Un’indagine dell’Ance si concentra sui ritardi coi quali gli enti, in particolare i Comuni, pagano chi vince gli appalti ed esegue i lavori. L’Upi sottolinea i vincoli del Patto di Stabilità che bloccano le Province
Chi esegue lavori per gli enti pubblici non sempre ha vita facile. Anzi. Le farraginosità della burocrazia e le condizioni economiche poco floride degli enti locali portano spesso e volentieri a ritardi nei pagamenti che, nella maggior parte dei casi, superano i due mesi di attesa rispetto ai tempi previsti, raggiungendo punte di oltre sei mesi. E’ quanto emerge da un’indagine condotta dall’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) presso le imprese associate. Un’indagine il cui dato meno incoraggiante riguarda le cosiddette “punte di ritardo”. Il 55% del campione totale sostiene che, in alcuni casi, subisce ritardi che vanno oltre i sei mesi nei pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Quello dei ritardi è un problema generalizzato, anche se il 62,1% indica che le situazioni di ritardo si verificano con i Comuni. Una percentuale molto alta che, secondo l’Ance, è probabilmente spiegabile col fatto che i Comuni sono gli enti con i quali le imprese di costruzioni intrattengono più frequentemente rapporti di lavoro.
Più della metà delle imprese (55,7%) segnala nel trasferimento dei fondi dalle amministrazioni centrali alle stazioni appaltanti una dei principali motivi di ritardo nei pagamenti. Ma una delle cause maggiormente segnalate dalle imprese (46,3%) è il Patto di Stabilità interno per Regioni ed Enti Locali, che pone dei vincoli di spesa stringenti per le stazioni appaltanti, vincoli che, in ultima istanza, si riflettono sui rapporti contrattuali già in essere e quindi sulle imprese. Accanto a queste cause, la responsabilità dei ritardi secondo buona parte delle imprese è ascrivibile ai tempi lunghi impiegati dalle stazioni appaltanti, sia nell’emissione dei certificati di pagamento (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%), sia, più in generale, per lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne all’ente appaltante (32,5%). Meno incisive statisticamente, tra le cause, il dissesto finanziario dell’ente e l’aprirsi di un contenzioso durante l’esecuzione dei lavori. Problemi che, specifica l’Ance, sembrano essere più sentiti nel sud e nelle isole.
Le difficoltà causate dal Patto di Stabilità, con un focus particolare sulle Province, sono state sottolineate anche nel corso dell’ultima assemblea congressuale dell’Upi (Unione Province italiane), durante la quale sono stati presentati di una ricognizione dei lavori immediatamente cantierabili e dei pagamenti bloccati dal Patto di Stabilità. Secondo quanto emerso, le Province potrebbero contribuire sostanzialmente al rilancio degli investimenti ma le attuali regole, in particolare il Patto di stabilità interno, non permettono di immettere nel circuito produttivo le risorse disponibili per far ripartire l’economia reale. Numeri alla mano, l’Upi rivela che l’importo complessivo delle opere immediatamente cantierabili che le Province potrebbero avviare nei prossimi 6 mesi è pari a 3,6 miliardi di euro, divisi in strade e viabilità (la fetta più grossa con 2,8 miliardi), edilizia scolastica, difesa del suolo e opere idrauliche, interventi su edifici di proprietà, altri settori di competenza come l’ambiente. Ma l’aspetto più grave è che, per l’anno 2009, il Patto di Stabilità impedisce le Province di pagare imprese di costruzioni, a fronte di lavori regolarmente eseguiti, per circa 1,6 miliardi di euro. Ciò nonostante la disponibilità, sottolinea l’Ance, di residui passivi per pagare gli stati di avanzamento lavori. Anche qui gli “arretrati” più importanti riguardano opere di strade e viabilità, con 1,1 miliardi di euro che le imprese ancora attendono.
S.C.