Henri Cartier-Bresson, il mistero dell’evidenza

Henri Cartier-Bresson, il mistero dell’evidenza

Tosi Siragusa

Henri Cartier-Bresson, il mistero dell’evidenza

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mercoledì 06 Dicembre 2017 - 08:15

Successo di pubblico per l'esposizione palermitana dedicata al grande fotografo francese

La galleria di arte moderna GAM di Palermo sta ospitando un evento nel vero senso della parola: 140 scatti del sommo fotografo Henri Cartier-Bresson, una mostra ad oggi a ragione molto frequentata da esperti, amatori e profani: non solo per gli addetti ai lavori, dunque, ma rivolta a chi cerca il mistero dell’evidenza. Quelle immagini infatti celano questo segreto, che le rende accattivanti e inimitabili.

L’artista, nato nel 1908 a Chanteloup-en-Brie e con una lunga e feconda vita in dotazione (se ne è andato nel 2004, dopo aver dato vita anche ad una importante fondazione a suo nome) è giustamente divenuto mitico e punto di riferimento, come altri grandissimi: ad esempio il fotografo di guerra Robert Capa, con lui fondatore dell’Agenzia “Magnum”, presto divenuta una comunità di pensiero. Cartier-Bresson è stato mirabile negli scatti a personaggi noti – da Jean Paul Sartre a Ezra Pound – o a soggetti qualunque, scelti, o meglio prescelti, per poter cogliere il loro silenzio interiore in particolari istanti, in tal guisa fermati e, data l’altissima qualità, consegnati alla Storia. Fotografie le sue in grado di custodire l’enigma dell’evidenza, attraverso il momento decisivo, o, più spesso, la sequenza di momenti irripetibili che ne generavano eternità. Preponderante è sempre stato il suo rispetto per i fatti, e il desiderio di trascriverli attraverso gli scatti con le sue amate Leica (ne utilizzava ben cinque contemporaneamente) ove il tiro fotografico equivaleva per lui al block notes, era strumento dell’intuito che registrava istantaneamente, detentore dell’attimo. I contorni, la dimensione letteraria venivano scompigliati, quelli che imprigionano, punteggiando le figure e consentendo la loro reinvenzione.

Vedere per lui era tutto, e per giungere a questo “obiettivo” si rendeva necessario allineare cervello – occhio – cuore, e per questo quelle foto dal vivo, non costruite, si pongono oggi tra i grandi “delitti” dell’anima. Bisognava, secondo il suo pensiero, condividere le qualità umane per riuscire – come l’artista ha fatto – a rappresentarle. Si trattava per lui di un modo di vivere, che esigeva senso geometrico; fotografare, insomma, per Cartier-Bresson era un modo di essere al mondo, un’attitudine, l’Attitudine. E se il tempo che fluisce ininterrotto può essere raggiunto solo al momento della nostra morte e la foto è come una mannaia, che nell’eternità coglie l’istante che l’ha abbagliata, si intuisce come Cartier-Bresson quella finitudine l’avesse combattuta, trascesa, superata attraverso la sua opera. Emblematica poi la sua maniera di rappresentare, attraverso gli scatti, i momenti storici più salienti, cogliendone aspetti che potrebbero sembrare marginali, ma che erano semplicemente altri, e andavano ad arricchire i connotati dell’evento, come è accaduto, e solo a titolo esemplificativo, per le foto sulla costruzione del muro di Berlino, con riprese dalla parte ovest della città tedesca.

L’artista era per il resto molto critico rispetto alle classificazioni della fotografia all’interno delle Arti, semplicemente non era interessato a ciò che reputava essere puro esercizio stilistico, attratto come era dall’essenza delle cose. Egli cercava con una scommessa ambiziosa di rappresentare tempi e mondi e, attraverso i personaggi e la sfida alle loro realtà, con corrispondenza visiva nella composizione quasi pittorica delle inquadrature, con intrecci e rimandi mentali, di rendere comprensibili i loro stati d’animo. La completa carrellata di scatti, esposta alla GAM, è giustamente suddivisa secondo riferimenti territoriali, il che ci consente di apprezzare tra l’altro la capacità del fotografo e fotoreporter (che si occupò anche di disegni) di raggiungere ogni latitudine del globo, ivi compresi luoghi insoliti, lontanissimi per noi anche razionalmente. La foto del salto attraverso la pozzanghera, annoverata a ragione fra le grandi, è quella rappresentativa della eccellente mostra.

Tosi Siragusa

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