Le recensioni dei film e dei documentari proiettati martedì e mercoledì
Il documentario italiano Country for old man di Pietro Jona e Stefano Cravero ha meritato la visione, trattando di una tematica attuale, cioè delle reazioni individualmente in atto per sfuggire alla crisi economica globale, in questo caso con focus su un nutrito gruppo di americani, anziani pensionati, che si ritira per garantirsi un fine esistenza dignitoso, in Ecuador.
Non mi soffermerò sul corto Al di là del mare di Fabio Schifilliti, che non ha riscosso il mio consenso, se si eccettua il buon soggetto, mentre il docufilm web interattivo, in anteprima mondiale, Setteponti Walkabout di Gianfranco Bonadies, Gianpaolo Capobianco, Michele Sammarco e Valeria Tisato (che peraltro lo hanno introdotto) pur se basato su tema di interesse certo non generale, raccontando fra passato e presente il territorio del Valdarno e l’antica strada dei sette ponti – un antico itinerario nel cuore della Toscana in un mondo che va a finire – che è richiamata nell’intitolazione, è assai ben confezionato nella sua suddivisione in tre capitoli.
Interessante, ancora, il lungometraggio polacco, fuori concorso, Dark Crimes del 2016, in anteprima italiana, del regista greco Alexandros Avranas, con un Jim Carrey qui in versione drammatica, perfetto in questa rappresentazione, in una carriera diversamente orientata, invece, a ruoli comici. Lo script, volutamente fumoso, è di Jeremy Brock, basato su un articolo di David Grann, “True crimes” e narra di un detective che, in crisi per essere stato coinvolto in un non ben identificato scandalo, per farsi riabilitare si concentra su un caso affidatogli e, in una tetra Polonia indaga sull’ omicidio di un uomo d’affari, titolare di un locale per scambisti, “La Gabbia”, appurando che uno scrittore e intellettuale, cinico e disarmante, dall’espressione mefistofelica, in un suo romanzo ha raccontato di un omicidio con inquietanti similitudini con quello reale; se lo scrittore è uno dei sospettati, l’altra è una figura femminile, che presta attività in quel club, con cui il poliziotto avrà un rapporto sessuale rabbioso. Altri interpreti sono Charlotte Gainsburg, Agata Kulesz, e Marton Csokas, fra gli altri. ll film presenta problemi di collegamento fra le vicende esposte e un finale un po’ scontato, ma è molto apprezzabile per la sua anticonvenzionalità, ponendosi come noir d’atmosfera e terrificante. Infine, per completare i film del 17, mi riferirò a It will be Chaos, di Filippo Piscopo e Lorena Luciano, lungometraggio USA/Italia, in concorso, in anteprima europea, che ritengo meritevole: il taglio è documentaristico e la cifra drammatica, come già il titolo suggerisce, essendo “indagati” un uomo eritreo e una famiglia siriana seguiti in quella duplice e disperata ricerca di libertà-in questo caso tra l’Italia e il corridoio balcanico- che caratterizza la crisi di profughi e rifugiati, superando traversie quali mari in tempesta e condizioni sempre difficili, con la visione anelata negli sguardi di una nuova vita da ricreare in Europa.
Durante la cerimonia di premiazione sarà assegnato ai registi L. Luciano e F. Piscopo “Il Premio Solidarietà”, appena istituito dal Cirs – Onlus nazionale per personalità artistiche che si sono contraddistinte per l’impegno culturale sui temi dell’accoglienza, del reinserimento sociale, della non-violenza. Per quanto attiene alle proiezioni del 18 Luglio, premetto che in quella giornata si è registrata la presenza della regista Maria Sole Tognazzi e dell’attrice Monica Guerritore, della produttrice Adriana Chiesa, dei registi Fariborz Kamkari e Vittorio Buongiorno, e, ancora, del regista Dale Hildebrand, degli interpreti Rossella Brescia e Charly Chiarelli, di Nino Monteleone e Sabrina Paravicini, tutti in orari diversificati, per photocall e videocall sulla terrazza del quarto piano del Palazzo dei Congressi.
