Del 2017 gettiamo via le vecchie abitudini e le tendenze dure a sparire. Impariamo il coraggio di aprire le finestre ai cambiamenti.
Per mia natura l’anno che verrà è sempre favoloso e migliore di quello che l’ha preceduto e l’1 gennaio è la festa che preferisco. Pianto un seme con la certezza che crescerà. Così il 31 dicembre è per me il giorno dei bilanci (per lo più brevi), appena il tempo di mettermi tutto alle spalle e pensare a quello che ho da fare.
Sono una fan di quello che nella filosofia orientale si chiama Feng Shui e quello che gli americani, che hanno più senso pratico, chiamano space clearing: in parole povere gettare via la roba vecchia per fare posto al nuovo.
Non si tratta solo di rovistare nei cassetti di casa, ma di cominciare da lì per togliere quello che rende pesante la nostra vita e aprire le porte ai cambiamenti. Gli ingombri, i “clutter”, sono tutto ciò che ci impedisce di progredire e che invece teniamo morbosamente vicino a noi perché abbiamo paura dei cambiamenti e magari riteniamo che il “male minore”, o il male già noto, sia migliore di ciò che non conosciamo.
La “roba vecchia” sono anche le tendenze che abbiamo, le abitudini dure a morire, o semplicemente ciò che di brutto il 2017 ha portato. Gettare via la “roba vecchia”, significa semplicemente liberarvi di vecchi comportamenti, quelli che vi appesantiscono l’anima.
Messina ha urgenza di una bella operazione di feng shui per fare spazio a cambiamenti necessari e inevitabili, dimenticando sindromi di Stoccolma e vecchi souvenir ricordo di tempi che non ci sono più.
Quello che mi sgomenta di più a fine dicembre 2017 è vedere che i problemi della città sono esattamente gli stessi del 1 gennaio. In 12 mesi la situazione non è avanzata di un solo passo, abbiamo gettato via 365 giorni preziosi ed irripetibili.
Non è cambiata di una sola virgola la problematica dell’Autorità portuale, la continuità territoriale, la dismissione di Trenitalia, i problemi nell’erogazione idrica, il balletto sui bilanci tra consiglio comunale e amministrazione. Ed anche quest’anno stasera si terrà la seduta del Consiglio a causa della pessima e vecchia abitudine dell’amministrazione di presentare all’ultimo secondo utile gli strumenti finanziari e dell’altrettanto vecchia e nota abitudine dell’Aula nel compiacerla e assecondarla.
Se c’è una cosa che dobbiamo gettare via dalla finestra è l’IMMOBILISMO, la nostra tendenza tipicamente buddace a parlare più che fare ed a lasciare che guai e soprusi ci scorrano sopra “calati iuncu che passa la china”.
Gettiamo via tutti i tappeti rossi usati per le passerelle, le vetrine, i riflettori serviti solo ad una politica in stile Minculpop tutta annunci e propaganda e zero sostanza.
Gettiamo la Peggior campagna elettorale degli ultimi 30 anni, basata su oceani di odio. Temo, anzi sono certa, che quella che è appena iniziata per le Politiche di marzo sarà IDENTICA alle nostre Regionali e sarà amplificata su scala nazionale.
Archivierei quella roba indecorosa che è stato il balletto sulla sfiducia ad Accorinti a febbraio, un’offesa all’intelligenza dei giornalisti costretti a scrivere di una farsa e alla pazienza dei messinesi impotenti di fronte a tutto.
Passiamo alle tendenze: Messina deve liberare gli armadi dai “vecchi vestiti” che tiene in ricordo della lontana gioventù. Vintage è bello e i corsi e ricorsi arrivano puntuali, quella gonna da figlia dei fiori si può anche conservare per 40 anni, ma: è una gonna bellissima, ma oggi abbiamo tanti anni e tanti chili in più. Messina era bellissima ma non ci serve una Messina vintage, serve una nuova bellissima Messina, con nuove gonne a fiori e nuove scarpe comode ed eleganti.
Smettiamola di vivere usando soltanto lo specchietto retrovisore e di conservare quei “souvenir” di un passato che non torna.
Liberiamo i cassetti dalla tendenza alla LAMENTELA, all’invidia dell’erba del vicino, al mummuriamento seriale. La lamentela è come quelle bottiglie di spumante che hai conservato per 10 anni e appena le apri fanno: plof….. (e hanno pure un terribile sapore, un retrogusto amaro).
Nel 2017 sono spuntati tantissimi germogli, dall’arte alla cultura, dalle iniziative di solidarietà a quelle imprenditoriali, proposte urbanistiche, progetti per la città. Ma i germogli hanno bisogno di aria. Se non li innaffiamo, se li bruciamo perché sono cresciuti nel balcone del vicino, se sono circondati da erbacce, ataviche abitudini e tendenze negative, soffocheranno. Mi piace pensare che quei germogli siano come il Bambù cinese, il cui seme resta sottoterra per 5 anni e non vedi nulla. Invece fa radici profonde ed ampie. Poi, all’improvviso, dopo 5 anni ti spunta una pianta che può crescere altissima.
Del 2017 getterei le vecchie abitudini dell’urna, l’astensionismo, il voto condizionato dal bisogno. Se la nostra casa è piena di pacchi di pasta, di scatole piene di promesse mai mantenute, di briciole cadute dalla tovaglia di qualche potente, non ci sarà mai spazio per la libertà del voto di opinione, per la bellezza delle ideologie.
