Il caso DJ Fabo e le decisioni di fine vita: la testimonianza di Cappato a Messina

Il caso DJ Fabo e le decisioni di fine vita: la testimonianza di Cappato a Messina

Emanuela Giorgianni

Il caso DJ Fabo e le decisioni di fine vita: la testimonianza di Cappato a Messina

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lunedì 11 Marzo 2019 - 17:54

Nell’Aula Magna del Rettorato di Messina si è svolto il seminario “Il volto umano del diritto: visioni a confronto. Il caso DJ Fabo-Cappato e le decisioni di fine vita”, con la partecipazione di Marco Cappato. Fortissima la partecipazione di giovani e adulti.

L’Aula Magna del Rettorato è stata riempita, in ogni sua parte, da chiunque avesse il desiderio di ascoltare le parole ed essere testimone del coraggio di Marco Cappato. La sala è stracolma di persone, giuristi, avvocati, ma per lo più giovani, tutti lì presenti per essere parte dell’importante seminario “Il volto umano del diritto: visioni a confronto. Il caso DJ Fabo-Cappato e le decisioni di fine vita”.

L’incontro è stato voluto e organizzato dalle cattedre di Diritto costituzionale e di Istituzioni di Diritto pubblico dei Dipartimenti di Giurisprudenza e di Scienze politiche e giuridiche di Messina, al fine di riflettere sull’importante vicenda di Dj Fabo che ha colpito tutti personalmente, generando molte questioni e punti interrogativi dalla difficile risoluzione.

Fabiano Antoniani era un uomo allegro, vivace, un po’ ribelle, dai mille interessi, primo fra tutti la musica, diviene, perciò,  DJ Fabo e, proprio dopo aver terminato una serata di musica a Milano, un terribile incidente lo rende tetraplegico, cieco e con grossissime difficoltà respiratorie. Fabo prova a combattere, cerca qualsiasi soluzione per guarire, parte per l’India per provare alcune terapie alternative, consigliato dalla fidanzata tenta con le cellule staminali, ma tutto risulta inutile e la sofferenza quotidiana esagerata. Da qui, il desiderio, più volte espresso in maniera chiara e lucida, di porre fine alla sua esistenza; desiderio che lo farà partire per la Svizzera. Dopo aver mandato il suo appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dopo aver aspettato il terzo rinvio della legge sul testamento biologico, dj Fabo muore, il 27 febbraio 2017, in una clinica svizzera, dove si reca per poter realizzare la sua volontà, negata in patria. Prima di morire il ringraziamento, sul suo Twitter, a Marco Cappato.

Marco Cappato è un esponente dei Radicali e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, con la quale ha sempre combattuto in favore di rilevanti battaglie sociali. Sostenne la decisione di Piergiorgio Welby, malato di distrofia, di staccare il ventilatore che lo teneva in vita, motivo per cui fu imputato e, analogamente, avendo sostenuto e accompagnato in Svizzera Antoniani, ed essersi autodenunciato non appena rientrato in Italia, è adesso accusato di aiuto al suicidio, reato previsto dall’art. 580 del Codice penale,

Diverse sono le vicende giudiziarie scaturite, dall’esito ancora incerto. Viene respinta la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Milano e disposta l’imputazione coatta. Cappato stesso chiede di andare direttamente a processo e questo inizia l’8 Novembre 2017. Viene sollevata la questione sull’illegittimità costituzionale dell’articolo 580, e la Corte decide allora di rinviare la decisione all’udienza che avverrà il 24 settembre 2019.

Lo scopo del seminario, grazie alla guida di voci eminenti, è proprio quello di riflettere sulla legge italiana, i suoi eventuali vuoti legislativi, ambiguità e necessità di rinnovamento.

Ad aprire l’incontro è Salvatore Cuzzocrea, Magnifico Rettore dell’Università di Messina, ringraziando Cappato per i traguardi ottenuti, nonostante gli infiniti rischi e difficoltà, per tutti coloro i quali si trovano nella stessa posizione di Fabo. “Quando una persona sente di dire basta ad una vita di sofferenze deve avere il diritto di esprimere i propri sentimenti e l’ordinamento giuridico deve sostenerci in questo. Io confido nelle istituzioni e sono certo arriveremo alle risposte che necessitiamo”.

A seguire Francesco Astone, Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, riflette sulla scelta della Corte Costituzionale, i problemi della questione e la possibilità di risolverli solo inserendo tali tematiche all’interno di una prospettiva prima di tutto etica. Mario Calogero, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche, dopo essersi complimentato per la presenza di così tanti giovani, menti del futuro su cui puntare, continua il discorso sottolineando l’attenzione alle singole esistenze. “Due obiettivi sono fondamentali: non smarrire di vista l’identità personale che ciascuno di noi vuole imprimere alla propria esistenza e non perdere la percezione della propria vita in una visione astratta della vita umana”.

La necessità di un approccio etico è condivisa, anche, dagli interventi successivi di Maria Piera Rizzo, Coordinatore del Dottorato in Scienze Giuridiche e Luigi D’Andrea, Direttore della Scuola di specializzazione per le professioni legali. A tal fine, Cappato rappresenta un simbolo politico e culturale fondamentale.

Il seminario entra nel vivo con la presentazione di Giacomo D’Amico, Associato di Diritto costituzionale e di Alberto Randazzo, Ricercatore di Istituzioni di Diritto pubblico; manca però, a causa di un incidente, l’avvocato Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni e difensore di Marco Cappato.

