Il docente universitario: "De Luca si faccia promotore di una rivoluzione copernicana nel rapporto Regione-territori. La Regione difende l’autonomia nei confronti del Governo, salvo poi esercitare nei confronti dei territori un potere accentratore"
La Corte costituzionale, accogliendo il ricorso del Governo, ha bocciato la norma votata dall’Assemblea regionale lo scorso agosto che modificava il meccanismo di elezione del Sindaco metropolitano; il sindaco del comune capoluogo della ex provincia è quindi anche il sindaco della città metropolitana.
Sono trascorsi quasi quattro anni da quando l’Assemblea regionale siciliana ha varato la riforma delle città metropolitane e dei liberi consorzi; una riforma incompleta e incompiuta che ha di fatto tenuto in vita le ex-province per lungo tempo gestite da Commissari, funzionari di nomina politica non eletti democraticamente dai cittadini, imponendo così -nel silenzio generale- un restringimento dei formali spazi di democrazia e di sovranità popolare.
Le città metropolitane sono interlocutori privilegiati dei governi nelle politiche europee e nazionali, rappresentano i nuovi soggetti della programmazione e il livello decisionale migliore per lo sviluppo dei servizi urbani. Uno status, quindi, che consente alle amministrazioni cittadine di essere direttamente coinvolte nell’elaborazione delle strategie di sviluppo, destinatari diretti di risorse previste nell’Agenda Urbana e nel Fondo Europeo dello Sviluppo Regionale (FESR).
Con la stessa logica sono stati pensati dal precedente governo nazionale il PON Metro -circa 100 milioni di euro alla città metropolitana di Messina-, il PAC Metro – 26 milioni di euro alle città metropolitane di Messina e Reggio Calabria -, il Patto per Messina dove si prevedono investimenti per circa 300 milioni di euro su tutto il territorio provinciale, il Patto per la Sicilia che destina quasi 600 milioni di euro per la nostra provincia e poi, ancora, i fondi per le periferie urbane. In totale si tratta di quasi un miliardo di euro destinati allo sviluppo della città metropolitana di Messina; una cifra che non ha precedenti nella storia degli ultimi governi repubblicani.
Adesso serve imprimere un’accelerazione per tentare di recuperare il tempo perduto. In primo luogo si rende necessario, a livello locale, un efficace monitoraggio del lavoro compiuto, la rimozione delle criticità che hanno impedito al programma di procedere celermente, una rimodulazione della spesa per tenere conto dei necessari aggiustamenti della programmazione e la stesura di un nuovo cronoprogramma delle opere. Certo, la città metropolitana si dovrà dotare al più presto di alcuni strumenti importanti, quali lo statuto, il piano strategico ed il piano di coordinamento territoriale, così come individuare apposite strutture in grado di elaborare i piani e progettare per tempo le opere in linea con il piano strategico. Su questo fronte si misurerà la capacità della nuova amministrazione di imprimere un cambiamento rispetto a quanto fatto nel passato.
Più in generale, tuttavia, al sindaco De Luca va rivolto l’invito a farsi promotore di una rivoluzione copernicana nel rapporto Regione-territori che metta fine al paradosso di una politica regionale che a gran voce ha reclamato e difeso l’autonomia nei confronti del governo nazionale, salvo poi esercitare nei confronti dei territori un potere di veto, accentratore: un potere commissariale. L’assetto istituzionale tracciato dalla riforma delle città metropolitane delinea una regione sempre più impegnata in attività di programmazione e di indirizzo e con il compito di individuare interventi di carattere generale che integrano e legano le diverse aree. Ai territori, invece, è affidata la responsabilità di governare le dinamiche dello sviluppo locale. Si tratta adesso di rendere operativo questo modello.
Michele Limosani