Quando si è sposato, nel finire del 1982, aveva 22 anni, un buon tenore di vita grazie all’azienda di famiglia, e la giovane moglie era in attesa del loro primo bambino. Davanti a sé immaginava una vita serena.
Oggi, 36 anni dopo, S. ha alle spalle una storia completamente diversa: ha dovuto chiudere la prima azienda, paga da 26 anni un corposo assegno di mantenimento alla ex moglie e pensa con angoscia al momento della pensione, quando gli resterà ben poco per andare avanti.
L’amore non è durato per sempre, ma nonostante i ricorsi, nonostante le recenti sentenze della Cassazione, ad essere per sempre è quell’assegno da 1.650 euro che ogni mese paga alla ex moglie ( i figli sono maggiorenni da tempo). La donna vive nell’appartamento in centro che è intestato ai figli ma per il quale ha l’usufrutto.
Dal giorno della separazione, avvenuta nel 1993, dopo 10 anni dal matrimonio, le situazioni di entrambi gli ex coniugi sono cambiate eppure per la giustizia sono sempre le stesse.
Nel novembre del 2018 S. ha perso l’ennesimo ricorso per la modifica dell’assegno, presentato un anno prima alla luce delle sentenze di Cassazione che hanno mandato in soffitta il criterio del “tenore di vita” (caso dell’ex ministro Grillì e caso Berlusconi). A Messina, per S. oltre al danno c’è stata la beffa: è stato costretto a pagare altri 5 mila euro delle spese legali.
“Non mi vergogno a dire che li ho dovuti chiedere in prestito a mia nuora, perché non li avevo”, ci racconta.
Il suo tenore di vita infatti, 26 anni dopo, è peggiorato, ma a quanto pare secondo i giudici tutto è rimasto al 1993 (anzi, al 1982, anno del matrimonio….).
In questa storia ci sono tutti i paradossi della società moderna, le ipocrisie di una comunità che finge di non sapere, le storie di famiglie sgretolate, di amori che si trasformano in rancori ed in deliberata volontà di creare sofferenza all’altra persona. C’è anche la fine delle lotte per l’emancipazione e l’autonomia delle donne, e l’incapacità da parte del sistema giudiziario di aprirsi ai cambiamenti stessi della società, a differenza di quanto avviene nel resto del mondo.
S. si separa dunque nel 1993 a poco più di 10 anni dalle nozze. I figli all’epoca erano minorenni, l’assegno complessivo viene stabilito in 2 milioni e mezzo delle vecchie lire. L’appartamento viene assegnato in usufrutto all’ex moglie, che non lavora.
“Con i miei figli ho sempre avuto un rapporto splendido, non ho mai fatto mancare loro nulla, hanno iniziato a lavorare con me nella nostra azienda- prosegue S.- Ho provveduto a dare a loro due case e risultano proprietari anche di quella nella quale vive ancora la loro madre in usufrutto”.
Nel frattempo i due coniugi, che si sono sposati giovanissimi e separati giovanissimi (avevano 32 anni), provano a ricostruirsi una nuova vita.
Nel 2002 l’assegno viene rideterminato dal momento che entrambi i figli sono ormai maggiorenni e la donna da quel momento incassa mensilmente 1.650 euro, oltre a restare nell’appartamento di famiglia. S. nel frattempo si risposa ed ha altri figli, presenta diversi ricorsi, chiedendo modifiche all’entità dell’assegno, anche perché il tenore di vita non è più quello del passato. La sua vita in 20 anni è stata stravolta. Ha regolarmente pagato ma la situazione non è quella del ’93.
“Ho iniziato a stare male, ad un certo punto non sono più riuscito a prendere l’aereo. Così sono stato costretto a chiudere i punti vendita, perché allontanarmi da Messina era indispensabile per il mio lavoro. Ma non potevo certo farlo in treno. Ho chiuso l’azienda di famiglia, eppure nel 2009 il giudice mi ha condannato al pagamento di 39 mila euro per l’adeguamento dell’assegno compresi gli arretrati perchè ha considerato l’adeguamento anche in modo retroattivo.”
