Riallestimento e altri interpreti per una rappresentazione che e' quasi un rituale
Ancora una intensa “mise en scene “ di una rassegna, autofinanziata,uno spettacolo molto partecipato e applaudito , che parrebbe inquadrarsi nell’ ambito dei rituali, con i figli primigenei dell’umanita’,Caino, descritto dalle Sacre Scritture quale agricoltore, il peccatore assassino, e Abele, quale pastore, la vittima sacrificale e il puntuale osservatore di ogni regola.
La piece teatrale del 10 Febbraio u.s. a S. Maria Alemanna – gia’ portata in scena nel 2016 alla Saletta Laudamo-la cui drammaturgia e direzione si sono attestate a Auretta Terrantino, le musiche originali a Vincenzo Quadarella, la scenografia a Giulia Drago (con il riallestimento di Valeria Mendolia) e le interpretazioni a Michele Carvello ( Abele) e Giacomo Lisoni(Caino) e’ una produzione QA-QUASIANONIMA.
E’ storia risaputa quella dei primi due fratelli dall’inizio dei tempi, opposti, ma complementari e il limitare fra le rispettive pulsioni differenti è confuso… come le categorie dell’etica e della morale, che sentenziano di contro in modo manicheo.
Forse il dogma deve essere intaccato con l’integrazione di elementi aggiuntivi: e così, il cattivo Caino, invidioso e egoista, è anche ingenuo e malato, mentre il biondo e avvenente Abele si compiace ed è consapevole delle proprie doti… non c’è dunque un netto spartiacque fra i ruoli, che possono definirsi due facce dell’unica medaglia, dicotomica… come l’istinto e il buio dell’uno e la resistenza e la luce dell’altro: una sorta di “doppio”, con i cromosomi della ferocia e della saggezza, uno stesso soggetto spaccato.
Solo la sopraffazione consentirà la sopravvivenza, quale status infungibile dell’essere umano.
Fisicamente e attraverso la dialettica i fratelli si misurano, senza che l’una dimensione (il movimento dei corpi) o l’altra (l’indagine attraverso la parola) prevalgano. Se “Caino” è stato il primo capitolo della Trilogia dei Traditori, con suggestioni dall’Inferno dantesco e dalla religione cristiana, Giuda sarà l’altro “Portatore di Colpa”, e infine, Gesù.
Il pubblico e’ stato accolto da un preludio in musica e movimento,forse un po’ troppo diluito.
Teatro di parola che si e’ fatto verbo e attraverso la musica ha espresso la difficile ricerca dell’altro e del se’: la Sterrantino ,infatti, non sembra interessata alla versione biblica (che scorge nell’invidia la genesi del delitto) né a testi ebraici quale il Midrash (che discute di motivi amorosi, atteso che i due fratelli avrebbero voluto entrambi in moglie Aclima ci invita al ribaltamento delle solite prospettive, per guardarle con occhi nuovi, accettando le sfumature dell’esistenza.
La scena è raffigurata con due postazioni cubiche,un piccolo altare rosso,anfore colme d’acqua e piccole vasche per i riti, e tanti forconi che pencolano da catenelle,e i due fratelli di nero abbigliati, che si somiglieranno sempre più, fino a confondersi. Si è lavorato per sottrazione anche attraverso il movimento corporeo, il rapporto con lo spazio scenico e i suoni. Le musiche potrebbero definirsi seriali,attraverso tecniche che si ripetono.
I testi di riferimento, come la stessa Sterrantino ha sottolineato, sono “Kain”di Koffka, “Caino” di Saramago e “Caino” di Mariangela Gualtieri, oltre la Bibbia, i riti purificatori religiosi, la Divina Commedia dantesca e “Elogio dell’ombra” di J.L. Borges, e “Homo necans. Antropologia del sacrificio cruento nella Grecia Antica,” da Walter Burkert. Il tema che si ripete e’ l’ansia di essere, che si scontra con la brutale accettazione, quale dogma del mistero della vita.
Il cast al completo nella post-rappresentazione si è confrontato con i relatori, i Prof.ri Don Carmelo Carvello e Berardino Palumbo, per un momento di interessante approfondimento, moderato da Vincenza Di Vita.