Almeno un migliaio in fila dall'alba per un posto per 1 anno come operatore a MessinaServizi. Li abbiamo incontrati, ascoltati. Volti e storie di una generazione rassegnata alla precarietà
MESSINA – Fame di lavoro. Speranza mista a rassegnazione. Voglia di farcela. Ma soprattutto tanta sfiducia. Troppa. I giovani messinesi non hanno più la possibilità di sognare. Devono mettere nei cassetti lauree e diplomi. Devono accontentarsi di arrivare a 30 anni senza mai aver avuto un contratto di lavoro, pur avendo fatto decine di lavori diversi. Sono coraggiosi però. Sanno che qui non c’è molto più da perdere e sono pronti a buttarsi in quello che c’è. E quando si apre la possibilità di un posto in una società pubblica, seppur per un solo anno, si buttano. Ci provano. Mettono da parte sacrifici, sogni, titoli di studio e si piazzano in fila dall’alba davanti al Centro per l’Impiego. GUARDA IL VIDEO
In mano la domanda per partecipare alla selezione per i 100 operatori nella società che gestisce i rifiuti in città. Non importa che non sia il lavoro che avevano sognato. È un lavoro. E non importa che sia solo per un anno. Intanto si comincia. Perché la precarietà ormai fa parte del modo di vivere e di pensare di una generazione che va dai 20 ai 40 anni. Il futuro di Messina dovrebbe essere anche nelle loro mani. E invece sono loro che si mettono nelle mani di Dio, della fortuna, di una selezione a cui hanno partecipato in almeno un migliaio. Il numero si capirà alla fine.
Lauree nei cassetti
Andrea ha 22 anni, sta frequentando il terzo anno del corso di laurea in Fisioterapia. Gli mancano solo due materie per laurearsi ma stamattina si è messo in fila perché “non si sa mai, è pur sempre un lavoro”. Se anche verrà assunto non lascerà gli studi, ma il futuro è tutto da decifrare.
Roberto invece ha 36 anni, aspettava il suo turno seduto su uno scalino, con il numero in una mano e una sigaretta nell’altra. Ha una bimba di 7 mesi, vive a casa dei suoceri con la moglie, anche lei senza lavoro. Il suo mestiere è il panettiere ma per adesso non c’è molto per lui. È in disoccupazione, ma sta per finire. Questo posto rappresenta una possibilità per la sua famiglia appena creata.
Lillo ha 30 anni, ma sembra che abbia già vissuto dieci vite. È un ragazzo colto, spigliato, intelligente. Ha fatto l’autista, il barman, il falegname, il fornaio, l’agricoltore, il meccanico. Ha vissuto a Milano, Roma, Torino, La Spezia, Londra, per un lavoro è andato anche in Irlanda. È fidanzato da quattro anni, vorrebbe avere una prospettiva per iniziare a costruire qualcosa. Non lo spaventa lavorare. Lo spaventa il lavoro che non c’è.
Cristian ha 22 anni e da quando ha finito la scuola ha trovato solo un piccolo lavoretto in una cartoleria. Ma lo hanno tenuto solo per 1 mese. 500 euro, senza contratto, ad agosto, per 8 ore al giorno.
Mai un contratto
Osman ha 25 anni e non ha mai avuto un contratto. Ha lavorato in una ditta di pulizie, in un bar, un una macelleria, in una salumeria. Il sabato sera fa anche il pizzaiolo perché è la sua passione. Ha un figlio di 1 anno e mezzo e spera di essere tra i 100 assunti. Ma è sfiduciato, come tanti in realtà. Perché ha paura che i posti siano già “assegnati”. E lui non ha santi in paradiso. Perché a Messina la paura è anche questa perché malaffare e mala politica hanno generato nei più giovani sconforto e disillusione.
Giuseppe ha 20 anni, un diploma all’istituto alberghiero e tanta voglia di lavorare. Continua a mandare curriculum ovunque ma finora mai una risposta. “Chiedono tutti esperienza, ma come dovrei fare esperienza se nessuno ci vuole? Potrei partire, tentare fortuna altrove, ma con quali soldi parto se qui non ho mai avuto la possibilità di fare niente?”.
Sogni con i piedi per terra
Storie, volti, speranze, sogni concreti e umili. Perché ascoltandoli è questo lo spaccato che viene fuori. Sognare in grande non è possibile. Una mattinata in mezzo ai ragazzi che hanno preso un numero per sperare di lavorare un anno a Messinaservizi lascia un senso di amarezza e impotenza. Sono comunque coraggiosi perché ci stanno provando. E se non andrà bene continueranno a cercare qualche altra cosa. Disposti a stare in fila dall’alba, sotto il sole, a rischio risse perché ci sono stati tanti momenti di tensione davanti gli uffici del Centro per l’impiego. In gioco ci sono posti di lavoro che significano una possibilità di una vita dignitosa. Anche se per un anno. Poi in futuro si vedrà.
Francesca Stornante