Omicidio Stefano Marchese: arrestato l'esecutore materiale

Omicidio Stefano Marchese: arrestato l’esecutore materiale

Omicidio Stefano Marchese: arrestato l’esecutore materiale

venerdì 25 Marzo 2011 - 12:21

Dopo sei anni di indagini, anche grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia Polizia e Dda chiudono il cerchio sul responsabile. Ora si cerca di incastrare il complice

Dopo sei anni, grazie anche alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Squadra Mobile e Dda hanno fatto luce sull’omicidio di Stefano Marchese, avvenuto il 18 febbraio 2005 nei pressi del distributore di carburante Esso all’Annunziata. La Squadra Mobile mercoledì 23 marzo ha notificato presso la casa circondariale di Terni, dove si trova ristretto, un provvedimento di carcerazione nei confronti di Gaetano Barbera, 41 anni, perché ritenuto esecutore materiale di quell’omicidio, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso e in modo premeditato. Un delitto efferato che secondo gli investigatori Barbera compì colpendo la sua vittima alle spalle, inseguendola e infine, una volta accasciatasi, facendola girare per far vedere in faccia a Stefano Marchese chi lo stava uccidendo.

A ricostruire l’intera vicenda e spiegare il perché di quel primo omicidio che diede vita alla guerra tra clan a Messina nel 2005, sono stati due collaboratori di giustizia, Nunzio Bruschetta e Salvatore Centorrino. Dal riscontro delle loro dichiarazioni e sulla base degli elementi acquisiti in questi sei anni di indagini, il sostituto procuratore della Dda Vito Di Giorgio ha chiesto e ottenuto dal gip Massimiliano Micali l‘emissione della misura cautelare nei confronti di Barbera.

Come ricostruito dagli investigatori, il movente dell’omicidio Marchese va ricercato nei contrasti tra i gruppi criminali a Giostra, e in particolare tra le consorterie di Giuseppe Minardi e Gaetano Barbera. Secondo l’ipotesi investigativa degli inquirenti, quest’ultimo nonostante fosse ristretto in carcere, aveva deciso che una volta tornato in libertà avrebbe contrastato Minardi per scalzargli la leadership a Giostra. Ma i suoi piani incontrarono subito l’ostilità di Minardi, che dallo stesso carcere inviò una lettera a Barbera dicendogli di farsi da parte. A questo punto come ricostruito dai collaboratori, Barbera avrebbe ideato di ferire Minardi colpendo il suo alter ego, la persona a lui più vicina, considerata quasi come un fratello: Stefano Marchese appunto. Per farlo, una volta in libertà Barbera avvicinò Marchese invitandolo a passare dalla sua parte. Arrivò persino a consegnargli il suo giubbotto antiproiettile come segno della serietà della sua proposta, ma soprattutto nella speranza che Marchese cadesse nel tranello. Cosa che però non avvenne e pochi giorni prima dell’omicidio Barbera chiese a Marchese di restituirgli il giubbotto antiproiettile.

Un episodio che i due collaboratori, Centorrino e Bruschetta riferiscono puntualmente e che ha avuto immediato riscontro poche ore dopo l’omicidio Marchese quando i poliziotti andarono a perquisire la casa di Barbera, trovandovi proprio il giubbotto.

Le indagini della Procura e della Squadra Mobile non si chiudono con l’arresto di Gaetano Barbera. Si cerca infatti di incastrare definitivamente il suo complice, che guidava la Honda 600 Transalp su cui i due arrivarono al distributore di carburante dove si trovava Stefano Marchese.

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