati. Lo immaginano un pirata giramondo, che dietro quello sguardo silenzioso nasconde chissà quali affascinanti segreti. Così lo seguono fino alla sua dimora, una capanna isolata, sulla collina. Dentro, pochi oggetti: un giaciglio, una Bibbia, ed il magico strumento ricavato dalla pelle della pecora. Con la curiosità genuina delle anime innocenti, Totò e Momò si avvicinano, compiono il passo che la comunità non è pronta a fare, né lo sarà mai. Imparano a conoscere quell’omone silenzioso, ne ascoltano le storie, e tra i tre si istaura un legame inscindibile, che nemmeno l’astio e la crudeltà insensata del mondo potranno spezzare.

I brani del maestro riempiono la scena, grazie al supporto di Maurizio Salemi al violoncello e Giuseppe Ruggeri alla tromba, oltre che al lavoro di editing svolto su alcune di esse da Giovanni Puliafito (suo collaboratore). Il dispiegarsi del racconto è intersecato da brevi frammenti di vita del maestro, mentre la voce di Giovanni Boncoddo dà vita a questa figura, dai tratti evanescenti, nella quale i due uomini si sovrappongono fino a confondersi. Simili nell’aspetto, lo stesso fascino e la stessa ricchezza di umanità ed esperienza, la stessa profondità d’animo, viva nella memoria e nel cuore di chi oggi si sente come quei due bambini, quando alla fine della storia la capanna è vuota… un po’ smarrito, sì, ma più ricco dentro e sicuro di una presenza costante, che non potrà svanire mai, finché ci sarà chi ne terrà vivo il ricordo.

Il plauso è d’obbligo, tanto alla regia quanto agli interpreti. La difficoltà nel mettere in piedi uno spettacolo nel quale è il coinvolgimento emotivo è forte non ha fatto, in questo caso, che amplificarne la bellezza e la veridicità.

Laura Giacobbe

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