Attivato il protocollo che mette insieme investigatori e compagnie assicurative per combattere il fenomeno dei falsi incidenti, un business milionario che attira anche la mafia. Il caso Barcellona.
Un incidente su 4 è falso. E a rischio frode oggi sono non soltanto i sinistri auto: le truffe si sono allargate agli infortuni, agli incidenti sul lavoro. La Sicilia è, insieme alla Campania e la Puglia, una delle regioni dove questo fenomeno assume caratteristiche particolari, non soltanto per l’elevato numero dei falsi incidenti, ma perché coinvolge anche i professionisti che ruotano intorno al business, dai carrozzieri ai medici.
Lo sanno bene le compagnie assicurative, alle quali i falsi sinistri costano parecchi soldi. “Soltanto in Sicilia su 250 mila sinistri stimiamo che almeno il 25% non sia reale o comunque “gonfiato” – spiega Massimo Trefielletti, responsabile del servizio antifrode dell’Ania, l’organismo che raccoglie le compagnie assicurative e che gestisce la banca dati sinistri, una sorta di archivio unico a disposizione di tutte le assicurazioni e che consente di individuare più facilmente i soggetti che denunciano un numero elevati di incidenti. A Messina, in alcune aree specifiche, l'incidenza sfiora il 70%.
A pagarne lo scotto non sono soltanto le compagnie, perché proprio l’incidenza del fenomeno è causa della differenza nelle varie aree del paese del costo delle polizze, più care al sud anche del doppio.
In provincia di Messina, Barcellona è un caso nazionale: qui negli anni passati le famiglie mafiose hanno trattato le truffe alle compagnie assicurative come uno dei loro business tradizionali: i facili ed elevati guadagni assicurano introiti più elevati e meno rischiosi del pizzo. Qualche anno fa un pentito ammise che anche la mafia è interessata: “I soldi dei falsi incidenti non vanno a finire nella cassa comune del clan ma ogni famiglia li gestisce autonomamente”, spiegò agli investigatori Santo Gullo, il meccanico di Oliveri pentitosi nel 2009 che contribuì alle maxi retate antimafia Gotha.
Già nel decennio scorso le principali compagnie assicurative si erano accorte che i nuclei familiari che denunciavano un elevatissimo e anomalo numero di incidenti sostanzialmente coincidevano con i cognomi dei principali esponenti del clan. L’effetto è stato il fuggi fuggi generale delle assicurazioni, che sul territorio non hanno più agenzie.
Eppure la giustizia può fare poco: perché spesso le singole assicurazioni non riescono ad avere il quadro completo, operando sul singolo incidente o quasi, e avendo difficoltà a sporgere querela. La prescrizione poi fa il resto. Negli anni sono state molte le inchieste sulle frodi assicurative, dalla maxi Strike a Messina a “indennizzo” su Barcellona, passando da Firs Aid sulla zona jonica. Quasi tutti i processi fanno i conti con la mannaia della prescrizione. Nessuna inchiesta, infine, è stata ancora in grado di correlare il fenomeno con gli interessi delle mafie.
Oggi però sia le compagnie assicurative che le Procure hanno uno strumento in più. Perché proprio l’Ania mette insieme le sigle assicurative dall’altro e le fa sedere al tavolo con gli investigatori dall’altro. A cominciare da Messina, ovviamente. E’ stato così varato il protocollo antifrode, sottoscritto dall’Ania, dalla Unipol e dalle Procure di Messina, Barcellona e Patti.
“Abbiamo studiato dei meccanismi operativi che consentiranno agli investigatori pubblici e alle compagnie di interagire, scambiando informazioni importanti per smascherare i falsi incidenti”, spiega l’avvocato Luigi Tambone, consulente dell’organismo nazionale e promotore del protocollo.
Al protocollo, aggiunge Treffieletti, avviato a livello nazionale lo scorso anno, hanno aderito ventuno compagnie, quasi il 90% del portafoglio, e il Fondo vittime della strada. Ogni assicurazione, quindi, avrà un referente in grado di dialogare con le procure, che dal canto proprio attiveranno un pool di magistrati specializzati.
“Sono particolarmente contento per la sottoscrizione di questo protocollo”, dice il procuratore generale Vincenzo Barbaro, che ha sottoscritto il protocollo per il circondario di Messina insieme all’aggiunto Rosa Raffa “proprio perché nel nostro territorio il fenomeno è particolarmente evidente, è importante avere uno strumento in più in grado di contrastarlo”.
Hanno siglato il protocollo anche il procuratore capo di Barcellona Emanuele Crescenti, il sostituto di Patti Giuseppe Costa, il dottore Renda per la Unipol.