Pupetto ed io. L’età dell’oro

Pupetto ed io. L’età dell’oro

Domenico Colosi

Pupetto ed io. L’età dell’oro

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lunedì 06 Marzo 2017 - 14:07

Nel primo appuntamento alla Sala Laudamo della rassegna Atto Unico il magmatico omaggio di Maurizio Marchetti a Donato “Pupetto” Castellaneta

“Cicciolina è meglio di Strehler”. Una frase in linea con il personaggio di Donato “Pupetto” Castellaneta, pugliese sanguigno, irriverente e passionale, efficace caratterista, esperto scespiriano, artista figurativo, comunista. Un maestro per intere generazioni di attori transitato per un lungo periodo anche nella città dello Stretto. Il suo ricordo, nitido per centinaia di teatranti messinesi, è la spia di una nostalgia per un’epoca compiuta, un’età dell’oro dove l’artigianato si elevava con saggezza al rango di arte. Sempre presente, Pupetto, catalizzatore delle migliori energie di una stagione trionfale. Un patrimonio in dismissione.

Inizia dalla sala obitoriale del cimitero del Verano il lungo viaggio di Maurizio Marchetti intorno alla figura di Pupetto, l’uomo che iniziò Gian Maria Volonté alla politica, l’artista incapace di resistere alle tentazioni. In una Sala Laudamo semideserta (nuova location per la rassegna Atto Unico di QA-QuasiAnonimaProduzioni) l’attore messinese dispiega la storia di una grande amicizia per rinnovare una promessa d’amore al mondo del teatro: un lungo percorso dal fastoso Gattopardo di Franco Enriquez del 1979 all’avventura romana di Chi ha messo le mutande nel forno?, in mezzo i nomi di Valeria Moriconi, Gianni Cavina, Flavio Bucci. Storie e aneddoti a profusione in una narrazione magmatica che utilizza il rapporto con Pupetto come espediente manzoniano per parlare di un’altra società, di dinamiche oramai estranee; anche una dose di cosciente narcisismo ad arricchire un racconto che spesso si lascia trasportare nei territori dell’invettiva, della satira di costume, della denuncia verso l’attuale lassismo culturale. Un monologo travolgente che rinuncia al senso della misura per riaffermare la stessa libertà di Pupetto, uomo estraneo alle sterili convenzioni. Un dato che emerge chiaramente anche dai numerosi omaggi video proiettati nel corso della serata: dalle parole di Cecilia Foti, Vincenzo Bonaventura, Oreste De Pasquale, Antonio Alveario e tanti altri amici di Pupetto l’immagine di una personalità carismatica, gaudente, impetuosa in mille slanci di gratuita generosità.

Appare sacrificato, in questo contesto, l’accompagnamento musicale firmato dal chitarrista Tony Canto e dal polistrumentista Giancarlo Parisi, sempre sullo sfondo di una prova recitativa pronta ad abbandonarsi, tra curiosità ed evocazioni, anche ai sentiti omaggi verso Achille Campanile e Vladimir Bukovsky fino alla proiezione (fuori programma) del cortometraggio Raoul not Making di Salvo Cuccia e Gaspare Pasciuta, lavoro che ritrae Pupetto durante le riprese di un film siciliano del grande cineasta cileno Raoul Ruiz. Una maratona onnicomprensiva che esalta le doti di un Marchetti libero di volteggiare senza requie tra gli argomenti più cari: racconti degli anni ruggenti.

Domenico Colosi

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