Il sindaco Cateno De Luca e il presidente della società Pippo Lombardo hanno parlato ai sindacati di una società che sembra ferma al palo, che ricalca le orme di Messinambiente, che ha ereditato tanti vizi del passato e che soprattutto non ha ancora un piano industriale per decollare
Doveva essere la società più tranquilla e meno problematica perché nuova, senza debiti, in salute, praticamente in fase di costruzione e quindi potenzialmente con una prateria di fronte a se in cui affondare le proprie radici e crescere. Invece a quanto pare anche MessinaServizi Bene Comune, la penultima nata a Palazzo Zanca, sembra avere già un bel po’ di problemi. Alcuni sono figli del peccato originale che MessinaServizi porta sulle spalle: essere stata creata solo dopo che è iniziata la discesa verso il baratro di Messinambiente ed essere stata legata a doppia mandata ad una società sull’orlo del fallimento. Una situazione che oggi lascia in eredità alcuni vizi del passato, come per esempio un parco mezzi vecchio e logoro, ma anche questioni giuridiche che riguardano i lavoratori, le transazioni, il concordato, il loro passaggio a da una società all’altra. Tutti nodi caldi che l’amministrazione De Luca si è trovata ad affrontare. Poi c’è la tegola più grande: l’udienza del 7 novembre per Messinambiente. Quella data segnerà uno spartiacque, in un verso o nell’altro. De Luca vuole privatizzare la gestione dei rifiuti, il consiglio ha cambiato il Salva Messina inserendo che al massimo sarà concessa una gestione mista pubblico-privato. Un campo delle ipotesi che per il sindaco adesso devono essere valutate, senza ignorare il fatto che per far funzionare una società rifiuti servono soldi. Soldi che per il sindaco ammontano addirittura a 20 milioni di euro per investimenti.
«Abbiamo l’esigenza di assegnare degli obiettivi di legge a questa società, cosa che non è stata prevista nel contratto di servizio in vigore che è carente della data entro cui doveva essere raggiunto il 65% di differenziata. Il quadro che abbiamo ereditato non consente comunque di raggiungere questi obiettivi».
Poi l’affondo su una questione che all’interno di MessinaServizi sta diventando un casus belli: il piano industriale. «Non è gradevole non avere ancora il piano industriale, è un elemento che abbiamo già sottolineato, vogliamo prendere i nostri provvedimenti. Il piano andava fatto prima o contemporaneamente alla costituzione della società, non averlo addirittura a questa data è impensabile. Ognuno dovrà prendersi le proprie responsabilità. Stiamo avendo delle difficoltà a definire il piano industriale perché mancano le risorse per fare investimenti. Parliamo di una cifra che oscilla tra i 15 e i 20 milioni. I soldi vanno trovati, chi li deve mettere? Le alternative sono due: o si trova qualcuno che li anticipa alla società che poi deve recuperarli immediatamente sulla tariffa che raddoppierebbe per almeno due anni, oppure bisogna trovare un soggetto privato che entri in società, metta questi soldi e co-gestisca con noi il servizio. Resta la terza ipotesi di una gara a cui affidare l’intero soggetto e non è escluso perché nel Salva Messina è rimasta la possibilità di affidamento a un privato della gestione rifiuti lasciando a MessinaServizi altri servizi come controllo e verde pubblico» ha detto il sindaco durante il confronto con i sindacati. Quindi tre strade, compresa quella di affidare i rifiuti ai privati e lasciare una MessinaServizi che praticamente diventerebbe quello che era fino a poco tempo fa l’Ato3.
IL PIANO DELLA DISCORDIA
E’ stato il presidente della MessinaServizi Pippo Lombardo a parlare di questo piano industriale che il Cda ha rispedito al mittente, cioè al Direttore generale che ho la redatto e che lo ha rivisitato dopo una serie di tavoli tecnici voluti proprio dal Cda dell’azienda per apportare delle modifiche al documento. Lombardo ha detto i motivi per cui, durante l’ultima assemblea dei soci di sabato pomeriggio, il piano, nella sua terza edizione, non è stato approvato: «Questo piano non consentirebbe di raggiungere l’obiettivo del 65% perché non fissa obiettivi. In questo momento noi dobbiamo produrre un documento che ci consenta di ottenere il 65% di differenziata, ma non siamo stati messi in condizione di farlo per quello che abbiamo ereditato, con un “pacco” non parco mezzi che ci mette in difficoltà». Ma non è tutto.
Capitolo personale: «Il Piano industriale mi deve dimostrare se il personale mi basta, se ci sono esuberi, per esempio non sono stati verificati i fattori di produttività degli amministrativi. Se abbiamo 60 amministrativi dobbiamo sapere se servono tutti. A questo doveva servire un piano puntuale e dettagliato. Non si può fare un organigramma in funzione del personale che ho in servizio. Devo farlo in funzione del servizio che devo svolgere, solo così posso stabilire se ho esuberi o carenze. Senza fattori di produttività. Elementi che non solo ci consentono di programmare il futuro ma neanche di lavorare serenamente oggi».
Lombardo va avanti anche su mezzi e investimenti: «Un esempio che ci ha portato alla decisione di non adottare questo piano è che nonostante ci sia un contratto di servizio che vale 33 milioni di euro l’anno, non ci si può trovare con una proiezione di 7 milioni di investimenti per i mezzi e 20 milioni di manutenzione. Casomai dovrebbe essere il contrario. Dovrebbe essere un piano industriale che non dice quanti mezzi devono essere comprati, quante attrezzature, quali tipologie. Ad oggi tutto ciò non è stato realizzato. Si è continuato a gestire MessinaServizi come se fosse Messinambiente».
In ballo anche una questione molto tecnica che riguarda il “ribaltamento dei costi” cioè il sistema che hanno usato le due società nella fase transitoria e che adesso sta facendo mancare alcuni contratti a MessinaServizi con officine e fornitori perché erano contratti che Messinambiente ribaltava su MessinaServizi ma che da settembre sono stati chiusi. Per il presidente Lombardo anche questo crea non pochi problemi, per esempio ai tanti mezzi guasti che si sono fermati in questi giorni: «I mezzi che erano stati destinati al porta a porta sono utilizzati per la raccolta indifferenziata».
Insomma, un quadro tutt’altro che roseo e che potrebbe aggravarsi con la dichiarazione di fallimento di Messinambiente. La questione sarà oggetto di due nuovi confronti che sono già stati convocati per il prossimo 9 novembre. Ci sarà il sindaco, il Cda di MessinaServizi, il Direttore generale, i sindacati. Sul tavolo ci sarà anche il piano industriale. «Costruiamolo insieme» ha detto De Luca alle organizzazioni sindacali. Il fronte è dunque aperto.
Francesca Stornante
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