“E naufragar m’è dolce in questo mare”, il penetrante pensiero leopardiano

“E naufragar m’è dolce in questo mare”, il penetrante pensiero leopardiano

Tosi Siragusa

“E naufragar m’è dolce in questo mare”, il penetrante pensiero leopardiano

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venerdì 03 Giugno 2016 - 22:07

Se la poesia leopardiana rimane uno degli esiti massimi della letteratura, anche il Leopardi prosatore impegnato nella storia a lui coeva e consapevole delle ragioni degli eventi del suo tempo è stato da tempo rivalutato, come l’uomo Leopardi

Dopo la manifestazione conclusiva di “Tindari Teatro Giovani”, con la vittoria di Cyrano de Bergerac il 22 maggio al Teatro Antico di Tindari (di origini greche e rimaneggiato in epoca romana), si è svolto lo spettacolo concerto a tre voci che ha incantato gli spettatori presenti. Le interpretazioni degli artisti indiscussi Ugo Pagliai e Paola Gassman in un tributo al Leopardi poeta e prosatore, che non ha trascurato di scandagliare aspetti misconosciuti del mito letterario, sono state peraltro arricchite dal melodioso suono eseguito al pianoforte da Gilda Buttà.

Si è trattato dell’apertura della stagione estiva, che per l’amministrazione comunale di Patti si preannuncia importante, ricorrendo il 60° anno dalla prima rappresentazione presso il sito archeologico appartenente al demanio culturale regionale siciliano gestito dalla Soprintendenza BB CC di Messina. E così in uno scenario paesaggistico sempre mozzafiato la coppia attoriale si è per lo più alternata: l’incipit affidato alla Gassman ha avuto funzione di guidarci in un viaggio attraverso le pagine leopardiane, non solo l’ideale plenilunio, ma l’altra faccia della luna del poeta, filosofo e intellettuale, dell’uomo Giacomo, che ha orchestrato e registrato abilmente il proprio sentire fra strazi, abbandoni, disillusioni. Il “Canto Notturno di un pastore errante dell’Asia”, lirica attraverso cui Pagliai ci ha restituito le domande cosmiche leopardiane: “Questo vagar mio breve ove tende?”, il senso profondo dell’esistenza nella solidarietà verso l’umano stato, l’arrovellarsi diuturno: “Se la vita è sventura perché da noi si dura?” per concludere che in qualsivoglia forma vivente è sempre “funesto a chi nasce il dì natale”. E se il notissimo “Passero solitario” della Gassman ci ha accorati, il registro è mutato con la lettera “a Brighenti e risata” da “Zibaldone”, ove Pagliai ha ben centrato i toni più accesi per evidenziare che ciascun uomo è nemico di tutti gli altri, ma chi ha il coraggio di ridere è al di sopra degli altri: poiché terribile è il potere del riso, condendo il tutto con una risata agghiacciante da manuale. Il raccordo fra i due interpreti ha poi condotto abilmente la satira del “Dialogo fra un cavallo e un bue”, ove le due bestie anno ragionato sul fatto che il perimento dell’intera stirpe umana – che a furia di vizi si era rimpicciolita – è passato inosservato al mondo; “Il sabato del villaggio” e le sue pittoresche immagini campestri e paesane hanno trovato espressione con la Gassman, Pagliai invece ci ha riportato alla feroce ironia del letterato con “Lettera alla marchesa Roberti”, firmata la befana. L’attrice ha poi proseguito con “Saggi e discorsi da Storia dell’astronomia”, e ancora, Pagliai ci ha condotto, nell’universo personale leopardiano attraverso la resa di pagine dell’epistolario di Giacomo con il fratello Carlo, ove sono state raccontate le amorose pene per la sua relazione con una donna maritata non più giovane (Teresa Malvezzi) e l’indifferenza delle donne romane nei suoi confronti, quelle “bestie femminine piene di ipocrisia” che “non la danno” e la corruzione dei religiosi romani e dello stesso Pio VII. La Gassman in “Passata è la tempesta” ci ha riportato sulle alte e elegiache vette con interrogativi quali “Son questi i doni tuoi natura?”. Dopo la lettura di un brano da i ricordi d’infanzia e di adolescenza, le figure di Silvia e Leonora sono emerse a mezzo di un ulteriore raccordo fra gli interpreti e sono ritornate le incessanti domande (senza risposta): ”Natura, perché non rendi poi quel che prometti allora?”. Dopo averci edotti che nel 1875 Nietzsche definì Leopardi il più grande prosatore del secolo e averci raccontato la morte del Sommo, il 14 giugno 1837, a causa da ultimo dell’asma, mentre Paolina Ranieri gli detergeva il sudore, a testimonianza dell’esistenza della sua opera sono risuonati i versi celeberrimi di “A se stesso” e “L’infinito”.

Dal canto suo Gilda Buttà ha prodotto note struggenti per sugellare cotanta grandezza anche attraverso l’apporto dell’arte musicale, sia classica che filmica che jazzistica, toccando le più alte sfere con l’esecuzione della Ballata n°1 di Chopin e “The piano” di Nyman, colonna sonora del film “Lezioni di piano”, che ha elegantemente chiuso la serata in un tripudio di applausi. In attesa del prosieguo delle manifestazioni anche del “Teatro dei due mari” e dell’associazione “Nuovi teatri”, che ha già allestito un’ottima rappresentazione dell’Alcesti nel testo “revisionato” da Marguerite Yourcenar.

Tosi Siragusa

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