“Shakespeare Horror Story”, una sanguinosa discesa agli inferi

“Shakespeare Horror Story”, una sanguinosa discesa agli inferi

Domenico Colosi

“Shakespeare Horror Story”, una sanguinosa discesa agli inferi

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domenica 10 Luglio 2016 - 09:58

Seducente allestimento al Forte San Salvatore per il lavoro realizzato dal regista messinese Daniele Gonciaruk con 35 allievi della Scuola Sociale di Teatro. Lo spettacolo andrà in replica anche stasera e dal 15 al 17 luglio

Vittima di uno stupro, le mani mozzate, la lingua strappata: Lavinia, la casta figlia di Tito Andronico, è martire della vendetta di Tamora, regina dei Goti condotta in catene a Roma dal generale che l’ha privata dell’amato figlio Alarbo. Poco più avanti Otello uccide Desdemona colto da irrazionale gelosia, Riccardo III seduce Lady Anna di fronte al catafalco del fratello Edoardo IV, Goneril e Regan pagano l’ipocrisia mostrata al vecchio padre, l’incoerente Re Lear. Il senso di Amleto per il suicidio, Giulietta vittima di faide familiari, Tamora inconsapevole degustatrice della carne dei propri figli: una lenta discesa agli inferi, sposi della morte dopo un lungo, sanguinoso, corteggiamento.

Per la prima volta negli ultimi anni il Forte San Salvatore apre le sue porte al teatro: in occasione dei quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare, il regista messinese Daniele Gonciaruk porta in scena con gli allievi della Scuola Sociale di Teatro la violenza incontrollata tratta dalle pagine più turpi mai scritte dal Bardo, un inquietante calvario dove la ragione è sottomessa alle regole di un primitivo istinto di brutalità e sopraffazione. Partenza in pullman dalla Stazione centrale, approdo al Forte previo necessario passaggio burocratico ad opera dei responsabili della Marina Militare: a bordo il becchino introduce i temi dell’opera recitando il noto monologo del principe Amleto, poi l’arrivo ai piedi della Madonnina, con le streghe di Macbeth a maledire i protagonisti delle vicende pronte a dispiegarsi sotto gli occhi degli spettatori. Un continuo andirivieni tra terrazze e sale anguste, i gabbiani a volo basso sullo Stretto, il mare nero, indifferente, sullo sfondo. Brillante l’animatore delle Officine Dagoruk a razionalizzare le risorse a disposizione: 35 allievi dai 14 ai 75 anni perfettamente calibrati nella più autentica realizzazione di un laboratorio teatrale tra giochi dada, momenti maggiormente didascalici, innovazione e tradizione. A fare da filo conduttore proprio la storia del generale Tito Andronico (interpretato dallo stesso Gonciaruk) per un collage di volti, versi e personaggi che non accusa passaggi a vuoto. Nessuno sembra aspettarsi una storia compiuta, ma una semplice collezione di atmosfere pulp: impressioni sfumate da un allestimento ingegnoso che relega a semplice contrappunto o a beffardo siparietto quel che è estraneo agli atti della prima tragedia scritta da Shakespeare, struttura già definitiva se l’intento è quello di esaltare la violenza in tutte le sue forme, con la seduzione femminile o l’ignavia del potere come necessarie introduzioni per un finale già scritto; a lume di torcia, con le streghe fedeli guardiane dei malefici illustrati. Inevitabili alcune menzioni, pur rientrando lo spettacolo nell’ambito di semplice laboratorio: dalla suadente Tamora (Sabrina Samperi) al buffonesco ​Saturnino (Stefano Stagno) fino a Lucio (Antonio Previti) per quanto concerne il “Tito Andronico”, cui è necessario aggiungere il perfido Riccardo III interpretato da Eugenio Enea e il convincente maestro di cerimonie/becchino Giuseppe Sgro.

Simile per intuizioni agli “Esterni scespiriani” proposti da Alfonso Santagata alla Badiazza nello scorso mese di settembre, “Shakespeare Horror Story” rappresenta l’ideale continuazione del discorso aperto da Gonciaruk nella passata stagione con “I masnadieri” di Schiller: un teatro liberato da facili buonismi, ancorato ad un’idea del classico come metafora del presente ed impregnato da un oramai caratteristico stile neogotico (preziosa, in questo senso, la consulenza ai costumi di Cristina Ipsaro Passione). “La bellezza da sola persuade gli occhi degli uomini senza aver bisogno di avvocati”.

Domenico Colosi

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