Lo Schiaccianoci, una raffinata evasione

Lo Schiaccianoci, una raffinata evasione

giovanni francio

Lo Schiaccianoci, una raffinata evasione

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lunedì 29 Gennaio 2018 - 13:00

Una coreografia sobria e minimalista non tradisce il più classico dei balletti russi.

Dopo Il lago dei cigni, andato in scena lo scorso novembre, ecco un’altra produzione del Balletto di Milano diretto da Carlo Pesta, Lo Schiaccianoci, il famosissimo balletto di P.I. Cajkovskij. Appartenente a quella magica triade, completata da La bella Addormentata, – che a questo punto ci si augura possa essere rappresentata la prossima stagione – la stagione musicale del Teatro Vittorio Emanuele ha ospitato questo balletto tipicamente natalizio, il terzo dei grandi balletti di P.I. Cajkovskij.

Tratto da un racconto di E.T.A. Hoffmann, ed eseguito la prima volta al teatro Marijnskij dell’odierna San Pietroburgo nel 1982, con la coreografia iniziata da Petipa ma portata a termine da LevIvanov, il balletto racconta infatti, in due atti, una favola natalizia. In breve: Clara, la figlia del sindaco Stahlbaum, alla vigilia di natale, durante i festeggiamenti con altri ragazzi attorno all’albero, riceve in dono da un amico del padre, Drosselmeyer, uno schiaccianoci. Verso la fine della festa Clara, molto stanca, si addormenta su una sedia ed inizia il suo sogno fantastico: un esercito di topi che cercano di rubare lo schiaccianoci, il giocattolo che diventa un essere vivente e comanda un esercito contro i topi, la sconfitta del re topo colpito dalla scarpetta lanciatagli da Clara, e la trasformazione dello schiaccianoci in un bellissimo principe, con la conclusione del primo atto. Nel secondo atto Clara ed il principe – Schiaccianoci intraprendono un viaggio favoloso nel castello della fata Confetto, dove hanno luogo le varie famosissime danze (Spagnola, Araba, Cinese, Russa, degli Zufoli, – rese celebri anche dal film di Walt Disney “Fantasia”),fino al celeberrimo Valzer dei Fiori, vero capolavoro orchestrale. Finalmente dopo il commovente “Pas de deux”, musica sublime caratterizzata dall’accompagnamento in arpeggi delle arpe, il “Valzer Finale e Apoteosi” riportano Clara e lo Schiaccianoci nella casa paterna, fine del sogno. I tre grandi balletti di Cajkovskij rappresentano dei capisaldi della storia del balletto, e nello stesso tempo costituiscono una rivoluzione in questa forma d’arte, in quanto la musica non si limita ad essere mero accompagnamento dei passi di danza ideati dal coreografo, ma assurge a principale protagonista, raggiungendo una intensità di espressione ed una raffinatezza nell’orchestrazione mai udite prima nei balletti romantici francesi, gettando le basi per i futuri balletti moderni, in particolare di Stravinskij e Prokofiev. Dai tre balletti sono state tratte delle suites per orchestra, ancora oggi molto eseguite, ma solo quella dallo Schiaccianoci fu realizzata da Cajkovskij stesso. Lo Schiaccianoci è uno dei balletti più celebri ed eseguiti di tutti i tempi, e costituisce una “Summa” della poetica musicale di Cajkovskij. Infatti vi troviamo fra le musiche più dolci e ispirate composte dal musicista russo, come la “scena della foresta dei pini”, la “scena del palazzo incantato della fata confetto”, il “valzer dei fiori”, il “valzer dei fiocchi di neve”, il “Pas de deux”, per citare solo alcuni esempi. Da una storia di pura fantasia il musicista trae spunto per esprimere i suoi sentimenti più profondi, in particolare la malinconica nostalgia per quel mondo perduto rappresentato dall’infanzia. Ma Lo Schiaccianoci riveste anche una rilevante importanza storica, essendo forse il primo balletto dove viene utilizzata la celesta, uno strumento inventato in Francia proprio pochi anni prima della rappresentazione del balletto, utilizzato nella danza della fata Confetto.

Mentre l’innovativa scenografia ed i costumi anni 20 che abbiamo ammirato nel Lago dei cigni trovavano una spiegazione logica con la lettura in chiave moderna data al primo balletto del compositore russo – Sigfried appartenente ad una ricca famiglia borghese, ribellione del figlio alla volontà del padre vista come ribellione ai voleri dell’autorità per perseguire i propri sogni ed ideali – in questo caso il balletto rispecchia fedelmente la narrazione tradizionale, pertanto lo svecchiamento operato da Pesta, rispecchiato dalla coreografia di Federico Veratti e dai costumi forniti dall’Atelier Bianchi di Milano, se pur gradevole ed interessante, è sembrato non indispensabile, un po’ gratuito, che non può reggere il confronto con le tradizionali coreografie classiche di Petipa. In particolare l’ambiente quasi minimalista del primo atto, i costumi degli anni 20, i colori pastello, un albero di natale geometrico, uniti alle particolari movenze istrioniche di Drosselmeyer – molto bravo Alessandro Orlando – e alla estrema vivacità dei bambini (comunque molto bravi, in particolare Lorenzo Bottaro nella parte di Fritz), ha reso più “quotidiana” e meno sfarzosa l’intera scena, anche se non sono mancate trovate sceniche particolarmente riuscite, come lo schieramento dei soldati che affrontano i topi, comandati dal burattino/schiaccianoci che dopo la battaglia diventerà un principe. Più tradizionale il secondo atto, con un meraviglioso bosco innevato nello sfondo, e efficaci passi nelle celebri danze (Spagnola, Araba, Cinese, Russa, degli Zufoli) con i danzatori del corpo di ballo tutti all’altezza del compito. Bellissimo il celebre “Pas de deux”, che ha visto una elegante e suggestiva performance, molto applaudita dal numeroso pubblico, dei due ballerini principali, Giordana Roberto (Clara) e soprattutto Federico Mella (il principe) protagonista anche di eccellenti prove solistiche nel corso del balletto. Uno spettacolo nel complesso più che convincente, tanto da auspicare che questa proficua collaborazione del Balletto di Milano con il Teatro Vittorio Emanuele prosegua anche la prossima stagione, magari con La bella addormentata o anche con un balletto più moderno, e, budget permettendo, con la presenza dell’orchestra.

Giovanni Franciò

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