Venti proiettili calibro 38 special, una coppia di chiavi “da furto”, 310 euro in contanti e oltre cinque chili di marijuana, divisi in 11 buste, a loro volta contenute in un sacco nera della spazzatura.
La Squadra Mobile, quel 24 novembre del 2015, aveva avuto la soffiata giusta su quel che Stefano Cutroneo nascondeva in casa e, fatta irruzione nella camera da letto, sono andati a cercare sotto il letto, rinvenendo e sequestrando tutto. Per Cutroneo è scattato il carcere, ma le indagini non sono finite lì. Cutroneo infatti ci mette poco a cantare: custodiva armi e droga per gli Arena, in particolare per Francesco “junior”, di Valle degli Angeli appunto. Parte quel giorno l’operazione Fortino, che per i mesi del successivo 2016 ha visto gli investigatori della Questura, guidati da Francesco Oliveri, impegnati in un arduo compito: piazzare telecamere e cimici in una delle zone più blindate della città, il vico Fede del rione di Valle degli Angeli, un dedalo di stradine strettissime e baracche a ridosso di Provinciale.
Un tentativo arduo, per i poliziotti, quello di entrare senza essere notati in quel “fortino”. Ma il colpaccio riesce, e basta a mettere prova su prova contro quello che per gli inquirenti messinesi è un vero e proprio clan, una piazza dello spaccio che sta acquisendo una certa rilevanza nel panorama criminale messinese. Le conversazioni intercettate ma soprattutto le immagini filmate sono tante e chiarissime: i trafficanti che accolgono i rifornitori calabresi, i passaggi di sacchetti, buste, i contatti frequentissimi con i pusher.
La svolta alle indagini, però, arriva dopo una “furbata” degli investigatori. E’ il 25 gennaio 2016 ne’ Francesco Arena né il padre Michele, entrambi pregiudicati, sanno di essere spiati dalla Polizia, davanti la porta di casa in vico Fede. Né può saperlo Rosarci Santoro, un pezzo da novanta calabrese che quella mattina bussa alla loro porta, non li trova, li rintraccia poco lontano, consegna loro un borsone e riparte per la Calabria. Agli imbarcaderi trova però ad attenderlo una pattuglia della Polizia, che lo blocca e perquisisce il veicolo, trovando sotto il bagagliaio due scatole dall’apparenza innocue, imballaggi di profumeria. Dentro, invece, ci sono contanti per 30 mila euro. Rosaci si giustifica dicendo che si tratta dell’incasso di slot machine di sua proprietà, collocate a Messina, che è venuto a riscuotere. I poliziotti non ci credono, anche perché conoscono i suoi precedenti movimenti. Ma questo, ancora una volta, né gli Arena né Rosaci possono saperlo.
Alla Polizia non resta che cercare il carico consegnato da Santoro: gli “uomini invisibili” della Mobile quella notte tornano a Valle degli Angeli e frugano dove possono, trovando quasi un chilo di hashish nascosto in un sacco della spazzatura, seppellito tra foglie e rami, in un angolo di via Serena, pochi metri da casa degli Arena. Ma i poliziotti stavolta non fanno clamore: prendono il sacco e se ne vanno senza che nessuno se ne accorga. E continuano a registrare: riprendendo gli Arena padre e figlio, la mattina dopo, aggirarsi inquieto nell’angolo, alla ricerca del sacco sparito.
Per gli investigatori, il PM Rosa Raffa e il giudice Salvatore Mastroeni che ha firmato i provvedimenti di cattura, le immagini sono inequivocabili. Così come lo sono le successive, che immortalano gli Arena e il loro entourage muoversi continuamente in zona, dove vengono “depositati” motorini e macchine rubate. Anche in una di queste ultime la Polizia riesce a mettere una cimice. Ed è così che sentono, il 14 febbraio 2016, parlare due persone che aprono lo sportello, piazzano 20 chili di qualcosa, richiudono e si allontanano in fretta. Il resto lo fanno le telecamere, che nelle ore successive riprendono i “soliti” Arena andare e venire dalla stessa auto. Pochi dubbi, per loro, che si tratti di 20 chili di droga. Anche questa volta “le guardie rubano ai ladri”.
Il 19 marzo successivo, la Polizia sente ancora una volta la portiera dell’auto aprirsi e chiudersi. Non esitano un attimo portarsi via il contenuto: un panetto da quasi 3 chili di hashish, altri tre da poco meno di un chilo l’una. Ancora una volta, le telecamere riprendono gli Arena, l’indomani, accorgersi sconsolati che non c’è più niente, e sospettare dei loro fedelissimi, andando su tutte le furie. Pensano anche alla Questura, ma lo giudicano meno probabile. Scartata l’ipotesi delle guardie, se la prendono con uno dei loro, al quale bruciano auto e moto per vendetta.