Lo Statuto speciale è rimasto inapplicato per 73 anni ma adesso che il Nord vuol fare quello che non abbiamo fatto gridiamo alla secessione dei ricchi
E’ ormai solo questione di tempo e la Lega porterà a casa l’ok per l’autonomia differenziata per il “Lombardo-Veneto” ed anche la rossa Emilia Romagna farà parte del “pacchetto”.
Nonostante l’iter sia avviato da tempo e ci siano stati referendum con tanto di plebiscito a favore dell’autonomia, i politici meridionali si sono accorti solo adesso che il percorso è al traguardo e gridano alla secessione dei ricchi e ai Robin Hood al contrario.
Soprattutto i siciliani, che l’autonomia ce l’hanno dal ’46, gridano alla fine dell’Unità. Abituati come siamo a lamentarci contestiamo al Nord il voler attuare quelle autonomie che noi, pur avendole, non abbiamo usato. Abituati alla lamentela ed all’assistenzialismo ci sentiamo già più poveri e defraudati.
La “triplice” (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) chiede dalle 16 alle 23 competenze e funzioni da decentrare, che vanno dall’istruzione all’ambiente, al trasporto, al credito. Chiedono che le maggiori entrate fiscali che hanno restino nel loro territorio. Veneto, Lombardia ed Emilia, che producono da sole il 40% del Pil del Paese, versano allo Stato più di quanto ricevono in termini di servizi ed investimenti. Con l’autonomia differenziata il cosiddetto residuo fiscale resterebbe lì dove c’è stato il maggior gettito e andrebbe a migliorare i servizi.
E’ comprensibile che altre Regioni del sud a statuto ordinario, come la Campania, si siano irritate. Il governatore Vincenzo De Luca ha tuonato “se qualcuno pensa che il residuo fiscale debba rimanere al nord ed i servizi sociali debbano essere rapportati alla ricchezza dei singoli territori, prefigura una società che va verso l’imbarbarimento” ed ha formalizzato richiesta di autonomia per la Campania.
Ma non capisco perché noi siciliani gridiamo all’oltraggio.
Siamo stati noi ad ispirare la Lombardia. L’ex presidente della Regione Lombardia, il leghista Roberto Maroni, sin dal 2014 dichiarava: “Propongo di accordare alle Regioni del Nord lo statuto speciale della Regione Siciliana che non è stato mai attuato. Lo statuto disegnava una Regione che fa da sé, vive dei propri redditi, ed è responsabile dell’organizzazione del territorio, delle strutture, della scuola, dell’industria. Avrebbe dovuto tenersi tutte le tasse pagate sul proprio territorio, e se non ha redditi sufficienti a garantire un livello di vita pari alla media nazionale dovrebbe intervenire lo Stato con un fondo di solidarietà che finanzia gli investimenti, non le false pensioni di invalidità. Lo Statuto è stato tradito perché la Sicilia ha rinunciato all’autonomia finanziaria per l’assistenzialismo”
Maroni fotografava una realtà.
Ma invece che fare la corsa su noi stessi la facciamo sugli altri.
Per dirla con Coelho avevamo un tesoro sotto il sicomoro del giardino, ci abbiamo gettato sopra una lastra di cemento e ora strepitiamo perché il nostro vicino di casa invece di asfaltare l’orto sta investendo quel tesoro.
Lo Statuto speciale è stato approvato il 15 maggio del ’46, persino prima del Referendum che il 2 giugno ha sancito la nascita della Repubblica. E’ parte integrante della Costituzione ed ha una natura “pattizia” a riprova di un rapporto, per così dire “alla pari”. E’ un tesoro piantato sotto il sicomoro con il sacrificio di tanti, con le tensioni ideali, con il sangue, i sogni, la rabbia.
Quello che oggi chiede la Lombardia noi ce l’abbiamo lì, nero su bianco.
Art.36 : al fabbisogno della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo dei tributi deliberati dalla Regione.
Art.37: alle imprese industriali e commerciali che hanno sede centrale fuori dalla Regione ma che in Sicilia hanno stabilimenti e impianti viene determinata la quota di imposta che compete alla Regione.
Art. 38 fissa un contributo di solidarietà nazionale per le opere pubbliche.
Art. 22 attribuisce alla Regione il diritto di partecipare con un suo rappresentante nominato dal governo regionale alla formazione delle tariffe ferroviarie e alla istituzione e regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti.
Mi spiegate di cosa ci lamentiamo 73 anni dopo?