Ma lui non si arrende. Nel frattempo intervengono novità giurisprudenziali come le sentenze che modificano il vecchio criterio del tenore di vita e l’assegno divorzile relative al caso dell’ex ministro Grillì e di Berlusconi (Veronica Lario non percepisce più l’assegno mensile ed è stata condannata a restituire le somme prese dal 2014).
Su casi analoghi si pronuncia la Cassazione (nel 2018 anche la Cassazione a sezioni riunite).
E’ così che S. nel 2017 presenta un nuovo ricorso chiedendo, proprio alla luce delle sentenze, la rideterminazione o la revoca dell’assegno di mantenimento.
Sono trascorsi 26 anni ed anche la vita della sua ex moglie è cambiata. Ha una relazione stabile ed ha iniziato ad avere un’attività saltuaria.
Entrambi questi elementi, come ben sanno gli ex mariti e gli avvocati di tutta Italia non sempre sono dimostrabili davanti ai giudici. Da un lato molte ex mogli, pur di non perdere l’assegno lavorano in nero, dall’altro lato la giurisprudenza è assai bizzarra in materia di “definizione” di relazioni stabili.
In alcuni Tribunali d’Italia si va oltre l’apparenza ( alle bugie od omissioni o ipocrisie) e qualora appaia chiaro che la relazione si finge sia precaria per continuare a incassare l’assegno, si emettono sentenze di modifica o revoca del mantenimento. In altri Tribunali ci si accorge un po' meno di un rapporto fisso che, peraltro, in una realtà globalizzata, non necessita di convivenza more uxorio stabile.
Questi casi (sia di lavoro in nero che di nuove relazioni) trasformano l’assegno in comode posizioni di rendita, in barba alle lotte per l’emancipazione femminile.
L’ex coniuge debole deve essere sempre tutelato, ma i singoli casi vanno valutati con attenzione per evitare squilibri.
“Lei in 26 anni non si è mai neanche iscritta all’ufficio di collocamento– continua S- non si è mai adoperata per trovare un’occupazione stabile”.
Nonostante il tenore di vita dei due non sia più quello del 1982, nonostante l’orientamento giurisprudenziale, nonostante appaia chiaro che il nuovo compagno vive e viene presentato nelle relazioni sociali come tale, il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso nel novembre 2018.
Pensare di poter contare a vita sull’assegno dell’ex coniuge (benestante o meno che sia) senza cercarsi una propria strada, un proprio progetto di vita, rattrista ma soprattutto spaventa, perché casi come questo portano alla sfiducia nell’istituto del matrimonio in sé.
Oggi i giovani sanno che l’amore non sempre è per sempre. Ma a quanto pare l’assegno di mantenimento sì.
Rosaria Brancato
A tutti i ragazzi a cui voglio bene, compreso i mie figli, raccomando e raccomanderò accoratamente di non sposarsi per nessun motivo, almeno fintanto che non cambino le leggi in modo chiaro e univoco, impedendo a certe “donne” di fare delle separazioni e divorzi lo strumento per ottenere un vitalizio e castigare l’ex partner anche quando non ve ne sarebbe motivo. Io e molti altri conoscenti viviamo una storia simile in cui i tribunali si trasformano in luoghi di pena e umiliazione perpetua, ove le donne vengono ascoltate, tutelate e protette oltre la ragionevolezza e le leggi e di conseguenza l’uomo è castigato da provvedimenti esemplari anch’essi che superano le leggi e la ragionevolezza rovinando la vita dell’uomo e dei suoi figli.
Ogni situazione che ci capita durante la nostra vita viene regolamentata da leggi obsolete ed antiquate, purtroppo non aggiornate nel tempo , che causano tutte queste problematiche sopratutto di persone che lucrano su queste defaiance!
onestamente non si deve evitare di sposarsi perche un domani a seguito della separazione i coniugi potrebbero subire tutto cio , ma dovrebbero essere loro stessi a non creare le condizioni per cui separarsi. non sono sposato ma convivo con una splendida donna e da 4 anni con un figlio e credo che anche in questo caso si potrebbero creare situazioni analoghe di un vero matrimonio. tutto ha un inizio e anche una fine , bisogna essere ponderati affinchè questo iter possa durare al meglio più a lungo possibile