Pornografia d’attore. Istruzioni semiserie per penetrare l’universo straniante attoriale.

Pornografia d’attore. Istruzioni semiserie per penetrare l’universo straniante attoriale.

Tosi Siragusa

Pornografia d’attore. Istruzioni semiserie per penetrare l’universo straniante attoriale.

domenica 28 Luglio 2019 - 08:30

Il Teatro dei 3Mestieri prosegue felicemente la sua rassegna estiva, con un cartellone che, se ”prima facie” potrebbe apparire leggero, spesso facendo ricorso a forme di teatro/canzone, riesce a garantire sempre e in ogni caso una qualità elevata. Fabrizio Paladin, artista trevigiano di consumata esperienza, anche oltre oceano, ci ha regalato una piece coinvolgente e spedita senza cadute di intensità. Un unico attore, coincidente peraltro con l’autore e il regista, per un insolito spettacolo, che è stato definito – del tutto correttamente si deve ammettere- “ATTO UNICO ED INIMITABILE”.

La voce narrante maschile e una voce femminile, a supporto della rappresentazione,ci hanno introdotto a una migliore comprensione della piece, consentendoci una immersione nel mondo straniato del personaggio “osservato”. E le voci fuori campo, del narratore e della Donna, sono state, rispettivamente, di Filippo Fossa e Emanuela Cannella. Lo stesso Paladin ha anche composto le musiche e le intense canzoni, ben confacenti al tessuto complessivo, anche accompagnandole alla pianola e alla chitarra. Il punto di domanda che la rappresentazione, fra il serio e il faceto, si è riproposta di indagare, è come si compongono le strutturazioni delle sinapsi di un artista teatrale, segnatamente di un attore, e a ciò si è tentato di trovare risposte attraverso la prospettazione della sua vita interiore: i frequenti scambi di ruolo fra l’interprete e il narratore, che si è inserito nei momenti in cui l’attore è sembrato incorrere – per ragioni artistiche – in momenti di impasse, in uno con le rocambolesche vicende descritte, sovente attraverso vere e proprie gag, anche con flashback, hanno trasportato gli spettatori in un universo sgangherato e scombinato, quello interiore del protagonista – e si è avvertita la corrispondenza autobiografica – lungo un percorso reale e fantastico nel contempo. Gli elementi scenici, davvero essenziali, con un rimando anche a decenni passati, reso attraverso l’uso di una macchina da scrivere e di un telefono datato, attraverso il quale il nostro personaggio ha continuato ad interloquire con la sua arzilla nonnetta, si sono ben inseriti nel contesto complessivo.

La maschera, che ha differenziato e caratterizzato il narratore, è stata una creazione di Carlo Setti e il suo utilizzo è parso significante, volendo riferirsi a prassi, teatrali in questo caso, che indirizzano gli interpreti, forgiando ad esempio la pratica attoriale, che dovrebbe essere vita di finzione, ma che, soprattutto ai nostri tempi, per ammiccare ai presunti desiderata dell’uditorio, diviene invece reale, con il privato che diviene pubblico, e in ciò si potrebbero, a mio avviso, ravvisare veri e propri connotati di pornografia; nell’opera,invece, l’intitolazione trae riferimento dal tentativo,sovente abusato,di catturare più pubblico facendo leva su richiami morbosi.

Gli spettatori, invero numerosi, coinvolti e chiamati in causa a più riprese con innata maestria, hanno mostrato il proprio gradimento attraverso applausi convinti e ripetuti, spesso abilmente sollecitati. Un’apericena, in questo caso con prodotti di rosticceria, ben presentato e con materie prime di buona qualità, ha preceduto la piece, come sempre realizzando un buon valore aggiunto nella combinazione fra cibo e arte.

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