Prendiamo ad esempio le royalties che compagnie petrolifere pagano alla Regione Siciliana. Per decenni la tassazione è stata di appena il 7% (sugli utili), percentuale bassissima contro aliquote fino all’80% di altri Paesi. Solo dal 2013 in poi siamo arrivati al 20%. Non godiamo di alcun beneficio sui carburanti ed il sistema di esenzioni consente facili “raggiri”, ma dati alla mano contribuiamo in modo consistente alla produzione nazionale di petrolio (nel 2017 per il 17,8%)
La fiscalità di vantaggio e l’art.37 dello Statuto sono rimasti lettera morta, per non parlare della norma che prevede che il presidente della Regione Siciliana partecipi alle sedute del Consiglio di Ministri, col rango di Ministro ogni qualvolta ci sono tematiche che interessano la nostra terra. E’ mai successo? Dov’erano i nostri presidenti quando si decideva il prelievo forzoso? O la riforma dei porti?
Milioni di euro lasciano la Sicilia insieme ai pendolari della salute, ai figli migranti, agli insegnanti, arricchendo il nord perché l’isola l’assistenzialismo ha reso sterile la nostra terra.
Il governatore della Lombardia Fontana ha dichiarato: “Se mi dite che servono milioni per avviare 75 mila start up in Sicilia io ci sto, ma se devono servire per assumere 75 mila forestali dico no”.
Maroni e Fontana, purtroppo, hanno ragione: abbiamo barattato l’autonomia in cambio dell’assistenzialismo.
Adesso di cosa ci lamentiamo? Forse è questa l’unica occasione per fare quello che non abbiamo fatto in 73 anni: applicare lo Statuto.
Rosaria Brancato
Pura e santa verità, nessuno si accorge in che stato versiamo, siamo carne da macello. A te Rosaria grazie per l’ennesima verità che porti alla memoria di tutti.Messina avrebbe tanto bisogno di altri giornalisti veri e obiettivi come te.
Splendido, acuto e realistico articolo della Dott. ssa Brancato.
Lo condivido al 100% sia nella visione passata che in quella futura.
Cara Rosaria, ha scoperto l’acqua calda. Cosa vorrebbe dimostrare col suo editoriale, storicamente e tecnicamente ineccepibile quanto inutile. Il problema non sono i politici ma i siciliani. Non cittadini ma oramai sudditi di un sistema nel quale hanno barattato la Libertà con il libertinaggio che consente loro di vivere fuori da qualsiasi regola, nel regno dell’abusivismo cronico e della corruttela accontentandosi di vivere dell’osso spolpato che viene lasciato ai cani. Eppure gira su wapp un lungo elenco di cosa fosse la Sicilia fino ad un tempo non lontano. Ma oggi, cara Rosaria, quale coscienza vorrebbe agitare? La nostra linfa vitale, i nostri giovani, sono in gran parte andati via, a vivere da Cittadini, e non da sudditi, altrove. A parte qualche sempre più raro focolaio di vera eccellenza qui restano i vecchi ed i loro badanti a fare compagnia alle strade piene di buche e le frane in autostrada da 9 anni, e le auto in tripla fila e l’immondizia fino al primo piano. Per chi desideri il ritratto della Sicilia dei nostri giorni consiglio di vedere, e non di guardare, il film “l’ora legale ” degli splendidi Ficarra e Picone.
Eppure c’è in Sicilia chi vota Lega e peggio chi spera di trarne qualche beneficio personale offrendosi al mercato della ricerca di dirigenti, supporter e candidati….!
io vivo al nord da oltre 30 anni e per quanto mi riguarda, egregia dot..ssa Brancato la sua analisi la trovo assolutamente sbagliata . La cosa più importante che lei omette di scrivere è che questa domanda di autonomia è stata preceduta da 30 anni di politica leghista antimeridionale , sfociata anche con atti di violenza contro i meridionali e c’è anche scappato un morto nell’assoluta indifferenza di tutto il meridione d’Italia . La seconda cosa che lei dimentica è che la Regione Veneta inizialmente aveva portato avanti un referendum non per l’autonomia ma per l’indipendenza , referendum che è stato fermato , per fortuna, dalla Corte Costituzionale , altrimenti sarebbe passato perchè oltre il 50% dei Veneti vuole l’indipendenza . La prossima volta prima di scrivere sull’argomento autonomia delle regioni del nord, la invito prima a leggere con attenzione l’articolo che parla del meridionale prima insultato perchè “terrone” e poi pestato fino ad ucciderlo, è accaduto a Verona . Adesso attendo che lei mi risponda dicendomi che si tratta di pochi esagitati da non prendere in considerazione . https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/07/18/tra-le-polemiche-ultimo-saluto-al.html
Caro signor Angelo, le ricordo le centinaia di nordisti uccisi da mafiosi o delinquenti comuni siciliani nelle (un tempo pacifiche) regioni padane. Se lei riuscisse a spiegarmi perché le mie tasse di lombardo debbano pagare i vostri inutili forestali, gli stipendi dei dipendenti pubblici della regione Sicilia o la pletora di impiegati delle varie Asl della Trinacria gliene sarei grato. Se non le piace il nord, le suggerisco di andarsene, ingrato che non è altro: le abbiamo dato una speranza di vita, le abbiamo permesso di (le auguro) avere dei figli cresciuti in un ambiente sano e lei ci ripaga così? Invece di bacchettare i suoi corregionali fannulloni, mafiosi, intrallazzati, raccomandati, svogliati e arroganti se la prende col nord che mantiene a galla tutto il sud. Sa cosa spero? Che Lombardia e Veneto ottengano l’indipendenza, non l’autonomia. Non vi meritate la nostra imprenditorialità e le nostre visioni d’insieme che voi sicilianuzzi beddi non avrete mai. Secessione!