Mi soffermerò sul lungometraggio in concorso Transfert, di Massimiliano Russo, catanese, che ne è parimenti sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore e interprete, con altri attori, tutti siciliani, alcuni di provenienza teatrale, Rossella Cardaci, Alberto Mica, Matteo Martorana e Giuseppe Noto; il film è da poco passato sui nostri grandi schermi, anche messinesi e sarà anche in futuro ancora in distribuzione, avendo riscosso, meritatamente, grande successo. L’opera è stata interamente girata in Sicilia (con Catania in primis )ma molte sono le scene in interni, e verte sul mondo della psicoterapia e delle sue regole, divenendo però mano a mano thriller psicologico assai ben confezionato, configurato secondo un sistema di scatole cinesi, con tematica principale quella del rispecchiamento .Assistiamo a spezzoni di sedute del giovane Stefano con difficili pazienti ,fra cui due sorelle, e la serie “In Treatment”, nelle sue varie versioni, ha già peraltro aiutato il pubblico nella comprensibilità di film basati su percorsi psicoterapeutici. E anche il documentario italiano, fuori concorso, Acqua e zucchero: Carlo di Palma, i colori della vita di Fariborz Kamkari, introdotto dallo stesso regista, mi è sembrato non rientrante nella scontata casistica di quelli biografici, non risultando d’occasione, ma libero da forme precostituite: si segue infatti un percorso emozionale, quasi, attraverso i più di cento film ai quali l’artista prematuramente scomparso ha collaborato, soprattutto nella qualità di direttore della fotografia, ma anche come regista (come per Teresa la ladra, film di suo esordio in quella qualità, premiato a Cannes, con una grandiosa Monica Vitti, allora sua compagna anche nella vita). Il titolo fa riferimento alla semplice bevanda offerta al giovane Carlo sugli autobus ove amava intrattenersi e alla sua accurata scelta e predilezione di colori e luce ,da poeta e pittore delle immagini,
L’interessante giornata ha contemplato la “conversazione” di Silvia Bizio, uno dei direttori artistici della rassegna, con l’artista Monica Guerritore, davvero poliedrica interprete teatrale, cinematografica e televisiva e donna di notevole complessità e di impegno innegabile. Sul corto italiano “Il compleanno di Alice”, di Maria Grazia Cucinotta, peraltro con proiezione rimandata alla giornata del 19, posso solo dire che parte da un buon soggetto, trattando la tematica del bullismo, auspicando riesca appieno nella resa complessiva: la protagonista, bullizzata dai compagni, non ha il sostegno dei genitori, che non colgono i segni del suo malessere e la ragazzina si rifugia nel sogno – che racchiude i suoi desideri – di festeggiare il compleanno con tanti amici dinanzi ad una bella torta. Su Gotti, produzione statunitense, in anteprima italiana, di Kevin Connolly, con John Travolta e la moglie Kelly Preston, che sarà nelle sale italiane dal 21 settembre, film fuori concorso, ritengo utile spendere qualche parola in più, incentrato com’è sulla figura del primo Padrino, John Joseph Gotti, boss newyorkese di Cosa Nostra, morto in galera per un cancro alla gola nel 2002: il lungometraggio passa in rassegna circa un trentennale dell’esistenza di Gotti, scandagliando oltre che la sua “carriera” criminale, il suo rapporto con uno dei quattro figli, John Angelo, incriminato per diversi reati, che, dopo aver scontato anni di pena, è stato assolto nel processo finale del 2009 per carenza di un verdetto unanime.
Ha suscitato notevoli perplessità (e critiche) facendo parlare del film quale opera controversa, l’essere stato ispirato al romanzo dello stesso John Angelo Shadow of My Father, che ha fatto discutere di una sorta di agiografia del Padrino. Travolta non accetta le supposizioni (discutibili assai) poiché ovviamente, interpretare un ruolo non significa accettare la moralità del personaggio; piuttosto l’attore, interessato a comprendere le motivazioni per cui il gangster fosse stato tanto amato, ha a lungo parlato con la gente di Long Island, scoprendo come il Padrino portasse tanto aiuto alla comunità, mostrando una qualche umanità in un’esistenza ove gli orrori erano riservati alle famiglie rivali e a chi si ribellava alle regole, secondo un vecchio codice d’onore della vecchia mafia.La circostanza che Travolta abbia sfilato a Cannes con John Angelo, esprimendo per lui parole di comprensione- per aver rivolto al padre la sua volontà di lasciare la mafia- e definendolo persona amabile, è invece meno condivisibile.
Quanto infine ai due lungometraggi in concorso, e cioè, Be kind, di Nino Monteleone e Sabrina Paravicini, italiano, e “Road to the Lemon Grove”, di Dale Hildebrand, che ne è anche autore, di produzione canadese/italiana, mi hanno colpito per motivazioni differenti. Avevo già peraltro segnalato Be kind e confermo la sua valenza. Il film documentaristico italiano nasce dalla richiesta di raccontarsi della stessa Paravicini, attrice e regista, al proprio figlio, che, persona “diversa” nell’accezione di “altra”, all’interno della diversità concepita giustamente quale arricchimento nella varietà, da piccolo e originale filmmaker, lo fa davvero bene, e la madre, da professionista, lo accompagna in un bel percorso, fisico e emotivo, in cui le rispettive storie vengono sapientemente condivise con personaggi intervistati nell’ambito di tale supposta diversità, anche non legata a problematiche fisico/mentali, ma al divergere da clichè sociali, che sovente non ha consentito una facile inclusione. Nel cast anche Roberto Saviano, Fortunato Cerlino e l’astronauta Samantha Cristoforetti. Il lungometraggio, in anteprima mondiale, ha già ricevuto cinque premi quale miglior regista, miglior produttore, miglior attore, miglior attrice e migliore sceneggiatura.
Quanto al secondo film, in anteprima europea, di cifra assolutamente differente, molto ironico e dissacrante, e a tratti quasi surreale, protagonista è un padre siciliano molto malato, con un’ultima “oltraggiosa” missione per il proprio figlio, quella di dispargere le sue ceneri in un limoneto siciliano, azione che potrà anche contribuire a riunire due famiglie in lotta… alle ultime battute esistenziali l’uomo vuole si scopra la sua vera natura.. e per il figlio saranno dolori, soprattutto dopo la sua morte. Molto valida l’opera registica di D. Hildebrand e gli interpreti, fra cui emergono Rossella Brescia, danzatrice prestata al cinema, e Charly Chiarelli. Un plauso, infine, alla bontà e originalità dei cocktail sulla Terrazza, offerti dal “Vinicolo Glam and drink”, di Catania.
Tosi Siragusa