La Corte di Cassazione ha rinviato ai giudici d'appello la decisione del 2013 che aveva messo sotto chiave beni per 450 milioni di euro, sequestrati nel 2011.
E’ da rifare il procedimento che ha portato alla confisca del patrimonio intestato alle famiglie Bonaffini e Chiofalo, che monopolizzano il mercato del pesce in città. La V sezione della Corte di Cassazione nella tarda serata di ieri ha annullato il sequestro, confermato dalla Corte d’Appello nel 2013 e rinviato ai giudici di II grado il fascicolo. Soddisfatti i difensori, gli avvocati Salvatore Silvestro, Nunzio Rosso, Carlo Autru Ryolo, Giuseppe Donato, Nino Favazzo e Massimo Marchese, che hanno sempre sostenuto la mancanza dei requisiti del sequestro.
I giudici della Corte d’Appello saranno quindi chiamati nuovamente a decidere, e stavolta tenendo conto dei rilievi della Suprema Corte. Sul tavolo c’è un patrimonio che nel 2011, quando scattò il primo sequestro, venne stimato l’astronomica cifra di 450 milioni di euro, tra flotta del pesce, immobili di pregio, valori finanziari e imprese edilizie. Nel 2016 era scattato un secondo sequestro sulle nuove società attraverso le quali, secondo gli investigatori, i Bonaffini avevano continuato ad esercitare la loro attività imprenditoriale malgrado i provvedimenti giudiziari.
La tesi della magistratura messinese e della Questura di Messina, che ha lavorato per anni alla ricostruzione dell’impero dei Bonaffini, è che quel patrimonio era stato agevolato da evasione fiscale, traffico di sostanze stupefacenti e soprattutto dal riciclaggio dei proventi delle attività illecita del clan Mangialupi. La sezione Misura di Prevenzione del Tribunale 9 anni fa aveva quindi apposto i sigilli al patrimonio dell’imprenditore edile Saro Bonaffini, del fratello Angelo dell’imprenditore ittico Gaetano Chiofalo e del fratello Domenico, indagando anche loro familiari ritenuti prestanomi.
Contro di loro, anni di indagini ed intercettazioni telefoniche ed ambientali, i verbali del collaboratore di giustizia Salvatore Centorrino e di altri collaboratori più recenti del barcellonese.
Sotto chiave erano finiti 430 unità immobiliari, tra Messina, Spadafora, Giardini Naxos, S. Pier Niceto e Nizza di Sicilia, 9 società e relativi patrimoni aziendali, costituiti da ristoranti, un complesso edilizio in corso di costruzione, mercati e allevamenti ittico; una flotta costituita da 5 motopescherecci; 3 yacht di lusso; 26 mezzi pesanti; 13 autovetture e centinaia di rapporti bancari, accesi in 11 Istituti di Credito.
Annullata la confisca ma rimane il sequestro dei beni ?
Sarà la Corte D’Appello a decidere o il dissequestro o motivare secondo le direttive della Cassazione la confisca.Così come esposto da tante interpretazioni, diciamolo la guerra è ancora aperta.