Le ricordo io i tantitssimi Siciliani uccisi da una mafia manovrata dallo stato italiano nord-centrico.
Da dopo l’unita’ d’italia fino a i giorni nostri, passando sui cadaveri di Chinnici, Mattarella, Borsellino, Falcone e tutti quelli che indagavano sulla trattativa Stato-Mafia.
Quella mafia che voi “Padani” avete organizzato in Sicilia per tenerci soggiogati.
Se lei sapesse cio’ di cui parla (a vanvera), saprebbe che delle sue tasse di Lombardo non arriva nulla in Sicilia, visto che in Sicilia la spesa pubblica che cita e’ pagata con le tasse dei Siciliani.
Viceversa, la spesa pubblica in Lombardia e’ pagata pure con le tasse dei Siciliani.
Che servono a coprire tutte le vostre malefatte, tangenti e scandali (sanita’, opere pubbliche, banche etc. etc. etc.).
Se non le piace l’Italia le suggerisco di andarsene.
Ovviamente non prima di avere restituito tutto quello che avete rubato alla Sicilia in tutti questi decenni e/o di farvi carico integralmente del debito pubblico italiano (speso circa tutto per dotare voi “Padani” delle infrastrutture necessarie a farvi diventare signori).
E gia’ solo per l’articolo 38 dello Statuto Siciliano (ovvero per la Costituzione Italiana) e solo nei 25 anni che vanno dal 1990 al 2015 dovreste restituirci 152 miliardi di Euro.
Senza contare gli altri anni che mancano ai 73 anni di autonomia Siciliana negata e gli altri fondamentali articoli economici disattesi (36 e 37) .
https://www.sicilianiliberi.org/images/Quanto_lo_Stato_ha_rubato_alla_Sicilia_negli_ultimi_25_anni.pdf
Dott.ssa Brancato, chiariamo meglio i concetti che lei espone, prima riesce a dire: “Soprattutto i siciliani, che l’autonomia ce l’hanno dal ’46” poi riprendendo invece il pensiero di Maroni : ““Propongo di accordare alle Regioni del Nord lo statuto speciale della Regione Siciliana che non è stato mai attuato.” tra le due affermazioni chi ha ragione e quale fra le due è esatta? Lei forse vorrebbe far credere che i siciliani hanno uno Statuto attuato? Ciò sarebbe uguale a dire funzionante per quello che a seguire descrive lo stesso Maroni? E cioè: “Avrebbe dovuto tenersi tutte le tasse pagate sul proprio territorio” questo è forse accaduto? Mi dica, mostri la fonte che le permette una simile affermazione. Inoltre l’affermazione dello stesso Maron quando dice: “Lo Statuto è stato tradito perché la Sicilia ha rinunciato all’autonomia finanziaria per l’assistenzialismo”, non è la Sicilia ad avere rinunciato a ciò che è scritto sullo Statuto e riconsociuto dalla Costituzione italiana, ma lo Stato a non aver mai firmato i decreti attuativi degli art. 36, 37, e 38. Grazie agli Ascari, presenti all’ARS, che mai si sono ribellati ad una simile nefandezza, oggetti di un vile ricatto, attuato dalle segreterie politiche nazionali, che in cambio della candidatura all’elezione veniva richiesta obbedienza a ciò che permetteva loro di svendere da sempre la Sicilia. In modo tale che il colonialismo da sempre praticato potesse avere luogo
Dott.ssa Brancato lei lo sa che se oggi parliamo di maggiori richieste di autonomia del Veneto, e non di indipendenza del Veneto è grazie all’intervento della Corte Costituzionale che ha bloccato la legge regionale del Veneto n. 16/2014 . Dott.ssa Brancato sa di cosa trattava la suddetta legge ? Non credo e allora glielo dico io , di indire un referendum per chiedere l’INDIPENDENZA, ripeto l’INDIPENDENZA del Veneto . Per chi non mi crede indico il link ufficiale della Regione Veneto con il testo della suddetta legge https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioLegge.aspx?id=276454
Dott.ssa Brancato ,la informo inoltre che, in Veneto all’indipendenza ci continuano a pensare, infatti il consigliere regionale di “Siamo Veneto ” ha proposto di nuovo un referendum per l’indipendenza del Veneto http://ildubbio.news/ildubbio/2019/02/26/autonomia-siamo-veneto-un-referendum-per-lindipendenza/
Dott.ssa Brancato, la invito a fare un giro in facebook nei profili dei movimenti per l’indipendenza del Veneto che contrariamente a quanto si crede non sono affatto quattro gatti fuori di testa , le suggerisco : Indipendenza Veneto, Siamo Veneto e CLNV ( comitato liberazione nazionale Veneto ) .
