Al passaggio della prima vera perturbazione autunnale si fa concreto il rischio di vedere fenomeni intensi
Come avevamo previsto non c’è stato alcun calo termico significativo e le temperature si sono mantenute di poco sopra la media del periodo. Il problema è che non si vedono svolte incisive neppure nel medio-lungo termine. Nel frattempo, con il prolungato soleggiamento di questi giorni, i mari che circondano le coste messinesi e lo Stretto di Messina hanno acquisito una significativa quantità di calore latente che verrà liberata molto lentamente durante la stagione invernale.
Al momento, sia lo Ionio che il Tirreno, presentano temperature superiori ai +24°C, ma in alcuni punti le acque riescono a raggiungere picchi sui +25°C +26°C. Tutto questo calore immagazzinato dalle acque superficiali del basso Tirreno e dello Ionio rappresenterà anche una consistente quantità di energia potenziale pronta ad essere trasferita alle masse d’aria sovrastanti, favorendo lo sviluppo di imponenti nuvole temporalesche, capaci di scaricare veri e propri nubifragi una volta raggiunte le limitrofe aree costiere.
Proprio in questo periodo dell’anno per gli stessi meteorologi diventa veramente difficile realizzare delle previsioni piuttosto accurate su una ristretta area geografica, molto complessa dal punto di vista orografico, come lo Stretto di Messina (le previsioni nazionale spesso possono sbagliare). Per questo ora bisognerà alzare ulteriormente la guardia, in vista dei primi fronti perturbati autunnali che transiteranno per lo Stretto.
L’aria calda e carica di umidità, fornita dai mari caldi, al transito della prima modesta perturbazione atlantica può fornire quelle energie più che sufficienti per lo sviluppo dei temibili temporali autorigeneranti. Ossia dei nuclei temporaleschi violenti, ma molto ristretti nello spazio, che tendono a stazionare sopra una determinata area, scaricando su quest’ultima piogge di tipo torrenziali, con accumuli di oltre 200-300 mm in poche ore.
Questo tipo di temporali, la cui individuazione può essere immediata, tramite l’ausilio dei Radar e delle movioli dei satelliti meteorologici (sia con il visibile diurno che con l’infrarosso durante le ore notturne), solo dopo la fase di formazione della nube temporalesca sul mare, già in passato si sono resi responsabili delle alluvioni lampo che hanno martoriato il territorio cittadino, come quella che ha devastato Scaletta e Giampilieri l’1 ottobre 2009 (sono trascorsi quasi 10 anni).
Ma quella dei temporali “autorigeneranti” non rimane l’unica insidia. Difatti, la presenza di acque marine ancora calde nel cuore della stagione autunnale può comportare il rapido sviluppo delle rare ma insidiose ciclogenesi dalle caratteristiche tropicali, meglio note con la sigla di “TLC” (tropical like cyclone), caratterizzati da una intensa rotazione ciclonica e attività temporalesca centrale (attorno il minimo barico) e da grande “barotropicità” (il minimo barico rimane concentrico a tutte le quote, come succede negli uragani) tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali (le perturbazioni che normalmente ci interessano) delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità”.
Questi profondi vortici ciclonici tropicali mediterranei, in genere molto ristretti (possono essere grandi quanto la Sicilia), si formano molto spesso nella stagione autunnale, fra agosto e gennaio, nel periodo dell’anno in cui le temperature delle acque superficiali dei mari mediterranei raggiungono i massimi valori. L’ultimo potente “TLC” che colpi con violenza la costa messinese risale all’ottobre 1996, quando venti d’intensità di uragano (con raffiche sopra i 140 km/h, pari alla 1^ categoria Saffir-Simpson, scala di misurazione di tifoni e uragani) spazzarono le Eolie e la costa messinese, affondando diversi yacht e cagionando ingenti danni a strutture balneari ed abitazioni. In quei giorni una forte ondata di maltempo, con piogge e violenti temporali, flagellò molte zone del messinese e del crotonese, causando frane ed esondazioni di fiumi e torrenti.