Saranno loro a spiegare in sua assenza la vicenda Fabo-Cappato nel dettaglio e l’assurdità della accusa per la violazione di un articolo espressione del paternalismo penale indiretto. La realtà è cambiata, la società, il progresso, la scienza medica si sono superati, la legge non può restare ancora indietro. “Cappato ha squarciato un velo fatto di ipocrisia, – afferma D’Amico – dobbiamo imparare, adesso, a pensare in maniera totalmente differente, per essere motore attivo e dinamico di una realtà, come quella di Messina, per esempio, che disconosce e trascura tematiche del genere”. La libertà dell’individuo va garantita nell’assolutezza della sua scelta, il diritto deve essere fatto per l’uomo altrimenti non è diritto. Va generato un confronto fra posizioni e idee diverse, è quello che in piccolo si propone di fare il seminario e che in grande dovrebbe fare tutta la Giurisprudenza, “per avere una crescita costruttiva bisogna essere scevri da chiusure aprioristiche nei confronti di chi la pensa diversamente da noi. Il pluralismo di opinioni va rispettato, è nella diversità di opinioni che si può ragionare e far nascere davvero la democrazia” dichiara Randazzo.

A seguire altri interventi mettono meglio in luce le diverse sfaccettature della vicenda e dei vuoti legislativi che questa ha rivelato.

Lucia Risicato, Ordinario di Diritto penale, riflette su Fabo, sulla sua voglia di vivere in tutti i modi, finché diventa impossibile, la sofferenza continua insopportabile. Colui la cui salute è compromessa irrimediabilmente viene tutelato dalla nostra legge, perché non può esserlo anche in questo caso? La questione di aiuto al suicidio è di rilevanza europea enorme per il numero, sempre maggiore, di stranieri che partono per questo viaggio terminale e necessita di provvedimenti all’altezza del valore della questione, adatti al suo tempo.

Angelo Licastro, Ordinario di Diritto ecclesiastico, ribadisce come “il concetto di sacralità che riguarda la vita, prevalentemente per gli occidentali, è fondamentale, ma se vengo tutelato nella possibilità di vivere devo esserlo anche in quella di morire”.

Antonio Ruggeri, Ordinario di Diritto costituzionale, attenziona le difficoltà che si vengono a creare nel legiferare su tematiche così sottili, diviene imprescindibile riconoscere “come ogni valore fondamentale incontri dei limiti. I limiti preservano il diritto, sono presenti nell’idea stessa di diritto”. Per esempio, la libertà materiale di suicidarsi non va demonizzata ma non possiamo convertirla in una diritto costituzionale, finiremmo per giustificare costituzionalmente il suicidio assistito o la libertà del medico di iniettare un farmaco e uccidere il paziente; la qualità della vita, bassissima in condizioni quali quella di DJ Fabo, non va confusa con il valore di dignità della vita, non misurabile e inalienabile; anche le disposizioni anticipate di trattamenti non forniscono pieno valore alla persona perché è difficile stabilire che la sua volontà resti immutata in ogni situazione, in salute come in malattia. Nonostante ciò “la disinvoltura con cui la Corte Costituzionale ha preso decisione senza capo né coda è preoccupante, agendo in questo modo va ad attribuire valenza politica ben oltre la sua azione specifica”. La speranza è che la decisione venga finalmente presa e non rimandata ulteriormente.

L’applauso vigoroso del pubblico apre l’intervento appassionato di Cappato, in veste di testimone, una vera e propria arringa, forte e coinvolgente. “Rischio di essere condannato a 12 anni di carcere per la violazione di un articolo risalente al 1930, tempo in cui Fabo sarebbe morto due ore dopo l’intervento, il mondo adesso è cambiato, non possiamo basarci su una legge che tutela un momento storico determinato. La volontà del singolo, così, viene sottomessa a quella generica dallo stato”. Sono tanti gli errori, secondo Cappato, compiuti dal nostro diritto, motivo per cui non teme le conseguenze delle sue azioni, ha fiducia nel loro valore e il coraggio di difenderle, proprio per il suo amore e il suo rispetto del diritto. Fabo ha realizzato la sua volontà perché economicamente gli era possibile affrontarne le spese, ma moltissimi altri, non potendo fare lo stesso, sono costretti a subire quella tortura quotidiana. A loro tutela, per la loro difesa, hanno deciso di portare avanti pubblicamente le loro scelte, senza nascondersi, per loro le cose hanno bisogno di cambiare. “I nostri nemici sono gli indifferenti. Lo Stato che sa rispettare la volontà di vita del malato, la sua capacità di combattere, deve farlo anche con la sua volontà di morire, perché spesso a voler vivere e poi a voler morire è la stessa persona. Welby prova a guarire per 40 anni, Fabo prova le cellule staminali, va in India a trovare qualsiasi tipo di terapia alternativa. È un concetto che vale universalmente, può esistere l’amore imposto? No. Può esistere allora la vita imposta? No. Per questo il mio impegno continuerà”.

Parole forti, coraggiose, che danno avvio ad un ampio dibattito, tra i presenti, professori e studenti. A concludere il lungo e intenso incontro sono le parole di Luigi D’Andrea: “Tutto ruota, alla fine, intorno ai valori costituzionali del binomio vita-salute, e la domanda è quella che pone l’uomo a cardine costituzionale e ci interroga sulla nostra libertà posta dinanzi all’abisso dell’esistenza”. La soluzione è in un approccio multidimensionale, prima di tutto etico e rivolto non soltanto al nostro paese.

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