E’ il Canone di occupazione suolo pubblico: da Palazzo Zanca partiti 1.400 avvisi per chi non ha pagato in questi anni. Ma in alcuni casi ci si espone a ovvi contenziosi. E chi paga?
Una valanga di richieste di pagamento e una valanga di potenziali contenziosi. Parliamo di Cosap, il Canone di occupazione suolo pubblico, uno di quei tributi che ogni tanto il Comune si “ricorda” di riscuotere e che gli esercenti dovrebbero regolarmente pagare per l’occupazione di spazi pubblici con le proprie attività. Negli scorsi mesi da Palazzo Zanca sono partiti centinaia di avvisi di pagamento per spettanze arretrate: almeno 1.400, fanno sapere al Comune. Il punto è che per la maggior parte di questi Palazzo Zanca dovrà sottoporsi ad “evitabili” contenziosi che sottrarranno tempo e risorse.
Alcuni di questi casi fanno capire perché questi contenziosi, con un pò più di attenzione, si sarebbero potuti evitare. Un esercente, che ha fatto già ricorso al Tar, rileva di non aver mai ricevuto il verbale di contestazione o di rilevazione e che il Cosap può essere richiesto solo per gli anni successivi alla stessa contestazione o rilevazione regolarmente notificata. In un altro ricorso si legge che l’illecito sarebbe stato invece rilevato, ma nel 2007 quando l’attività alla quale lo stesso è stato contestato era già cessata! E ancora, un avviso di pagamento è giunto al titolare di un Tabacchino, quando è notorio che l’insegna di questo tipo di esercizi è obbligatoria per legge e per essa è prevista l’esenzione totale.
Altro caso, forse il più “curioso”. Una esercente fa richiesta per concessione di suolo pubblico nel novembre 2003, ma non viene rilasciata a causa di un contenzioso in corso tra Comune e Provincia. Nel 2009 installa, per esigenze di lavoro, una tenda da sole e il 15 dicembre scorso arriva la “batosta”: il Comune chiede il pagamento del Cosap per gli anni 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009: quasi milleottocento euro, più «gli importi dovuti a titolo di sanzioni ed interessi». Una “mazzata” per gli esercenti, non c’è dubbio, ma anche una potenziale grana per il Comune. E se dovessero essere rilevati errori (c’è chi sostiene che gli uffici avrebbero potuto emettere richieste di pagamento solo per gli ultimi cinque anni, e non sette come in questo caso), chi pagherà? A Palazzo Zanca di “defaillance” da parte degli uffici (e da parte dei dirigenti) se ne sono viste tante, ma nessuna poltrona è mai stata messa in discussione. E i dirigenti sono sempre stati “valutati” in maniera impeccabile. Sarà perché a giudicarli sono i dirigenti stessi?