Cordiali saluti
Anche se non posso che concordare con la linea generale dell’articolo della d.ssa Brancato, ci sono diverse inesattezze. La d.ssa Brancato scrive “… chiedono che le maggiori entrate fiscali che hanno restino nel loro territorio. Veneto, Lombardia ed Emilia, che producono da sole il 40% del Pil del Paese, versano allo Stato più di quanto ricevono in termini di servizi ed investimenti. Con l’autonomia differenziata il cosiddetto residuo fiscale resterebbe lì dove c’è stato il maggior gettito”.
Falso. (almeno per quanto riguarda il Veneto). Il Veneto non dice “visto che guadagno di piu’, voglio tenermi di piu'”. Magari gli piacerebbe, ma non e’ quello che chiede. Chiede molto, molto di meno. La posizione del Veneto, riassunta nel documento presentato dal ministro Stefani (che ogni giornalista dovrebbe leggere prima di scrivere sull’argomento) e’ in parole povere questa:
“Io Veneto contribuisco 1000 al bilancio comune per la scuola. La Campania contribuisce solo 400. Mi piacerebbe che arrivare a dividerceli 700 e 700 (abbiamo circa la stessa popolazione)! Invece attualmente, lo Stato prende 1000 a me, 400 alla Campania, e dice di spendere 500 per scolaro per la scuola veneta, e 900 per quella campana. La cosa mi pare iniqua (perche’ se contribuisco di piu’ la mia scuola dovrebbe ricevere cosi’ tanto di MENO?) e comunque molto sospetta, visto che la Campania sta peggio del Veneto anche se sulla carta riceve molto di piu’.
Facciamo cosi’.
Passo 1. Per adesso, se lo Stato dice di spendere 500 per me Veneto, e 900 per la Campania, dia quei 500 a me, che me li spendo io scegliendomi oculatamente gli insegnanti, i contratti per l’edilizia scolastica etc. etc. Siccome io Veneto sono molto piu’ attento a come spendo il mio denaro rispetto ai politici romani, potermi amministrare i 500 mi dara’ comunque un bel vantaggio, pur non intaccando gli 900 della Campania. Lo Stato continui pure a spendere 900 per la Campania come dice di fare ora!
Passo 2. Lo Stato si affretti a definire i “costi standard”: quanto costa uno scolaro (e un malato, un disoccupato etc.), in modo da pagare a ogni regione tot per ogni malato e un tot per ogni disoccupato (che magari la Campania effettivamente ha bisogno di piu’ denaro, perche’ ha piu’ disoccupati) e a quel punto si divide con trasparenza sulla base dei costi standard.
Passo 3. Se lo Stato in 3 anni (TRE ANNI!) da adesso non ha ancora definito i costi standard, si inizia a ripartire le risorse in maniera uguale per abitante. Quindi non piu’ soldi a ogni Veneto, ma ALTRETTANTI soldi a ogni Veneto, a ogni Campano, a ogni Toscano. E’ una ripartizione grezza, perche’ di nuovo, magari la Campania avrebbe diritto a piu’ soldi per abitante, ma se vuole una ripartizione piu’ fina basata sulle reali esigenze (i costi standard) lo Stato si dia da fare e li calcoli. Io Veneto saro’ felice di adeguarmi.”
Oltre il 60% del Veneto sarebbe a favore di restare parte dell’Italia se queste blande richieste venissero accettate. Oltre il 65% vorrebbe pero’ tornare ad essere una nazione sovrana e indipendente (come e’ avvenuto per 11 secoli di benessere) se lo Stato italiano dovesse rifiutare, e continuare a trattare i Veneti come schiavi; e pure schiavi ignoranti, buzzurri e gretti — si vedano i commenti di FI e del PD.