Apriamo la vetrina del salotto e buttiamo per sempre quell’ascia di guerra che usano a Messina Guelfi e Ghibellini ormai da troppi anni.
All’amministrazione Accorinti e ad alcuni politici direi di buttare via la tendenza che impedisce loro di accettare le critiche, che sono segno di democrazia e non di lesa maestà.
Conserverei del 2017 quel che l’Atm e la Messinambiente (periodo Natale Cucè) ha registrato, i germogli avviati tra le tante iniziative culturali e teatrali, la scoperta e riscoperta della bellezza storica e nascosta della città grazie a decine di storici, volontari, appassionati, l’inaugurazione del Museo. Terrei i comizi in piazza e le raccolte di firme.
Recuperiamo il senso della memoria non per operazioni nostalgiche ma per chiederci, ad esempio: com’è finita, dopo milioni di promesse e di politici che hanno suonato a Piazza Cairoli, con gli ex Servirail? Chiediamoci perché se la Corte Costituzionale ha “cassato” prima il Porcellum e poi l’Italicum, adesso governo e Parlamento ci hanno riproposto il terzo gemello, ovvero il Rosatellum 2? Usiamo la memoria al momento del voto e non mettiamo le X per quei partiti che in cima al listino blindato mettono persone che non sanno neanche dove sia Messina. Votiamo chi si impegna a fare una nuova legge elettorale fatta per i cittadini e non per l’auto conservazione della casta degli eletti. Spero che il 4 marzo, da Udine a Palermo passando per Bari e Roma non vengano confermati la metà dei parlamentari che sta lì da 10 o 20 anni. Non è un fatto personale, ma se il Paese affonda, se i nostri giovani vanno a Londra anche per fare i camerieri perché è persino preferibile farlo lì che non qui, la responsabilità è loro.
Non è colpa di Saturno contro se la Sicilia sta morendo.
Del 2017 conservo le belle leggi, quella sulle Unioni civili e quella sul testamento biologico. Se l’Italia arriva ultima a questi due traguardi di civiltà è anche a causa di chi in Parlamento negli ultimi 15 anni, ha fatto la guerra al progresso, facendo da ZAVORRA ed appesantendo gli armadi delle Camere con abiti del Medio evo. I tendaggi della Regina Vittoria saranno pure belli, ma se li metti davanti alle finestre di casa tua impediscono al sole ed alla luce di entrare. Senza luce i germogli muoiono.
Un’altra cosa da archiviare è la tiritera sull’onestà (che unisce gli accorintiani ai 5stelle). L’onestà non è il logo di un partito o copyright di un gruppo di persone, l’onestà è “patrimonio dell’umanità”. Mi piacerebbe ascoltare altre parole che finiscono con la a con l’accento: capacità, professionalità, funzionalità.
Getterei anche quel pendolo nel salotto dei Tribunali sincronizzato con le elezioni. Non è sano che a decidere, prima, dopo o durante, gli esiti elettorali siano le procure. Non mi piace l’uso mediatico della giustizia. Sogno un 2018 con i magistrati che fanno i magistrati ed i politici che fanno i politici. Gli uni al servizio della giustizia e gli altri al servizio della comunità.
Getterei via l’egocentrismo. Non siamo noi il centro del mondo, ma il mondo deve entrare nel nostro cuore. Coltiviamo la gentilezza, sentimento ormai fuori moda.
In ultimo, nei giorni scorsi ho letto una frase all’interno del “Tagliere” nella Galleria Vittorio Emanuele: “In questo locale non c’è wi fi: parlatevi”. Il fatto che in un ristorante si senta il bisogno di scrivere quell’invito è simbolico di una comunità nella quale persino a tavola siamo al telefono, siamo divisi.
Abbiamo perso l’abitudine alla CONDIVISIONE, AL DIALOGO, al guardarci negli occhi, a ridere di fronte ad un fatto reale.
Degli anni scorsi terrei l’abitudine a PARLARCI. Di tutto, sempre, senza barriere e pregiudizi, senza urlare. E se questa abitudine l’avete gettata dal balcone nel 2016, nel 2015, recuperatela, spegnete il pc, il telefono, e cercatela, ovunque sia nel frattempo finita.
Rosaria Brancato
DOTT.SSA BRANCATO MESSINA HA BISOGNO SOLTANTO DI SAPER VIVERE E RAGIONARE, SOLO QUESTO. NON C’E’ BISOGNO DI SCOMODARE FILOSOFIE TEORIE DI ARREDAMENTO O SAPER VIVERE ASIATICHE.
Il coraggio di saper cambiare prevede quella visione di un futuro in cui ,dati i rapidissimi cambiamenti , immaginare un nuovo domani fatto di sfide, condivisioni, gioco di squadra e , sopra tutto, il coraggio di mettersi in discussione, sempre. Dalle nostre parti ,invece, si procede nella opposta direzione auto-commiserandoci e parlare sempre dei problemi e mai delle possibili soluzioni. Il cambiamento culturale, ammesso che un giorno avvenga, sarà tardivo ed inutile, dato il gap incolmabile che le nuove tecnologie e la nuova ignoranza strumentale ha creato.